Archivio mensile:Luglio 2014

Accertamento. Socio uscente obbligato per la Sas

21 Luglio 2014

Una sentenza della CTR di Trento

Il socio receduto è responsabile in solido e in via di regresso delle obbligazioni tributarie relative alla società in accomandita semplice, anche se non ha ricevuto la notifica dell’accertamento.

È quanto emerge dalla sentenza n. 19/02/14 della Commissione Tributaria Regionale di Trento.

Il contenzioso riguarda un avviso di accertamento notificato nel dicembre 2009 al legale rappresentante di una società in accomandita semplice (già Srl) per contestare presunte maggiori imposte (IRES, IRAP e IVA, oltre sanzioni e interessi) per l’anno 2004. I due soci e la Sas, nel febbraio 2010, hanno presentato istanza di accertamento con adesione. Successivamente, il 100 per cento delle quote sociali è stato ceduto a terzi. Scaduto il termine per impugnare l’avviso, l’Ufficio ha iscritto a ruolo il credito erariale accertato nei confronti della società e dei coobbligati – ossia il nuovo legale rappresentante della Sas e il socio recesso. Ebbene, quest’ultimo ha proposto ricorso contro la cartella esattoriale chiedendone l’annullamento poiché non preceduta dalla notifica nei suoi confronti dell’avviso di accertamento presupposto.

Investita dell’esame del ricorso, la CTP di Trento ha confermato l’operato dell’Ufficio, escludendo l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di notificare l’atto presupposto anche al ricorrente. Di poi il giudizio d’appello, nel corso del quale il contribuente ha sostenuto che, non essendo più socio accomandatario della società, non aveva avuto modo di conoscere l’esito del procedimento promosso con l’istanza di accertamento con adesione; di non aver potuto beneficiare dei vantaggi del pagamento del debito d’imposta nei termini indicati nell’avviso di accertamento o ricorrere contro i vizi di merito dell’accertamento stesso. Lamentava, quindi, di aver subito le conseguenze di un atto divenuto definitivo per scelte imputabili alla società, ma a lui, in quanto coobbligato/solidale, non notificato.

L’Amministrazione Finanziaria ha resistito in giudizio evidenziando la responsabilità illimitata, solidale e di regresso del contribuente per le somme accertate alla società in ragione di quanto previsto dagli articoli 2290 e 2500-sexies del codice civile. La doglianza dell’Ufficio ha colto nel segno.

La CTR osserva che con la trasformazione della società da Srl a Sas, l’appellante – socio accomandatario aveva assunto la responsabilità illimitata anche per le obbligazioni sociali sorte in epoca precedente alla stessa trasformazione. Nella sua qualità di rappresentante legale della Sas poi, gli era stato notificato l’avviso di accertamento in esame. Ne conosceva, dunque, il contenuto e i rilievi contestati dall’Agenzia delle Entrate, avendo egli presentato istanza di accertamento con adesione.

La CTR aggiunge che la cessione delle quote sociali a terzi non è circostanza che fa venire meno la responsabilità illimitata di cui si è detto, salvo che cedenti e cessionari non abbiano stabilito patti per limitare la responsabilità o escludere la solidarietà tra i soci. Il che non è avvenuto nel caso in esame, sicché il contribuente “è responsabile – scrivono i giudici – per tutte le obbligazioni sociali, e perciò anche tributarie, fino al giorno in cui fu stipulato l’atto di cessione delle quote sociali (art. 2290); responsabilità che, ex art. 2269 c.c., si aggiunge a quella del nuovo socio. Sicché la responsabilità diretta del ricorrente consente all’A.F.di non notificare al socio l’avviso di accertamento, in quanto questo, eseguito nei confronti della società, ha effetto anche nei confronti dello stesso socio, benché receduto”.

La CTR, pertanto, respinge l’appello e condanna il contribuente al pagamento delle spese di lite, in favore del Fisco.

