Sede in Lussemburgo, l’assenza di addetti non la rende fittizia

Ogni imprenditore è libero di scegliere il luogo di collocazione della propria sede, a prescindere che ciò dipenda da vantaggi fiscali. Tale comportamento è illegittimo, infatti solo se costituisce una costruzione fittizia e non effettiva, ma tale circostanza va provata dall’amministrazione in modo adeguato. A fornire questa interpretazione è la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 2/2/2018 depositata il 20 gennaio scorso (presidente e relatore Montanari).

Una società con sede in Lussemburgo ricorreva dinanzi al giudice tributario contro degli avvisi di accertamento emessi dall’agenzia delle Entrate. Secondo l’ufficio, la società, che gestiva semplicemente partecipazioni, era “esterovestita” e aveva collocato la sede in Lussemburgo solo per i vantaggi fiscali determinati dalla tassazione locale.

Per di più, l’Agenzia contestava la veridicità degli amministratori di diritto, ritenendo fosse in realtà amministrata da soggetti residenti in Italia e in ogni caso, presso la sede non esisteva personale dipendente.

Tra i diversi motivi di ricorso, la società eccepiva la violazione della libertà di stabilimento della sede, previsto dal Trattato Ue. La scelta di un Paese per porre la sede, anche se finalizzata ad ottenere un minor carico fiscale, non integra un abuso del principio della libertà di stabilimento, fatta salva l’ipotesi in cui si tratti di una costituzione di puro artificio, ma che nella specie non risultava provata.

La Ctp di Reggio Emilia ha ritenuto fondata l’eccezione. Innanzitutto, ha richiamato i principi stabiliti dalla Cassazione (sentenza 43809/2015) secondo i quali l’imprenditore può decidere di collocare le proprie strutture dove meglio ritiene e dotarle secondo le proprie insindacabili valutazioni. L’eventuale vantaggio fiscale non è indebito solo perché vengono sfruttate le opportunità offerte dal mercato o da una più conveniente legislazione fiscale, contributiva e/o previdenziale, ma lo diventa se è ottenuto attraverso situazioni non corrispondenti alla realtà, ossia di puro artificio.

La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha costantemente affermato che è irrilevante se la scelta della sede dipende solo da ragioni di convenienza fiscale, poiché occorre accertare se il trasferimento è stato realmente effettuato, e che non è stata creata una posizione meramente giuridica e non effettiva. A tal fine, il domicilio fiscale va individuato nel centro effettivo di direzione e di svolgimento dell’attività, ossia dove risiedono gli amministratori e vengono convocate le assemblee.

Nel caso in esame, la Ctp ha rilevato che gli elementi indiziari indicati nell’accertamento dall’Agenzia erano privi di forza probatoria. La gestione di partecipazioni è un’attività di per sé esercitabile in qualunque Stato e non è necessaria la presenza di personale dipendente. Quanto poi al disconoscimento degli amministratori di diritto rispetto a quelli di fatto residenti in Italia, la Ctp ha ritenuto che non ci fossero prove a sostegno di tale tesi. Anzi, a ben vedere, in atti emergeva che il soggetto ritenuto presidente del consiglio di amministrazione, aveva partecipato ad una assemblea presso la sede in Lussemburgo, così smentendo la tesi erariale.

Fonte “Il sole 24 ore”