Il sequestro penale di stipendi e pensioni è subordinato alle limitazioni previste in caso di pignoramento civile. A precisarlo è la Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza 14606/2019.
A un imprenditore indagato per omesso versamento Iva venivano sequestrate preventivamente somme depositate sul proprio conto.
L’interessato, ritenendo applicabile le regole del codice di procedura civile sul pignoramento, ne chiedeva la restituzione evidenziando che si trattava di stipendi. Infatti a norma dell’articolo 545 del codice di procedura civile le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute per licenziamento e pensione, nel caso di accredito sul conto intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento. Se invece l’accredito è stato eseguito alla data del pignoramento o successivamente, le somme possono essere pignorate nei limiti previsti da altre norme (variabili da un quinto alla metà). La richiesta di dissequestro era respinta e l’interessato ricorreva per Cassazione.
Evidenziava, tra l’altro, che il divieto di sequestro delle somme in argomento costituiva regola generale dell’ordinamento processuale, finalizzata alla tutela di un diritto fondamentale garantito dall’articolo 2 della Costituzione. Detto limite opererebbe non soltanto in caso di sequestro presso il datore di lavoro obbligato alla corresponsione, ma anche in caso di versamento con accredito bancario, senza che possa opporsi l’intervenuta “confusione” nel patrimonio dell’interessato allorquando – come nella specie – fosse stata fornita prova documentale della provenienza.
La Cassazione ha accolto il ricorso rilevando che nonostante l’articolo 545 faccia riferimento al pignoramento, le regole previste devono ritenersi espressione di un principio generale sicché deve farsene applicazione anche con riguardo al sequestro penale e, segnatamente, quello preventivo.
Secondo i giudici, non sarebbe ragionevole ritenere in questo campo applicabile l’opposto principio secondo cui, una volta versati sul conto del debitore gli emolumenti si confondono nel patrimonio perdendo la loro natura alimentare.
La sentenza enuncia così il principio di diritto secondo cui il sequestro preventivo non può essere eseguito su somme corrispondenti al triplo della pensione sociale giacenti sul conto del destinatario della misura, se tali somme sono riconducibili a emolumenti corrisposti nell’ambito del rapporto di lavoro o d’impiego.
Fonte “Il sole 24 ore”