Autore: Redazione Fiscal Focus

Controlli e capitale minimo: tra opportunità e rischi

Il diritto societario continua ad essere riformato, con interventi dettati da esigenze contingenti, che, se da un lato comportano dei benefici in capo alle imprese, dall’altro sollevano qualche perplessità.
L’ultimo intervento, in ordine di tempo, è quello del D.L. 91/2014 che ha introdotto diverse novità nella disciplina delle società per azioni, nonché nell’ambito dei controlli nelle società a responsabilità limitata.
Un intervento, questo, che se da un lato ha sollevato qualche polemica, ha indubbiamente il merito di ridurre notevolmente i costi dei controlli in capo alle società, nonché quello di favorire la nascita delle società per azioni.
Ma andiamo con ordine, e analizziamo le principali novità, nonché gli effetti che le stesse potrebbero avere.

La riduzione del capitale minimo – La prima novità introdotta, forse la più rilevante, è quella relativa alla riduzione del capitale minimo previsto per le S.p.a.
Al fine di favorire la diffusione di questa forma societaria, il capitale sociale minimo prima richiesto (pari a 120.000 euro), è stato portato a 50.000 euro.
La normativa italiana si allinea così a quella europea(si pensi che negli altri Paesi il limite minimo è di 25.000 euro), favorendo la nascita di Spa, che, per definizione, sono il modello di riferimento per accedere al mercato dei capitali di rischio e di debito.

Meno controlli nelle Srl – Un intervento che ha sollevato qualche critica riguarda invece l’abrogazione del secondo comma dell’art. 2477 del codice civile: se prima della riforma le Srl che avevano un capitale sociale non inferiore a quello minimo previsto per le Spa dovevano nominare l’organo di controllo, a seguito delle novità introdotte tale disposizione non è più applicabile.
Saranno pertanto obbligate a nominare l’organo di controllo soltanto le Srl che sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, che controllano società obbligate alla revisione legale dei conti o che per due esercizi consecutivi hanno superato i limiti previsti per la redazione del bilancio in forma abbreviata.
Se è vero che, da un lato, questo intervento porta con sé un abbattimento dei costi in capo alle piccole e medie imprese, dall’altro lato, come è stato già sottolineato da alcuni Autori, è vero anche le novità introdotte rappresentano un duro colpo ai livelli di controllo delle nostre Srl, esponendo l’intero Paese a rischi di ulteriore instabilità.
D’altro canto, non è perfettamente chiaro il motivo per il quale una Spa debba necessariamente ricorrere alla revisione legale dei conti mentre una Srl avente lo stesso capitale sociale possa operare senza alcuna forma di controllo.
Alcuni dubbi sono stati inoltre sollevati con riferimento alla sorte degli attuali organi di controllo delle Srl nominati a seguito del superamento del limite del capitale sociale previsto per le Spa.
Nessuna disposizione in merito a tale fattispecie è stata infatti introdotta nel decreto, ragion per cui non è chiaro se il mandato dei sindaci possa essere sin da subito revocato o sia necessario attendere la sua scadenza.

Le azioni a voto plurimo – Altra novità introdotta con il decreto legge 91/2014 è la possibilità di emettere azioni a voto plurimo.
Se ad una prima analisi questa disposizione potrebbe apparire come quella meno rilevante, dall’altro lato, merita di essere sottolineatocome la stessa assuma estrema rilevanza al fine di favorire la quotazione delle imprese del nostro Paese.
È infatti noto come un importante freno alla quotazione delle imprese familiari, è rappresentato proprio dal timore di perdere il controllo della società.

A seguito delle novità introdotte, invece, potranno essere emesse azioni con un massimo di 2 voti, a favore di quei soggetti che si rendono disponibili a detenerle per almeno 24 mesi: questi nuovi strumenti non rappresentano però una speciale categoria di azioni, in quanto, in caso di successiva cessione, tornano ad essere ordinarie azioni con un solo voto.

Autore:
Redazione Fiscal
Focu

Deducibilità delle perdite fiscali: effetti

Deducibilità delle perdite fiscali: effetti
Lo spirito delle modifiche normative, un confronto tra vecchia e rivisitata disciplina e, nel concreto, la recuperabilità dei risultati negativi ai fini delle imposte differite
L’articolo 23, comma 9, del decreto legge 98/2011, ha introdotto un nuovo regime di riporto delle perdite fiscali, ora contenuto nell’articolo 84 del Tuir.

