Per le vendite online l’obbligo varia con la destinazione

Esclusi i casi di commercio elettronico indiretto non soggetti a fattura
Nelle vendite on-line gli adempimenti sono differenti a seconda della destinazione dei beni e della residenza del cliente. Per le cessioni oltre confine sarebbe però opportuno un intervento delle Entrate per chiarire gli obblighi di fatturazione e di compilazione dell’esterometro.
La disciplina Iva delle vendite a distanza si applica anche a quelle effettuate tramite siti web a condizione che il cliente sia un soggetto privato (o comunque che agisce in quanto tale) e che il trasporto della merce sia eseguito direttamente a cura del fornitore o per suo conto.
Le cessioni di questo tipo effettuate da residenti o stabiliti in Italia, con consegna nel territorio dello Stato, non sono soggette all’obbligo di fatturazione (articolo 22 del Dpr 633/1972) e nemmeno a quello di certificazione dei corrispettivi (articolo 2, lettera oo), del Dpr 696/1996). Infatti, come anche confermato dalle Entrate con la risoluzione 274/E del 2009, le operazioni di commercio elettronico indiretto sono assimilabili, ai fini Iva, alle vendite per corrispondenza. Data l’assenza della fattura, il problema esterometro non si dovrebbe quindi porre, senza necessità d’indagare la “nazionalità” dell’acquirente.
Quando invece il cliente chiede il documento, bisogna distinguere. Se risulta residente in Italia, viene meno lo stesso presupposto dell’esterometro. Invece, in presenza di un cliente non residente (come nel caso di un francese che dispone di una casa di villeggiatura in Italia dove si fa spedire i beni) e di documento in formato cartaceo, l’operazione andrebbe nella nuova comunicazione. In quest’ultimo caso, la fattura dovrebbe riportare l’indirizzo (estero) di residenza dichiarato in fase di acquisto dal cliente, mentre quello italiano rappresenta solo il luogo di consegna dei beni.
Quanto fin qui argomentato vale anche per le operazioni riconducibili alle vendite a distanza verso altri Paesi Ue “entro soglia”, ossia con applicazione dell’Iva nazionale. Quando invece le cessioni superano la soglia fissata dallo Stato di destinazione del bene, oppure in caso di opzione, si tratta di una cessione non imponibile (articolo 41, comma 1, lettera b), del Dl 331/1993) e, in caso di cessionario non residente in Italia, ci si deve chiedere se vada emessa fattura elettronica o cartacea. Due, infatti, sono le possibilità. Se si considera la vendita come frazionata in una cessione intracomunitaria “assimilata” (verso la propria posizione Iva accesa in precedenza nel Paese di destinazione) e una cessione locale, allora si potrebbe concludere per la possibilità della fattura elettronica e l’esclusione dell’operazione dall’esterometro. Se si propende, invece, per la tesi della (unitaria) cessione intracomunitaria, come potrebbe desumersi dalla circolare 13/1994, tassata a destino attraverso l’intervento della propria posizione Iva locale, allora la fattura sarebbe “naturalmente” cartacea (il cliente, in effetti, è un non residente) con obbligo di compilazione dell’esterometro. A ogni modo, va redatto anche l’Intrastat.
Quando i beni sono inviati in territori extraUe, l’operazione non deve essere riepilogata nell’esterometro tutte le volte in cui l’esportazione è “certificata” con bolletta doganale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte “Il sole 24 ore”