Per i giudici tributari, gli atti del Fisco senza contraddittorio preventivo devono essere annullati. Proseguono infatti le sentenze che bocciano gli accertamenti degli uffici, che non sono preceduti da un contraddittorio preventivo.
È così che la pensa anche la Commissione tributaria provinciale di Enna, sentenza 887/2018, depositata il 9 novembre 2018, che annulla l’atto dell’ufficio «per omessa attivazione dell’obbligatoria fase del contraddittorio preventivo e/o endoprocedimentale». La recente giurisprudenza, dopo un periodo ondivago, con consolidato orientamento, annulla ora gli atti emessi senza contraddittorio preventivo. Al riguardo, ecco, di seguito, alcune sentenze di merito e di legittimità:
• per la Cassazione, ordinanza 24386/2017, depositata il 16 ottobre 2017, «per i tributi cosiddetti “armonizzati” (Iva) … la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso … l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e l’opposizione di dette ragioni … si riveli non puramente pretestuosa» (Cassazione, sezioni unite, 24823/15; confronta Cassazione, sezioni 6-5, 15744/16);
• per la Commissione tributaria provinciale di Vicenza, sentenza 48/02/2018, va estesa l’applicazione del confronto preventivo tra ufficio e contribuente prima dell’emissione dell’atto di accertamento. Una tutela che va riconosciuta anche per le imposte dirette e i controlli “a tavolino”, e non solo per i tributi armonizzati come l’Iva;
•per la Commissione tributaria provinciale di Potenza, sentenza n. 731/01/16, deve essere annullato l’accertamento, in cui l’ufficio, senza attivare il contraddittorio preventivo e/o endoprocedimentale, ha considerato ricavi i movimenti bancari del socio di una società a responsabilità limitata. Contro la sentenza, l’ufficio ha proposto appello, sostenendo l’errore del giudice nel ritenere la nullità dell’accertamento per mancanza del contraddittorio endoprocedimentale che «doveva ritenersi … esercitato, come si evinceva dal verbale redatto dalla Guardia di Finanza dove risultava l’instaurazione del contraddittorio». L’ufficio ha così dimostrato di non sapere che il contraddittorio endoprocedimentale è quello che si deve fare con l’ufficio, prima dell’emissione di un atto impositivo e non quello in sede di verifica della Finanza. L’appello dell’ufficio è stato respinto dalla Commissione tributaria regionale della Basilicata, con sentenza 183/1/2018;
•per la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione n. 9, sentenza 2506/2018, depositata il 30 maggio 2018, gli atti emessi dal Fisco senza contraddittorio preventivo vanno annullati. I giudici milanesi hanno rilevato che «numerose sentenze di questa Ctr hanno ribadito … l’esistenza di «un obbligo generalizzato in capo all’ufficio di consegnare il processo verbale di constatazione al contribuente prima di notificargli un atto impositivo anche nei casi di cosiddetto accertamento a tavolino …» (Ctr Lombardia n. 5538/2016)». Per i giudici, è irrilevante il fatto che il contribuente abbia avuto accesso all’istituto dell’accertamento con adesione.
Per la Cassazione, ordinanza 17210 del 2 luglio 2018, va annullato l’accertamento dell’ufficio che non ha visionato (o almeno valutato) le memorie difensive al Pvc. In tema di imposte sui redditi e Iva, a norma dell’articolo 12, comma 7, della legge 212 del 2000, la nullità dell’accertamento consegue alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge, oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie, nonché al mancato obbligo di (almeno) valutare le osservazioni del contribuente, pur senza esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo. Per la Cassazione «il problema non è dunque quello della mancata motivazione … ma è piuttosto quello di aver omesso un preciso adempimento fissato per legge, ossia di prendere visione delle memorie». Il citato articolo 12 impone all’ufficio di valutare le “osservazioni e richieste” del contribuente, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Potrà riscontrarsi una (oggettiva) valutazione, solo in presenza di oggettiva motivazione nell’avviso di accertamento, pena il vizio di motivazione dell’atto, ex articolo 42, comma 2 del Dpr 600/1973. Considerato che il contribuente contesta i rilievi, l’ufficio, per dimostrare la valutazione delle memorie ed osservazioni presentate, dovrà “demolirle” punto per punto dimostrando l’errore del contribuente.