La nuova disposizione
Dalla lettura della “relazione illustrativa” al Dl in argomento, si desume la ratio della norma, principalmente quella di rispondere a un’esigenza di rigore e di semplificazione.
L’intenzione del legislatore, infatti, è stata quella di evitare, da un lato, di costringere le imprese a realizzare operazioni straordinarie allo scopo di ottenere un refresh delle perdite in “scadenza”, operazioni che, di fatto, vanificano la limitazione temporale al riporto, e, dall’altro, di limitare complessi esercizi di valutazione della recuperabilità delle stesse perdite ai fini dell’iscrizione e/o mantenimento delle relative imposte differite durante il processo di formazione del bilancio di esercizio.

La nuova formulazione dell’articolo 84 garantirebbe, inoltre, sempre nei disegni del legislatore, un effetto di stabilizzazione del gettito che, fin dall’anno successivo a quello/i in perdita, verrebbe assicurato in misura percentuale anche in presenza di perdite riportate a nuovo.

In sintesi, la norma prevede, per il riporto delle perdite, l’eliminazione del limite temporale di cinque anni a favore di un riporto temporalmente illimitato, ma introduce un limite quantitativo, cioè le perdite pregresse sono, ora, scomputabili in ragione dell’80% del reddito imponibile. L’eccedenza del 20% può essere scomputata dal reddito degli esercizi successivi, senza alcun limite di tempo.

Confronto nuovo/vecchio articolo 84 del Tuir
Comma 1 (in vigore fino al 5/7/2011)
Nuovo comma 1
“La perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi.” La perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare. (…)
Comma 2
Nuovo comma 2
Le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi senza alcun limite di tempo a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva.” Le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva”.

Interessati dalla nuova disciplina sono esclusivamente i soggetti Ires previsti all’articolo 73, lettere a), b) e d), del Tuir.
Sono fuori dal regime, invece, i soggetti Irpef in regime di contabilità ordinaria, per i quali continua ad applicarsi il comma 3, dell’articolo 8, del Tuir, e gli enti non commerciali che esercitano attività d’impresa, di cui alla lettera c) dell’articolo 73.

Per quel che concerne la decorrenza del nuovo regime, l’articolo 23, comma 6, del Dl 98/2011 stabilisce che “in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 53/2011, ha sottolineato che “la disposizione contenuta nel comma 9 del citato articolo 23 (…) è applicabile anche alle perdite maturate nei periodi d’imposta anteriori a quello di entrata in vigore delle disposizioni in commento” (cfr articolo “Riporto delle perdite d’impresa, nuove regole solo per l’Ires”, pubblicato su FiscoOggi il 6 dicembre 2011).

Recuperabilità delle perdite ai fini delle imposte differite
La relazione governativa, come anticipato, ha posto l’attenzione sulla complessità di valutazione della recuperabilità delle perdite, relativamente all’iscrizione delle imposte differite. Si considerino, ad esempio, le variazioni in aumento e in diminuzione da apportare all’utile/perdita civilistica, le quali si distinguono, in conseguenza del differente impatto sul bilancio, in quanto le differenze temporanee si traducono, in esercizi successivi, in variazioni fiscali di segno opposto, mentre le differenze permanenti si traducono in rettifiche definitive.
Le differenze temporanee concorrono a determinare la base di calcolo delle imposte anticipate e differite.
Sono originate prevalentemente da differenze tra il risultato prima delle imposte da bilancio civilistico e l’imponibile fiscale, che hanno origine in un esercizio e si annullano in uno o più esercizi successivi. Si tratta di ricavi e costi o di parte di essi che concorrono a formare il reddito fiscale in un periodo d’imposta diverso da quello nel quale concorrono a formare il risultato civilistico.
Le imposte sul reddito hanno la natura di oneri sostenuti dall’impresa nella produzione del reddito.

Per il principio della competenza, nel bilancio sono recepite le imposte che:

  • pur essendo di competenza di esercizi futuri, sono esigibili con riferimento all’esercizio in corso (imposte anticipate)
  • pur essendo di competenza dell’esercizio, si renderanno esigibili solo in esercizi futuri (imposte differite).

La loro contabilizzazione deriva, appunto, dalle differenze temporanee tra il valore attribuito a una attività o a una passività secondo criteri civilistici e il valore attribuito a quell’attività o a quella passività ai fini fiscali.

