Operazioni inesistenti, sanzione ridotta se non c’è danno all’Erario

Non è conforme ai principi di proporzionalità e neutralità la sanzione equivalente all’importo dell’Iva indebitamente detratta a seguito di operazioni inesistenti, qualora la corrispondente Imposta sul valore aggiunto, riguardante la medesima operazione, sia stata assolta dal cedente e non vi sia alcun danno all’Erario.

Tuttavia, è in linea con la direttiva Iva la norma italiana che, a fronte del riconoscimento del debito d’imposta per la mancanza di una valida operazione sottostante, prevede anche l’indetraibilità dell’Iva. L’ordinamento interno, però, deve anche ammettere la possibilità di rettificare il debito d’imposta, a prescindere dalla buona fede del contribuente, qualora venga escluso interamente il rischio di perdite di gettito fiscale. Questi i principi affermati dalla Corte Ue, nella causa C 712/17 depositata ieri.

La problematica, che ha imposto la chiamata in causa della Corte, era stata sollevata dalla Ctr Lombardia con l’ordinanza 1714/1/2017. In sintesi, era accaduto che l’agenzia delle Entrate aveva contestato l’indetraibilità dell’Iva in relazione ad operazioni meramente cartolari effettuate allo scopo di aumentare i valori contabili e, quindi, accedere a finanziamenti bancari. Inoltre, i passaggi fra le varie società si sarebbero conclusi con il “riacquisto” da parte dello stesso soggetto dell’energia apparentemente ceduta.

In sostanza, l’Iva indicata nelle fatture emesse veniva versata dal cedente e portata in detrazione dal cessionario. Da qui la necessità dei giudici lombardi di sapere se la normativa italiana, che prevede che il cedente versi l’Iva senza la possibilità di chiederne il rimborso e il cessionario non detragga l’imposta con l’irrogazione di una sanzione equivalente all’imposta contestata, sia compatibile, anche per effetto della “circolarità” delle cessioni e nessun danno erariale, con la neutralità dell’imposta e con i principi comunitari.

Nel tentativo di sciogliere il nodo interpretativo gli eurogiudici avallano la normativa domestica che, nel prevedere in capo al soggetto che emette una fattura per un’operazione fittizia l’obbligo di assolvere l’imposta, preclude, al soggetto destinatario della fattura, di detrarre quest’ultima.

Allo stesso tempo la Corte si è preoccupata anche, al fine di non eccedere quanto necessario per garantire l’esatta riscossione dell’imposta, di evitare l’evasione e di assicurare il rispetto del principio di neutralità, che al contribuente sia concessa la possibilità di rettificare l’imposta indebitamente fatturata eliminando tempestivamente qualsiasi rischio di perdite di entrate.

Quanto all’aspetto sanzionatorio, infine, i giudici chiariscono, richiamando i principi di proporzionalità e di neutralità dell’Iva, che in assenza di danni all’erario, per effetto della rettifica del debito erariale e tenendo conto che la sanzione non è calcolata sulla base debito d’imposta, ma è pari all’importo dell’imposta detratta, la sanzione del 100% è contraria alla direttiva comunitaria.

Fonte “Il sole 24 ore”