Il raddoppio dei termini segue le regole vigenti all’epoca dei fatti

Il raddoppio dei termini, disciplinato dall’articolo 43, comma 3, del Dpr 600/1973 e dall’articolo 57, comma 3, del Dpr 633/1972, nei testi applicabili all’epoca dei fatti, contempla esclusivamente l’obbligo della denuncia penale, ai sensi dell’articolo 331 del Codice di procedura penale, per uno dei reati regolati dal Dlgs 74/2000 e non anche la sua effettiva presentazione. A tale conclusione è giunta la Cassazione attraverso l’ordinanza 5126/2018 .

La Ctr della Lombardia ha accolto l’appello proposto da un contribuente avverso una sentenza della Ctp di Varese che ne aveva respinto il ricorso contro un avviso di accertamento per imposte dirette e Iva. La Ctr ha osservato, in particolare, che l’atto impositivo impugnato risultava essere illegittimo in quanto emesso ben oltre il termine decadenziale ordinario previsto dalla legge, non potendosi applicare, nel caso di specie, l’evocata disciplina del raddoppio dei termini contemplata per il caso di rilevanza penale della fattispecie concreta, in quanto la denuncia era stata proposta allorché tale termine ordinario risultava essere già scaduto ed essendo peraltro ciò previsto, quale limite temporale, dalla nuova normativa disciplinante la materia de qua (Dlgs 128 del 2015).
Contro la decisione l’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione in opposizione al quale ha resistito con controricorso il contribuente. Con l’unico mezzo dedotto (articolo 360 del Codice di procedura civile, comma 1, n. 3) le Entrate hanno lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 43, comma 3, del Dpr 600/1973 e dell’articolo 57, comma 3, del Dpr 633/1972.

A parere del collegio di legittimità la censura è risultata essere fondata in quanto, in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dall’articolo 43, comma 3 del Dpr 600/1973 e dall’articolo 57, comma 3, del Dpr 633/1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’articolo 331 del Codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dal Dlgs 74 del 2000 e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 247 del 2011.

Inoltre, il raddoppio dei termini, disciplinato dall’articolo 43 del Dpr 600/1973 e dall’articolo 57 del Dpr 633/1972, non integra un’ipotesi di proroga dei termini ordinari, trattandosi di fattispecie distinte, disciplinate direttamente e autonomamente dalla legge in relazione a presupposti diversi, costituiti dal riscontro di elementi obiettivi tali da rendere obbligatoria la denuncia penale (per i primi) e dalla sussistenza di violazioni tributarie per le quali, invece, tale obbligo di denuncia non sussiste (per i secondi).

Quanto alla retroattività dello jus superveniens all’articolo 1, commi 130-132, della legge 208/2015, oggetto della relativa eccezione proposta dal contro ricorrente, pacifico che l’atto impositivo in questione sia stato notificato il 24 aprile 2014, la Suprema corte ha ribadito che, in tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’articolo 43 del Dpr 600/1973 e dall’articolo 57 del Dpr 633/1972, nella versione applicabile ratione temporis, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla legge 208 del 2015, tra le quali l’articolo 1 comma 132 ha inserito un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio – non oggetto di abrogazione – all’articolo 2, comma 3 del Dlgs 128/2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015.

Fonte “Il sole 24 ore”