Niente integrativa dopo la contestazione su una precedente dichiarazione

La notifica della contestazione di una violazione commessa nella redazione di una precedente dichiarazione costituisce causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa. Se fosse, infatti, possibile porre rimedio alle irregolarità anche dopo la contestazione delle stesse, la correzione si risolverebbe in un inammissibile strumento di elusione delle sanzioni previste dal legislatore. A tale conclusione è giunta la Cassazione attraverso l’ordinanza 17230/2019.

La vicenda afferisce a costi ritenuti non deducili in quanto inerenti a operazioni effettuate verso Paesi a fiscalità privilegiata e non correttamente esposti nella dichiarazione dei redditi. Già nella sentenza 28172/2017, la Suprema corte era giunta alla conclusione che, in tema di imposte sui redditi, costituiva «causa ostativa» alla presentazione della dichiarazione integrativa, in base all’articolo 2, comma 8, del Dpr 322/1998, la notifica della contestazione di una violazione commessa nella redazione della dichiarazione originaria in quanto «se fosse possibile porre rimedio alle irregolarità anche dopo la contestazione delle stesse la correzione si risolverebbe in un inammissibile strumento di elusione delle sanzioni previste dal legislatore».

Intervenendo sul punto, il collegio di legittimità ha infatti precisato che «l’agenzia delle Entrate sottolinea… la sostanziale difformità della dichiarazione integrativa di cui al comma 8 dell’articolo 2 con l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del Dlgs 472/1997. Tanto premesso il collegio rileva che la censura del contribuente rientra in tale previsione normativa, risultando erroneo il richiamo, sia dei primi Giudici e sia dell’Ufficio al comma 8 bis del Dpr 322/98 e articolo 13 Dlgs472/1997 risultando la loro applicazione sottoscritta ai soli casi di ravvedimento operoso».

Sempre in tal senso si era espressa la Cassazione con la sentenza 15015/2017 afferente a una situazione analoga a quella rappresentata nella pronuncia in commento, rilevando che «dopo la contestazione di una violazione è preclusa ogni possibilità di regolarizzazione, posto che, ove fosse possibile porre rimedio alla mancata separata indicazione dei costi in oggetto (o a qualunque altra irregolarità) anche dopo la contestazione della relativa violazione o l’inizio di attività di verifica e controllo, la correzione stessa si risolverebbe (Corte costituzionale 392/2002) in un inammissibile strumento di elusione delle sanzioni predisposte dal legislatore per l’inosservanza della correlativa prescrizione (Cassazione 23745/2015)».

Pertanto, anche l’attuale formulazione dei commi 8 e 8-bis dell’articolo 2 del Dpr 322/1998, benché orientata a una generale possibilità di correggere errori o omissioni commesse nella compilazione delle dichiarazioni già presentate, entro i termini previsti per l’accertamento da parte del Fisco (articolo 43 Dpr 600/1973), dovrà misurarsi con l’impossibilità di apporre modifiche alla dichiarazione successivamente alla notifica dell’atto di contestazione da parte dell’ufficio.

Fonte “Il sole 24 ore”