La rinuncia dei soci al credito cerca una via d’uscita dall’imposta di registro

di Giuseppe Carucci e Barbara Zanardi

Il finanziamento dei soci persone fisiche enunciato nel verbale di assemblea potrebbe essere a rischio di assoggettamento a imposta di registro proporzionale. Pertanto, in occasione della copertura delle perdite mediante rinuncia dei soci alla restituzione del finanziamento, alcuni accorgimenti operativi potrebbero scongiurare l’imposizione per enunciazione. Il tema è attuale per i soggetti che sono ancora alle prese con il bilancio 2017, ad esempio, perché hanno differito a 180 giorni il termine di approvazione.

L’origine del problema
Il rischio di enunciazione del finanziamento è connesso al contenuto della sentenza della Cassazione 15585/2010, che ha sancito l’obbligo di corrispondere l’imposta di registro del 3% per un finanziamento dei soci non registrato, ma richiamato in un successivo verbale di assemblea straordinaria nel quale, attraverso la rinuncia dei soci, si ricostituiva il capitale sociale eroso dalle perdite.

L’accertamento troverebbe fondamento nell’articolo 22 del Dpr 131/1986, che prevede l’applicazione dell’imposta alle disposizioni enunciate in un determinato atto e contenute in contratti verbali o atti scritti formati in precedenza e non registrati.

Soluzioni operative
Nonostante le critiche subite da tale decisione della Suprema corte, prudenzialmente, per cercare di evitare il rischio di una imposizione del finanziamento enunciato, è opportuno adottare le seguenti principali soluzioni operative individuate dalla prassi notarile, prescindendo da ulteriori valutazioni prettamente giuridiche (ad esempio, effetti di diluizione dei soci che non sottoscrivono l’aumento del capitale).

Conversione finanziamento in capitale
La prima soluzione consiste nel convertire preventivamente il finanziamento soci in versamento in conto capitale e, solo successivamente, di utilizzare, per l’aumento del capitale sociale, la riserva di patrimonio netto generata a seguito di tale conversione.
In tal modo, pertanto, prima si effettua la rinuncia al credito, ad esempio con lettera, e, poi, nel verbale, si da atto solo dell’esistenza della riserva che viene utilizzata per l’aumento del capitale.

Delibera aumento e successiva esecuzione
Un’altra soluzione consiste nel procedere con la sola delibera di aumento, riservando in un secondo momento, e con differenti modalità (ad esempio mediante scambio di corrispondenza), l’esecuzione materiale dell’aumento stesso, che, pertanto, non è parte della delibera assembleare. In tal modo si evita di eseguire in un unico contesto l’aumento e la sottoscrizione del capitale, nonché la liberazione della sottoscrizione mediante rinuncia del socio al credito derivante dal finanziamento effettuato a favore della società.

Restituzione finanziamento
Infine, si potrebbe procedere alla restituzione del finanziamento soci prima dell’adozione della delibera di aumento del capitale e, successivamente, al conferimento in società del denaro. Tale soluzione non è sempre percorribile, soprattutto quando il finanziamento non sia facilmente liquidabile e rimborsabile. In definitiva, come si evince dalle soluzioni operative sopra analizzate, al fine di cercare di sottrarre tali delibere di copertura perdite dal rischio di imposizione, è opportuno che la “rinuncia” al credito o il suo utilizzo per una ricapitalizzazione si perfezioni al di fuori di un verbale notarile o comunque non in atti sottoposti a registrazione.

Fonte “Il sole 24 ore”