I crediti verso la Pa non evitano la vendita forzata dei beni pignorati

L’articolo 4 del decreto-legge 135/2018 (intitolato «Modifiche al codice di procedura civile in materia di esecuzione forzata nei confronti dei soggetti creditori della pubblica amministrazione») al comma 2 interviene sull’articolo 560 del Codice di procedura civile (si veda il box). Siamo dunque nell’ambito dell’espropriazione immobiliare, quando cioè il processo esecutivo è iniziato aggredendo con il pignoramento un bene immobile.

Dopo la trascrizione del pignoramento e proposta l’istanza di vendita, il giudice fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori “iscritti” di cui all’articolo 498 (quelli cioè che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri) che non siano intervenuti. È in questa udienza che il debitore esecutato deve documentare di essere titolare di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni; e di ciò si farà menzione nell’avviso di vendita per mettere, evidentemente, al corrente di questa circostanza chi intendesse rendersi acquirente del bene.

Da ciò risulta chiaro che, pur quando l’esecutato abbia fatto emergere la circostanza di essere titolare di quei crediti, il processo continua nella ricerca dell’acquirente; non si ha quindi una nuova ipotesi di improseguibilità/improcedibilità del processo esecutivo disposta a favore del debitore che versi in quella particolare situazione.

L’esecuzione continua fino ad individuare l’acquirente, fino al versamento da parte sua del prezzo, fino alla pronuncia del decreto che trasferisce all’acquirente stesso la titolarità del bene pignorato e ne dispone il rilascio a suo favore per una data compresa tra il sessantesimo ed il novantesimo giorno successivo.

Il “vantaggio” che deriva al debitore esecutato dall’aver fatto emergere all’udienza la circostanza di essere titolare di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni consiste così solo nel ritardare il momento del rilascio dell’immobile; rilascio che non potrà avvenire prima che sia decorso il termine fissato nel decreto. Con la pronuncia del decreto di trasferimento, cioè, il debitore esecutato, pur creditore verso pubbliche amministrazioni, perde comunque la titolarità del suo bene, ed è pronto a perderne anche la disponibilità materiale in conseguenza del rilascio disposto dal giudice.

Inoltre il pur limitato vantaggio accordato al debitore viene riconosciuto solo se a essere pignorato sia stato un suo bene immobile. Se il creditore avesse pignorato un bene diverso – ad esempio il denaro in conto corrente (nella forma dell’espropriazione presso terzi) – l’essere titolare di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni non gioverebbe all’esecutato in alcun modo.

Infine questo “vantaggio” non è già operativo. Infatti l’ultimo comma dello stesso articolo 4 prevede che tutte le disposizioni introdotte con l’articolo stesso non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Il che porta a una semplice riflessione. Se ci fosse necessità e urgenza, la protezione andrebbe accordata al debitore in tutte le espropriazioni – immobiliari – che contro di lui venissero instaurate appena entrato in vigore il decreto; o – forse ancor meglio – anche nei processi pendenti ma non ancora giunti all’udienza.

Ma se la protezione deve applicarsi solo ai processi che inizieranno addirittura dopo la pubblicazione della legge di conversione, non ci si può non domandare dove risieda il caso straordinario di necessità e d’urgenza richiesto dall’articolo 77 della Costituzione per l’adozione di un decreto legge.

Fonte “Il sole 24 ore”