Residenza fiscale

Non sono sufficienti a integrare il requisito del domicilio in Italia ex art. 43 Codice civile richiamato dall’articolo 2 Tuir la sussistenza di interessi personali e familiari, in assenza della prova della conservazione nel nostro paese di interessi patrimoniali ed economici.
Questo è il principio ricavabile dalla lettura della sentenza della Ctp di Varese n. 402 depositata lo scorso 14 settembre 2017 che ha accolto il ricorso di un cittadino italiano emigrato dal 1974 in Venezuela, che aveva man mano ivi spostato (e in altri Paesi) i propri interessi di natura imprenditoriale e il cui collegamento con lo Stato Italiano era costituito principalmente da elementi (titolarità di un complesso immobiliare, di utenze, di un conto corrente, di un’autovettura) che trovavano giustificazione nel mantenimento del coniuge (asseritamente separato di fatto), residente in Italia.
Secondo l’amministrazione finanziaria il soggetto era da intendersi fiscalmente residente in Italia con tutte le conseguenti riprese a tassazione, atteso che per “domicilio” deve intendersi il luogo in cui il soggetto ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi non solo di natura economica ma anche personali, affettivi, sociali e familiari.
La Ctp di Varese rigetta la tesi dell’ufficio interpretando rigidamente, in un’ottica puramente economica, la locuzione «sede principale dei suoi affari ed interessi» contenuta nella definizione di “domicilio”, affermando l’assoluta irrilevanza degli indizi relativi alla conservazione in Italia di interessi personali o familiari, in assenza della prova per l’appunto del mantenimento nel nostro Paese di interessi patrimoniali ed economici.
Si tratta di una decisione dal carattere senz’altro innovativo, portatrice di una tesi che, pur trovando un forte supporto in dottrina, è però costantemente rigettata dalla Suprema Corte di Cassazione che da sempre accoglie, ai fini fiscali, una nozione molto ampia di domicilio, in linea con la prassi dell’amministrazione finanziaria, e ove semmai il punto ancora oggetto di dibattito, in assenza di un appiglio normativo, riguarda il criterio di prevalenza tra gli interessi economici-patrimoniali e quelli personali-affettivi.
Sotto questo profilo va ricordato che, nonostante l’orientamento maggioritario della Cassazione dava prevalenza ai rapporti personali affettivi, con la sentenza n. 6501 del 31 marzo 2015, i giudici di legittimità hanno invece inteso enfatizzare il centro degli interessi economici quale criterio per individuare la residenza fiscale dell’individuo. Con la successiva sentenza n. 12311 del 15 giugno 2016, la Corte di Cassazione è però tornata all’impostazione precedente, quindi ad oggi non vi è ancora un cristallino orientamento sul tema, restando imprescindibile una valutazione caso per caso.

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