L’iscrizione all’Aire non basta a provare la residenza fuori dall’Italia

È legittimo l’avviso di accertamento che attrae a tassazione in Italia i redditi accertati in capo al contribuente che, nonostante il trasferimento della residenza all’estero, mantiene in Italia i propri interessi familiari, sociali ed economici. La sola iscrizione all’Aire non esclude, pertanto, che il contribuente sia fiscalmente non residente in Italia. È questo il principio pronunciato dalla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, con la sentenza 28/03/2018 .

La vicenda, da cui trae origine la pronuncia, fa seguito alla notifica di un avviso di accertamento con cui venivano accertati maggiori imponibili in capo ad un contribuente ritenuto fiscalmente residente in Italia. A seguito del rigetto del ricorso il contribuente presentava appello censurando la sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici avevano ritenuto insufficiente la mera iscrizione all’Aire per non essere considerato fiscalmente non residente.

I giudici della Ctr hanno respinto l’appello precisando che l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento risolutivo per escludere la residenza fiscale in Italia quando è incontrovertibile che il contribuente ha mantenuto nel territorio dello Stato i propri interessi affettivi, sociali ed economici.

Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente. Sono considerati fiscalmente residenti anche tutti coloro i quali abbiano nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

I giudici convergono quindi che è sufficiente, affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia, che si verifichi uno solo di essi essendo il requisito temporale e quello della sede principale dei suoi affari o interessi (domicilio) ovvero quello della dimora abituale (residenza), alternativi e non concorrenti.

I giudici hanno ritenuto determinanti, ai fini della configurabilità della soggettività passiva del contribuente, gli elementi offerti dall’Ufficio consistenti nella presenza, nel territorio italiano, dei familiari, di un’abitazione, della detenzione di quote di partecipazioni e la titolarità di rapporti di conto corrente con istituti nazionali. Oltretutto la Commissione sottolinea come nella fattispecie era onere del contribuente dimostrare la sua presenza all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta al fine di soddisfare il requisito temporale.

Fonte “Il sole 24 ore”