Liti pendenti, Fisco obbligato al rimborso dopo il no alla chiusura agevolata

Il Fisco, che comunica il diniego della chiusura della lite pendente, deve restituire le somme versate e non dovute. Il contribuente che si vede negare la chiusura ha infatti diritto al rimborso. L’eventuale diniego della sanatoria obbliga il Fisco a rimborsare le somme versate dal contribuente per una definizione che non è stata ritenuta valida. Il rimborso spetta se il diniego della sanatoria non è impugnato e non pendono più i termini per impugnarlo.

La scadenza del 31 maggio

La chiusura della lite pendente, a norma dell’articolo 6 del decreto legge 119/2018, si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019. Se gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima scade il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dal 1° giugno 2019 alla data del versamento.

Dal 1° gennaio 2019 gli interessi legali sono dovuti nella misura dello 0,8% annuo. In caso di «lieve inadempimento» nei pagamenti si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter del Dpr 29 settembre 1973 n. 602. Esso stabilisce che è esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a:

•insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10mila euro;

•tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

Dagli importi dovuti per la chiusura della lite, si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate anche se eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Anche se non si deve pagare nulla, per avvalersi della definizione si deve comunque presentare la domanda entro il 31 maggio 2019.

La comunicazione del diniego

L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020. Il diniego è impugnabile entro 60 giorni davanti all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della lite è chiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro 60 giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nello stesso termine.

Il rimborso

In caso di diniego della chiusura della lite, valgono le indicazioni dell’agenzia delle Entrate, contenute nella circolare 4/E del 2 febbraio 2007, in occasione della sanatoria di cui alla legge 289/2002. Per l’agenzia delle Entrate, l’ufficio, qualora rilevi l’irregolarità della domanda di definizione o l’omesso integrale pagamento di quanto dovuto o della prima rata, notifica al ricorrente e deposita presso l’organo giurisdizionale il diniego della definizione della lite fiscale. Il diniego della sanatoria comporta che le somme versate dal contribuente devono essere rimborsate, purché sussistano determinate condizioni. È cioè necessario che il diniego non sia impugnato e che non pendano più i termini per impugnarlo. Insomma, il diniego deve essere definitivo, perché solo il decorso del termine per impugnarlo o il passaggio in giudicato della sentenza che statuisce in merito alla sua legittimità rendono certo il mancato perfezionarsi della definizione.

La compensazione

Gli uffici, prima di procedere al rimborso, devono fare le verifiche del caso, quale, ad esempio, quella relativa alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione del fermo amministrativo o della compensazione volontaria (articolo 28-ter del Dpr 602/1973). Questo articolo stabilisce che in sede di erogazione di un rimborso, l’agenzia delle Entrate verifica se il beneficiario è iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all’agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendogli a disposizione le somme da rimborsare.

Ricevuta la segnalazione, l’agente notifica all’interessato una proposta di compensazione tra credito d’imposta e debito iscritto a ruolo, sospendendo l’azione di recupero e invitando il debitore a comunicare entro 60 giorni se intende accettare. In caso di rifiuto della proposta o di mancato tempestivo riscontro, cessano gli effetti della sospensione e l’agente della riscossione comunica in via telematica alle Entrate che non ha ottenuto l’adesione dell’interessato alla proposta di compensazione.

Fonte “Il sole 24 ore”