Cambiano le regole per avviare un’azione collettiva con l’obiettivo di ottenere il risarcimento dei danni: il Senato ha approvato in via definitiva la riforma della class action. Che passa dal Codice del consumo al Codice di civile. Immediata conseguenza, l’estensione della platea dei soggetti che potranno chiamare le imprese a rispondere: non solo i consumatori, ma chiunque ritenga di avere subìto una lesione di «diritti individuali omogenei». E a proporre l’azione potranno essere anche le associazioni rappresentative dei diritti oggetto della tutela. Sul banco degli “imputati” imprese ed enti gestori di servizi pubblici, non la Pubblica amministrazione. Non sono consentiti ricorsi su eventi passati.
Esulta il ministro della Giustizia Bonafede: «Finalmente i cittadini italiani hanno uno strumento per unirsi e far valere insieme i loro diritti». Forti restano le perplessità di Confindustria su più punti: l’allargamento dell’ambito di applicazione; la possibilità di adesione alla classe anche dopo la sentenza che ha definito la causa; i compensi premiali. Elementi che rischiano di fare sia da volano al contenzioso sia da moltiplicatore dei costi da sostenere.
Di sicuro è un cambiamento radicale. Che, nelle intenzioni dei sostenitori, dovrà portare a un significativo aumento delle azioni collettive. Ieri il Senato ha approvato definitivamente la riforma della class action (introdotta con un blitz nella manovra del 2008: passò con un emendamento approvato per un voto e un senatore sbagliò a votare). Larga la maggioranza (206 sì, 44 no e 1 astenuto) che ha dato il via libera al passaggio dell’azione di classe dal Codice del consumo al Codice civile. Cambiamento che non è solo formale, visto che, nei fatti, condurrà a un’immediata estensione della platea dei soggetti che potranno promuovere la richiesta di risarcimento: non più i soli consumatori, ma chiunque ritiene di avere subìto una lesione di «diritti individuali omogenei», oltre che le associazioni rappresentative dei diritti oggetto della tutela
Ad allargarsi è inoltre il perimetro oggettivo di applicazione. Anche se sono confermate individualità e omogeneità dei diritti, la legge individua nella class action lo strumento utile per tutte le ipotesi di responsabilità contrattuale (in linea con la disciplina vigente) e quelle di responsabilità extracontrattuale, oggi limitate a pratiche commerciali scorrette e comportamenti anticoncorrenziali. Per esempio, nel caso del dieselgate, la disciplina attuale fa valere “solo” la lesione alla normativa sulla concorrenza (prodotto diverso da quello pubblicizzato); in futuro si potranno far valere anche lesioni a diritti come quello alla salute o all’ambiente.
Esulta il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede che sottolinea come «l’azione di classe sinora era limitatissima e aveva diversi paletti che l’avevano resa inutilizzabile nel corso degli anni. Ora diventa uno strumento generale che i cittadini, deboli da soli, potranno utilizzare, unendosi per fare valere i propri diritti».
Bonafede tiene a ricordare che la class action potrà essere usata anche dagli imprenditori e tuttavia fortissime restano le perplessità di Confindustria che, più volte anche nel corso dei lavori parlamentari, ha espresso contrarietà su una serie di punti. Tra questi, oltre alla vastissima estensione dell’ambito di applicazione, almeno altri due aspetti qualificanti: la possibilità di adesione alla classe anche dopo la sentenza che ha definito la causa e i compensi premiali dovuti al rappresentante comune della classe e agli avvocati dei ricorrenti. Tutti elementi che rischiano sia di fare da volano al contenzioso sia da moltiplicatore dei costi da sostenere.
Rispetto alla versione iniziale del testo sono state introdotte alcune modifiche significative, escludendo, per esempio, la retroattività, con la nuova disciplina che si applicherà cioè alle condotte illecite poste in essere solo dopo l’entrata in vigore; l’estensione da 6 a 12 mesi del periodo transitorio: la riforma si applicherà dopo un anno dall’entrata in vigore; la possibilità per il giudice di sospendere, per gravi e fondati motivi, la liquidazione delle somme da corrispondere a titolo di risarcimento; l’unicità dell’azione, evitando di avviare, per gli stessi fatti e contro la medesima impresa, più azioni di classe.
La competenza è affidata alle sezioni specializzate in materia d’impresa, con una procedura articolata in tre fasi: ammissibilità, decisione e (eventuale) liquidazione. Confermato il meccanismo di ingresso nella classe attraverso manifestazione di volontà (opt in, a distinguere l’azione di classe italiana dalla class action degli Stati Uniti, dove si è inseriti automaticamente nella classe) che può avvenire in 2 momenti dopo l’ammissibilità oppure dopo la decisione.