La perdita per un periodo d’imposta può essere normalmente portata a diminuzione del reddito imponibile di esercizi futuri.
Il beneficio fiscale potenziale connesso a perdite riportabili, secondo corretti principi contabili, non è iscritto a bilancio fino all’esercizio di realizzazione dello stesso, salvo che sussistano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  1. esiste una ragionevole certezza di ottenere, in futuro, imponibili fiscali che potranno assorbire le perdite riportabili, entro il periodo nel quale le stesse sono deducibili secondo la normativa tributaria
  2. le perdite in oggetto derivano da circostanze ben identificate ed è ragionevolmente certo che tali circostanze non si ripeteranno.

Soprattutto il punto 2 fa cambiare l’orizzonte valutativo degli amministratori, in ordine all’iscrizione in bilancio, venuto meno il termine temporale del riporto delle perdite e quindi, l’arco temporale “vincolato” dei cinque esercizi.
Se sussistono tali condizioni, “il risparmio fiscale connesso a perdite riportabili sarà quindi iscritto nello stato patrimoniale tra le attività per imposte anticipate (Voce C.II. 4-ter), avendo come contropartita a conto economico un accredito della voce 22 – Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate”.
Secondo il paragrafo H.II. (Perdite fiscali), dell’Oic 25, “un’imposta anticipata derivante da perdite riportabili ai fini fiscali, non contabilizzata in passato in quanto non sussistevano i requisiti per il suo riconoscimento, è iscritta nell’esercizio in cui tali requisiti emergono”.

L’utilizzo delle perdite in Unico SC 2012
La novità “equipara” le perdite ordinarie a quelle realizzate nei primi tre periodi d’imposta. Non vi è un ordine prestabilito nell’utilizzo delle perdite, cioè se siano utilizzabili prima quelle di cui al comma 1 (entro un limite quantitativo) o al comma 2 (senza alcun limite) dell’articolo 84 del Tuir.
Al principio, è stato sostenuto, dalla dottrina, che le imprese avrebbero “consumato” innanzitutto le perdite prodotte nei primi tre periodi d’imposta dalla loro costituzione, le quali consentono l’abbattimento integrale del reddito prodotto. Il criterio di utilizzo prioritario sembrava rispondere, non solo a una regola di convenienza, ma anche a una disciplina contemplata nello stesso articolo 84, nella parte – non modificata dalla norma in esame – in cui si dispone, in via generale (e salve le deroghe espressamente previste) che “la perdita di un periodo […] può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi […] per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi”.

L’Agenzia delle Entrate, in occasione dell’annuale appuntamento con Telefisco, il 25 gennaio scorso, ha sostenuto che “la disposizione non stabilisce alcun ordine di priorità nell’utilizzo qualora il contribuente disponga di perdite pregresse in parte riferibili ai primi tre periodi di imposta, in parte ai successivi”, pertanto, “in assenza di regola al riguardo, si ritiene che il contribuente abbia la facoltà (e non l’obbligo) di utilizzare prioritariamente le perdite relative ai primi tre periodi di imposta potendo, in alternativa, scegliere di impiegare dapprima quelle maturate negli esercizi successivi”.

esempio quadro RN con perdite capienti

Nell’esempio n. 1, il contribuente ha un reddito “lordo” pari a 11mila euro, perdite “in misura limitata” (ex articolo 84, comma 1, Tuir) pari a 5mila e perdite “in misura piena” (ex articolo 84, comma 2, Tuir) pari a 6mila euro.

Il limite delle perdite compensabili “in misura limitata” è dato dall’80% di 11mila cioè 8.800 euro, importo, quindi, che risulta essere interamente compensabile rispetto alle perdite “spendibili”.

