Solo la sentenza definitiva blocca la non punibilità

Per i reati di omesso versamento dell’Iva e delle ritenute il cui procedimento era in corso al 22 ottobre 2015, il pagamento integrale dell’imposta ai fini della non punibilità può avvenire successivamente all’apertura del dibattimento a condizione che la sentenza non sia definitiva. A precisarlo è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 52640 depositata ieri.
Un contribuente era condannato, sia in primo grado sia in appello, a 5 mesi di reclusione per omesso versamento dell’Iva indicata in dichiarazione. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando tra l’altro l’omessa applicazione nei suoi confronti della causa di non punibilità introdotta dal Dlgs 158/2015 e prevista dall’articolo 13 del Dlgs 74/2000. Egli aveva in corso, infatti, un piano di rateizzazione che sarebbe terminato a breve con il pagamento dell’intera pretesa.
In base alla nuova formulazione del citato articolo 13 i reati di omesso versamento di ritenute, Iva e indebita compensazione di crediti non spettanti, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative ed interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento.
La Corte di appello riteneva non applicabile tale causa di non punibilità perché nella specie il procedimento era già in secondo grado. La Cassazione ha invece ritenuto fondata la doglianza.
Secondo i giudici di legittimità la nuova previsione è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto (22 ottobre 2015) e ciò anche se il dibattimento sia già stato aperto, purché non vi sia sentenza definitiva.
In caso di rateizzazione il giudice deve riconoscere un ulteriore termine di tre mesi, anche se è già aperto il dibattimento.
La natura assegnata al pagamento del debito, riguardante la punibilità del reato, comporta la sua applicazione a tutti i procedimenti in corso, anche ove sia stato oltrepassato il limite temporale previsto dalla norma. Il principio di uguaglianza vieta trattamenti differenti per situazioni uguali ed impone così che il pagamento assuma la medesima efficacia estintiva per i procedimenti in corso all’entrata in vigore della norma. Se così non fosse, vi sarebbe un’ingiustificabile disparità di trattamento per le quali potrebbe prospettarsi una questione di illegittimità costituzionale.
Da evidenziare che in precedenza la Cassazione aveva già affermato il medesimo principio (sentenze 40314/2016 e 11417/2017), tuttavia, di recente aveva, al contrario, ritenuto inapplicabile la causa di non punibilità ai procedimenti in corso con apertura del dibattimento già avvenuta (sentenza 30139/2017).
Fonte ” Il fisco”