Il professionista “zelante” ed “efficiente” non dovrà mai risarcisce il cliente

Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Cassazione Civile, sentenza del 27 novembre 2015

In tema di risarcimento danni per responsabilità professionale, il professionista non è in colpa, ai sensi dell’articolo 1176 comma 2 del Codice civile, qualora non abbia tenuto una condotta difforme da quella che avrebbe tenuto, al suo posto, un ideale professionista “medio”. Per tale si deve intendere non un “professionista mediocre” bensì uno “professionista bravo”: ossia serio, preparato, zelante, efficiente.

È quanto emerge dalla sentenza 27 novembre 2015, n. 24213, della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione.

La Suprema Corte – trattando un caso di responsabilità medica – ha osservato che il diritto al risarcimento presuppone la causazione di un danno attraverso la violazione di norme giuridiche o di comune prudenza. E per capire se siano state violate norme giuridiche o di comune prudenza è necessario compiere un apprezzamento alla stregua dell’art. 1176 del Codice civile, che è applicabile anche alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale.

L’articolo 1176 citato, al comma 1, chiarisce che il debitore deve adempiere l’obbligazione usando la diligenza del buon padre di famiglia, mentre al comma 2 la norma afferma che, “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. La nozione di “diligenza” rappresenta l’inverso logico della nozione di “colpa”; ragion per cui è in colpa chi non è diligente. Viceversa, chi tiene una condotta diligente non può essere ritenuto in colpa.

Ebbene, gli ermellini hanno precisato che le norme di comune prudenza dalla cui violazione può scaturire una colpa civile non sono uguali per tutti.

Nel caso di obbligazioni comuni, ovvero di danni causati da chi non svolga un’attività professionale, l’art. 1176 impone di assumere, a parametro di valutazione della condotta del responsabile, il comportamento che avrebbe tenuto, nelle medesime condizioni, il “cittadino medio”, vale a dire “la persona di normale avvedutezza, formazione e scolarità”.

Nel caso invece di inadempimento di obbligazioni professionali, ovvero di danni cagionati nell’esercizio di una attività professionale in senso ampio, il secondo comma dell’art. 1176 prescrive un criterio più rigoroso.

Il professionista, infatti – ci dice la Cassazione – è in colpa non solo quando tenga una condotta difforme da quella che, idealmente, avrebbe tenuto nelle medesime circostanze il bonus pater familias, ma anche quando abbia tenuto una condotta difforme da quella che avrebbe tenuto, al suo posto, un ideale “professionista medio”.

Nella giurisprudenza di legittimità, l’ideale “professionista medio” ex art. 1176, comma 2, cod. civ., , non è un professionista “mediocre”, ma è un “professionista bravo”: vale a dire serio, preparato, zelante efficiente.

Autore: REDAZIONE FISCAL FOCUS