Le indicazioni delle Entrate
In materia di contraddittorio preventivo, è la stessa agenzia delle Entrate ad attribuire un ruolo fondamentale proprio all’obbligo di attivare, prima dell’emanazione dell’atto impositivo, il contraddittorio con il contribuente. Per l’agenzia delle Entrate, circolare n. 16/E del 28 aprile 2016, l’effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento attraverso lo strumento del contraddittorio preventivo «rende la pretesa tributaria più credibile e sostenibile» e «scongiura l’effettuazione di recuperi non adeguatamente supportati e motivati perché non preceduti da un effettivo confronto». Il confronto non deve ridursi ad un vuoto adempimento formale ma deve rappresentare, nello spirito di aperta e leale reciproca collaborazione, come previsto dal legislatore nello Statuto del contribuente:
● per il contribuente, la concreta possibilità di esporre le proprie osservazioni e argomentazioni difensive;
● per l’agenzia delle Entrate, l’occasione di operare un vaglio critico delle proprie tesi precisando nella motivazione le eventuali ragioni per cui non ha ritenuto di poter accogliere tali deduzioni difensive.
Gli uffici più sensibili al contraddittorio
Alcuni uffici, considerate le innumerevoli sentenze dei giudici di merito e di legittimità che annullano gli atti del Fisco, si sono finalmente “accorti” dell’obbligatorietà del contraddittorio preventivo e del conseguente obbligo di informare il contribuente che, in caso di esito negativo del confronto, sarà emesso l’atto di accertamento. La conferma è in un verbale di contraddittorio redatto dall’agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Siracusa, del 15 giugno 2018, con il quale l’ufficio, dopo avere specificato gli esiti del confronto con il contribuente, conclude, affermando che «in un’ottica di collaborazione e deflazione del contraddittorio» (è scritto così, “contraddittorio”, ma l’ufficio intendeva scrivere “contenzioso”) «ritiene applicabile il ricavo minimo ai fini Irpef/Irap/Iva, pari a euro 37.044,00, invece del ricavo puntuale di 37.834,00. La parte» cioè il contribuente «dichiara di non accettare. Tutto ciò premesso, l’ufficio conferma la ricostruzione induttiva indicata nell’invito a comparire, dichiara concluso il procedimento di accertamento con adesione e informa la parte che sarà emesso avviso di accertamento». Nulla da aggiungere, se non il fatto che, per tutti i contribuenti che hanno eccepito la violazione del contraddittorio preventivo, il Fisco rischia di rimanere con un pugno di mosche in mano, e di subire anche la condanna alle spese di giudizio per non avere rispettato il principio del contraddittorio preventivo.
Le indicazioni della direzione regionale della Sicilia
Con una direttiva del 29 giugno 2018, anche la direzione Regionale della Sicilia è intervenuta sull’opportunità di utilizzare il contradditorio preventivo come strumento di partecipazione del contribuente al procedimento accertativo ai fini di una maggior tutela dello stesso rispetto alla piena legittimità degli atti impositivi successivamente emessi. Per la direzione regionale siciliana il «contraddittorio deve essere considerato un momento fondamentale del procedimento mediante il quale si offre al contribuente la possibilità di fornire chiarimenti, precisando importanti aspetti dell’indagine fiscale e circostanze non conosciute dall’ufficio, che forniscono all’accertatore l’occasione di valutare in modo più realistico e di comprendere con maggiore sicurezza l’oggetto dell’attività istruttoria, costruendo in tal modo una pretesa più fondata e motivata, sì da determinare una minore conflittualità nel rapporto con il contribuente ed un maggiore livello di adesione».