Nota di variazione Iva, il termine per l’emissione scatta dalla sottoscrizione del lodo

Dalla sottoscrizione e non dall’esecutività del lodo arbitrale che fa venir meno l’operazione scatta il termine di emissione della relativa nota di variazione Iva. Il termine ultimo per l’emissione della nota di variazione è determinata dall’articolo 19 del Dpr 633/72 e se già spirato non ammette mai la presentazione di una dichiarazione integrativa.

L’agenzia delle Entrate, con la risposta n. 55 di ieri (clicca qui per consultarla ), ha specificato alcuni principi relativi ai tempi ed ai modi di recupero dell’imposta relativa ad un’operazione correttamente fatturata, che è venuta meno in tutto o in parte. In particolare, l’Agenzia ha ribadito che la nota di variazione può essere emessa, anche oltre il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, in ipotesi di risoluzione, recesso e revoca del contratto che, nella pratica, si manifestano attraverso atti di accertamento negoziale o sentenze, tra cui fa rientrare anche il lodo arbitrale precisando, in questo ultimo caso, che il dies a quo per il computo del termine per l’emissione della nota di variazione è la data di sottoscrizione del lodo.

Una volta realizzatosi il presupposto per l’emissione della nota di variazione, occorre far riferimento al termine entro cui poter esercitare il diritto a detrazione dell’imposta che proprio dalla nota di variazione trae origine. Ebbene, in questo caso l’agenzia delle Entrate, richiamando la circolare 1/E del 2018 (in commento al Dl 50/2017), ha confermato che se i presupposti per l’emissione della nota di variazione si sono verificati ante 1° gennaio 2017, si applica la norma di cui all’art. 19, comma 1, vigente ratione temporis, secondo cui il diritto a detrazione poteva essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione era sorto; mentre per tutte le note di variazione emesse successivamente a detta data, si applica l’art. 19 tutt’oggi vigente, secondo cui il diritto alla detrazione può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto.

Con questa risposta, l’Agenzia ha sostanzialmente ribadito che il diritto a detrazione può essere correttamente esercitato con l’emissione della nota di variazione, secondo gli ordinari termini previsti dall’art. 19. Tuttavia, nel caso in cui la nota di variazione non sia stata emessa entro la suddetta data e i termini siano già spirati, non è possibile recuperare l’imposta versata presentando una dichiarazione integrativa a favore, in quanto, secondo l’Agenzia, mancano i presupposti per poter presentare la dichiarazione integrativa, non ravvisandosi alcun errore od omissione cui rimediare con riferimento all’anno di emissione della fattura originaria.

Per di più, non sarebbe nemmeno possibile sostenere che la mancata emissione della nota di variazione sia stato un errore commesso dal contribuente, che possa essere corretto; ciò in quanto l’emissione di una nota di variazione in diminuzione è una facoltà concessa al contribuente, cui lo stesso può rinunciare, e non un obbligo.

L’Agenzia conclude poi con un principio, secondo cui l’emissione di una nota di variazione produce effetti diversi dalla dichiarazione integrativa: mentre la prima assicura che sia rispettato il principio di neutralità dell’Iva, la dichiarazione integrativa consente il solo recupero dell’imposta versata in misura superiore, ma non anche il riversamento da parte di chi l’ha detratta.

Fonte “Il sole 24 ore”