esempio 2, Quadro N con perdite eccedenti

Nell’esempio n. 2 il reddito “lordo” è sempre pari a 11mila euro. Le perdite “in misura limitata” consistono in 9mila euro e quelle “in misura piena” sono pari a 1.300 euro. Il limite delle perdite compensabili “in misura limitata” è pari all’80% di 11mila, quindi, 8.800. In tal caso, le perdite “a disposizione” non sono interamente utilizzabili rispetto al limite sul reddito “lordo”. Infatti, dei 9mila euro di basket a disposizione, 200 non saranno spendibili, perché superano, appunto, il limite di 8.800 e dovranno essere riportate al periodo d’imposta successivo, per trovare poi compensazione con gli eventuali redditi futuri. L’ammontare a disposizione relativo alle perdite “in misura piena”, pari a 1.300 euro, riduce ulteriormente il reddito imponibile. Nell’esempio proposto, quindi, 247 è l’imposta calcolata sul reddito netto dichiarato pari a 900 (11.000 – 8.800 – 1.300).

perdite di impresa non compensate

Fisco: Equitalia riapre la rateazione

4 Luglio 2014

Equitalia si concentra sull’importanza delle rateizzazioni ed illustra la nuova possibilità offerta ai contribuenti decaduti alla data del 22 giugno 2013 con il comunicato stampa del 3 luglio.

Le rateizzazioni – Equitalia sottolinea l’importanza delle rateizzazioni, le quali rappresentano uno strumento a cui hanno fatto ricorso moltissimi contribuenti: ad oggi ne risultano infatti attive 2,3 milioni per un importo di oltre 25 miliardi di euro.

La possibilità offerta ai contribuenti decaduti – L’importanza di questa modalità di pagamento è stata riconosciuta anche dal Legislatore, che, accogliendo le proposte avanzate da Equitalia ha concesso una nuova possibilità anche a coloro che, per Legge, avevano ormai perso il beneficio della rateizzazione perché non in regola con i pagamenti alla data del 22 giugno 2013.

Secondo quanto stabilito dal Decreto Irpef (DL 66/2014, convertito con modificazioni dalla Legge 89/2014), infatti, i contribuenti interessati potranno richiedere fino a un massimo di 72 rate (6 anni) presentando la domanda entro il prossimo 31 luglio.

Equitalia ha già messo a disposizione un apposito modulo sul suo sito internet, nella sezione “Rateizzare”, denominato appunto “Istanza di rateazione ai sensi dell’art. 11-bis del Decreto Legge n. 66/2014 convertito con modificazioni dalla legge n.89/2014”.

Questo strumento dovrebbe rappresentare un’importante opportunità per i contribuenti.
Come ha infatti spiegato l’amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo “dalle nostre stime emerge un importo di circa 20 miliardi di euro che potrebbe essere rimesso in rateizzazione .. Il provvedimento va incontro alle esigenze dei contribuenti in difficoltà, che possono usufruire di nuove condizioni favorevoli per i pagamenti, garantendo al contempo il recupero degli importi dovuti all’Erario, all’Inps, ai Comuni e ai vari enti pubblici creditori”. 

La nuova rateizzazione concessa – Come sottolinea anche Equitalia ci sono però alcuni aspetti sui quali è necessario concentrare l’attenzione.

In primo luogo, il nuovo piano concesso non è prorogabile in caso di peggioramento della situazione di difficoltà che non consente più di sostenere il piano di dilazione in corso.

Inoltre è prevista la decadenza in caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive, anziché dopo 8 rate, come attualmente previsto per le altre rateazioni.

Le altre forme di rateizzazione – Nel suo comunicato stampa Equitalia non dimentica inoltre le altre forme di rateazione che possono essere concesse ai contribuenti non decaduti.

È infatti da ricordare che è possibile ottenere un piano di rateizzazione straordinario fino a 120 rate (10 anni) oppure un piano ordinario a 72 rate (6 anni). In ogni caso, l’importo minimo di ogni rata è, salvo eccezioni, pari a 100 euro.

I piani sono alternativi per cui, in caso di mancata concessione di una dilazione straordinaria, è comunque possibile chiedere una rateazione ordinaria.

Entrambi gli strumenti consentono al contribuente di non essere più considerato inadempiente finché i pagamenti sono regolari, ed è quindi possibile ottenere il Durc e il certificato di regolarità fiscale per poter lavorare con le pubbliche amministrazioni.
Inoltre, il contribuente che paga a rate, è al riparo daeventuali azioni cautelari o esecutive (fermi, ipoteche, pignoramenti).

Autore: Redazione Fiscal Focus