Ravvedimento per la definizione liti

Accertamento e contenzioso

Ravvedimento per la definizione liti

di Rosanna Acierno

Chiamata al ravvedimento dopo i primi versamenti per la definizione delle liti pendenti. Alcuni uffici delle Entrate stanno telefonando ai contribuenti o ai professionisti che li assistono (laddove nella domanda di adesione sia stato lasciato il recapito telefonico) per segnalare carenti versamenti delle somme dovute. Anche se poi sono i diretti interessati a dover ricalcolare l’importo corretto con il «fa-da-te». Ma vediamo nel dettaglio.

La determinazione

Nella definizione delle liti pendenti prevista dall’articolo 11 del Dl 50/2017, il contribuente interessato ha dovuto provvedere in autoliquidazione al calcolo delle somme dovute, quali le imposte accertate per intero e gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo calcolati nella misura del 4% annuo dal giorno in cui la maggiore imposta avrebbe dovuto essere versata fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto, secondo la seguente formula: tributo dovuto moltiplicato 4 moltiplicato numero di giorni intercorrenti tra la scadenza ordinaria del pagamento delle imposte accertate e il sessantesimo giorno dopo la notifica dell’atto impositivo/36.500.

Sempre poi ai fini del calcolo delle somme dovute per la definizione delle liti, il contribuente ha dovuto scomputare dalla pretesa tributaria originaria (imposte, sanzioni e interessi ricalcolati fino al sessantesimo giorno dopo la notifica dell’atto), le sanzioni e le somme eventualmente già versate in pendenza di giudizio o in caso di rottamazione dei ruoli, e aggiungere le spese di notifica dell’atto.

Pertanto, qualora emergano tali errori, prima di un provvedimento di diniego, gli Uffici comunicano al contribuente il carente versamento e lo invitano a effettuare un’integrazione del versamento con ravvedimento operoso.

Ricalcolo «fai-da-te»

Il contribuente deve comunque rideterminare da solo le somme dovute. A quanto consta, infatti, gli Uffici non provvedono a comunicare l’esatto importo dovuto, limitandosi a rilevare la mera carenza del versamento. E, laddove l’errore commesso abbia riguardato soltanto il calcolo degli interessi secondo l’Ufficio è comunque necessario effettuare il versamento integrativo degli stessi mediante il ravvedimento operoso, applicando così non solo la sanzione del 30% dell’importo dovuto (seppure in misura ridotta pari a 1/8) e calcolando su di essi ulteriori interessi (anche se ciò sembrerebbe contrastare con il divieto di anatocismo).

Per poter sostenere un eventuale confronto con gli Uffici sull’errore commesso nella determinazione degli interessi, potrebbe essere opportuno predisporre e conservare una tabella di calcolo, da cui emergano in maniera chiara le modalità di determinazione delle somme autoliquidate.

Un unico codice tributo

A tal proposito sembra che gli Uffici giustifichino la richiesta di ravvedimento con il pagamento di sanzioni e interessi perché, a loro avviso, non sarebbe possibile dimostrare con certezza se il versamento errato abbia riguardato soltanto gli interessi.

La stessa agenzia delle Entrate, infatti, in sede di istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme dovute ai fini della definizione delle liti pendenti non ha previsto la distinzione tra le somme da imputare al versamento dell’imposta rispetto a quelle da imputare al versamento degli interessi.

La terza rata

Nel caso di regolarizzazione spontanea dei versamenti già effettuati, occorrerà prestare molta attenzione anche alla terza e ultima rata. I contribuenti che hanno aderito all’istituto della definizione delle liti pendenti e che, dovendo versare importi superiori a 2mila euro, hanno scelto di pagare in tre rate le somme dovute dovranno infatti ricordare di ricalcolare correttamente l’ultima rata (pari al 20% degli importi dovuti oltre agli interessi legali calcolati dal 3 ottobre 2017) e versarla entro il prossimo 2 luglio 2018 (perché il 30 giugno 2018 cade di sabato).

 Fonte “Il sole 24 ore”