Crisi d’impresa, l’assenza delle scritture contabili «pesa» sull’amministratore

Tra le norme destinate a entrare subito in vigore vi sono quelle destinate a modificare alcuni articoli del codice civile e, in particolare, l’articolo 378 rubricato «Responsabilità degli amministratori» che va a modificare i disposti dell’articolo 2486 del codice civile.

Tale articolo introduce, nell’ambito della liquidazione giudiziale, un parametro presuntivo di quantificazione dei danni arrecati dall’organo amministrativo in conseguenza dei poteri a esso attribuiti per la conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, laddove si verifichi una causa di scioglimento della società.

Infatti, il nuovo testo dell’art. 2486 del codice civile stabilisce che, quando è accertata la responsabilità degli amministratori, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.

Viene, comunque, fatta salva la prova, da parte degli amministratori convenuti, di un diverso ammontare del danno risarcibile

Ma la situazione diventa molto più pesante per gli amministratori laddove a carico della società sia stata aperta una procedura concorsuale. Infatti, lo stesso articolo prevede che se mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura, trovando così applicazione un parametro risarcitorio spesso usato dalla giurisprudenza più risalente, ma che la corte di Cassazione aveva ritenuto di corretta applicazione solo in via assolutamente residuale (Cass. Civ. S.U. 6 maggio 2015, n. 9100).

La portata dell’intervento riformatore è di notevole rilevanza e costringerà tutti gli amministratori a porre una particolare attenzione non solo alla corretta tenuta delle scritture contabili, ma anche a una corretta custodia e conservazione anche nelle fasi più «delicate» della vita dell’impresa.

Si può, quindi, legittimamente affermare che l’intento latamente punitivo della norma in parola dovrebbe o vorrebbe sanare quelle situazioni, che molto spesso si verificano nelle procedure concorsuali, nelle quali il curatore si ritrova nella parziale o completa impossibilità di ricostruire la contabilità della società sia per una corretta gestione del fallimento, sia ai fini della valutazione di eventuali responsabilità degli organi della stessa.

Ne consegue che il «Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza» ha posto una pietra miliare non solo nell’individuazione di un parametro oggettivo, ma soprattutto ha fornito un nuovo parametro quantitativo del danno cagionato dagli organi sociali, da cui difficilmente la giurisprudenza riuscirà a discostarsi nella futura valutazione delle controversie sottoposte alla sua attenzione, mettendo definitivamente fine a lunghi dibattiti giurisprudenziali.

Fonte “Il sole 24 ore”