OMESSA IVA CON SOGLIA PIÙ ALTA. SCONTO DI PENA PER IL PASSATO

Cassazione Penale, sentenza depositata il 10 marzo 2016

Nel procedimento penale per l’omesso versamento di IVA può essere accordato uno sconto di pena al contribuente che è stato condannato sulla base della vecchia soglia di punibilità, vale a dire quella di € 50 mila elevata a € 250 mila dal D.Lgs. n. 158 del 2015, in vigore dal 22 ottobre dello stesso anno. 
È quanto emerge dalla sentenza n. 9936/16 della Terza Sezione Penale della Cassazione.

Ricorre per cassazione un legale rappresentate di società che la Corte D’Appello – a differenza del Tribunale – ha ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000 per il mancato accantonamento dell’IVA dovuta all’Erario, con un’evasione di oltre 550 mila euro.
La Corte territoriale non ha ritenuto rilevanti, ai fini della dimostrazione della mancanza di dolo per grave crisi di liquidità, né la circostanza della perdita di un assegno di 600 mila euro né un mancato incasso di quasi 2 milioni di euro né il finanziamento “personale” da parte dell’imputato alla società né, infine, la chiusura delle linee credito; e ciò perché, a fronte di tali vicissitudini (tra l’altro non tutte fornite di prova secondo i giudici di secondo grado), è mancata la giustificazione da parte del ricorrente dell’impiego di liquidità per oltre 900.000 euro a titolo di IVA incassata.

Detta somma avrebbe dovuto essere accantonata per provvedere al pagamento del tributo alla scadenza prevista (28/12/2009); tenuto peraltro conto che la società non aveva dipendenti, né locali per cui corrispondeva un affitto (avendo sede nell’abitazione del prevenuto) né, infine, risultando prodotte fatture passive atte a fornire elementi di prova in ordine al fatto che le somme incassate fossero state utilizzate per pagare altri creditori.

Insomma, dal mancato accantonamento dell’IVA incassata la Corte D’appello ha tratto la prova del dolo nel mancato assolvimento dell’obbligazione tributaria. Le somme da versare all’Erario sono state distratte dalla loro destinazione naturale poiché utilizzate per tutt’altri fini.
Ebbene, il ragionamento decisionale che ha sorretto il giudizio di responsabilità penale pronunciato dal Collegio territoriale è stato pienamente condiviso dagli ermellini, che tuttavia hanno ravvisato l’opportunità di rivedere la pena inflitta al ricorrente (fissata dalla Corte D’Appello in sei mesi e venti giorni di reclusione). E ciò alla luce del mutato quadro legislativo.

In proposito in sentenza si legge: “può ritenersi che, effettivamente, alla stregua della novella del 2015 con cui è stata elevata la soglia di punibilità per il reato di omesso versamento Iva ad € 250 mila, rispetto alla soglia che, in relazione al periodo di imposta in contestazione, attribuiva rilevanza penale al fatto (pari ad € 103.291,18, in relazione alla declaratoria di incostituzionalità operata dalla sentenza n. 80 del 2014), il disvalore complessivo del fatto debba essere rivalutato, posto che la soglia svolge la propria funzione sul piano della selezione categoriale, incidendo quindi la sua elevazione, ai fini della rilevanza penale del fatto, sul complessivo e oggettivo disvalore penale del fatto medesimo, donde ciò giustifica la necessità di una rivalutazione della congruità complessiva del trattamento sanzionatorio alla luce del predetto ius superveniens”.

Pertanto la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio.

Da segnalare che la difesa ha invocato anche la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui la Corte ha però escluso la ricorrenza.

Sulla compatibilità tra i reati per cui è prevista una soglia di punibilità e il giudizio di particolare tenuità del fatto è pendente la relativa questione davanti alle Sezioni Unite. Ciononostante i supremi giudici hanno richiamato un loro precedente pronunciamento secondo cui, quando si procede per il reato di omesso versamento dell’IVA, la non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile solo se l’ammontare dell’imposta non corrisposta è di pochissimo superiore a quello fissato dalla soglia di punibilità, poiché la previsione di quest’ultima evidenzia che il grado di offensività della condotta ai fini della configurabilità dell’illecito penale è stato già valutato dal legislatore. Nel caso di specie l’ammontare dell’IVA non versata – a seguito della novella del 2015 – è pari al doppio di quella prevista dalla legge quale soglia di punibilità ai fini della rilevanza penale del fatto.

AUTORE: REDAZIONE FISCAL FOCUS

 

  • Sentenza n. 9936/16 della Terza Sezione Penale della Cassazione (820 kB)