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Per le vendite online l’obbligo varia con la destinazione

Esclusi i casi di commercio elettronico indiretto non soggetti a fattura
Nelle vendite on-line gli adempimenti sono differenti a seconda della destinazione dei beni e della residenza del cliente. Per le cessioni oltre confine sarebbe però opportuno un intervento delle Entrate per chiarire gli obblighi di fatturazione e di compilazione dell’esterometro.
La disciplina Iva delle vendite a distanza si applica anche a quelle effettuate tramite siti web a condizione che il cliente sia un soggetto privato (o comunque che agisce in quanto tale) e che il trasporto della merce sia eseguito direttamente a cura del fornitore o per suo conto.
Le cessioni di questo tipo effettuate da residenti o stabiliti in Italia, con consegna nel territorio dello Stato, non sono soggette all’obbligo di fatturazione (articolo 22 del Dpr 633/1972) e nemmeno a quello di certificazione dei corrispettivi (articolo 2, lettera oo), del Dpr 696/1996). Infatti, come anche confermato dalle Entrate con la risoluzione 274/E del 2009, le operazioni di commercio elettronico indiretto sono assimilabili, ai fini Iva, alle vendite per corrispondenza. Data l’assenza della fattura, il problema esterometro non si dovrebbe quindi porre, senza necessità d’indagare la “nazionalità” dell’acquirente.
Quando invece il cliente chiede il documento, bisogna distinguere. Se risulta residente in Italia, viene meno lo stesso presupposto dell’esterometro. Invece, in presenza di un cliente non residente (come nel caso di un francese che dispone di una casa di villeggiatura in Italia dove si fa spedire i beni) e di documento in formato cartaceo, l’operazione andrebbe nella nuova comunicazione. In quest’ultimo caso, la fattura dovrebbe riportare l’indirizzo (estero) di residenza dichiarato in fase di acquisto dal cliente, mentre quello italiano rappresenta solo il luogo di consegna dei beni.
Quanto fin qui argomentato vale anche per le operazioni riconducibili alle vendite a distanza verso altri Paesi Ue “entro soglia”, ossia con applicazione dell’Iva nazionale. Quando invece le cessioni superano la soglia fissata dallo Stato di destinazione del bene, oppure in caso di opzione, si tratta di una cessione non imponibile (articolo 41, comma 1, lettera b), del Dl 331/1993) e, in caso di cessionario non residente in Italia, ci si deve chiedere se vada emessa fattura elettronica o cartacea. Due, infatti, sono le possibilità. Se si considera la vendita come frazionata in una cessione intracomunitaria “assimilata” (verso la propria posizione Iva accesa in precedenza nel Paese di destinazione) e una cessione locale, allora si potrebbe concludere per la possibilità della fattura elettronica e l’esclusione dell’operazione dall’esterometro. Se si propende, invece, per la tesi della (unitaria) cessione intracomunitaria, come potrebbe desumersi dalla circolare 13/1994, tassata a destino attraverso l’intervento della propria posizione Iva locale, allora la fattura sarebbe “naturalmente” cartacea (il cliente, in effetti, è un non residente) con obbligo di compilazione dell’esterometro. A ogni modo, va redatto anche l’Intrastat.
Quando i beni sono inviati in territori extraUe, l’operazione non deve essere riepilogata nell’esterometro tutte le volte in cui l’esportazione è “certificata” con bolletta doganale.
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Che cosa fare se il fornitore manda l’Xml via Pec

I forfettari possono emettere fatture cartacee o elettroniche anche alternando documenti di un tipo e dell’altro (risposta 2.28 delle Entrate al Consiglio nazionale commercialisti). Possono mantenere o meno un’unica numerazione progressiva (Faq 33 sul sito dell’Agenzia), senza dotarsi di sezionali per la registrazione.
Sotto il profilo passivo, le fatture cartacee ricevute sono conservate come tali. Per le fatture elettroniche, occorre invece distinguere.
Il provvedimento 89757/2018 prevede che le fatture Xml (con codice destinatario “a sette zeri”) nei confronti di un forfettario sono messe a disposizione nella sua area riservata, circostanza di cui è data notizia al cliente anche mediante consegna di copia analogica della fattura (punto 3.4, lettera d). In tal caso, il cliente conserva tale copia. Qualora non si disponga del documento cartaceo, posto l’obbligo di conservare le fatture ricevute, il forfettario dovrà scaricarne dal sito dell’Agenzia una copia “leggibile” e conservarla su carta (a meno che non scelga la conservazione sostitutiva, anche avvalendosi del servizio delle Entrate).
Questa procedura presuppone però che il forfettario comunichi il proprio “status” al fornitore (adempimento quanto mai opportuno). In mancanza, il cedente/prestatore procederà come quando si emette il documento conoscendo solo la partita Iva del cliente: emissione della fattura con codice “a sette zeri”, trasmissione allo Sdi, messa a disposizione nell’area riservata, comunicazione della disponibilità della fattura nell’area sul sito dell’agenzia, da eseguirsi (preferibilmente) anche mediante consegna di copia analogica della fattura elettronica (punto 3.4, lettera e).
La conservazione segue le stesse regole. In entrambe le ipotesi, considerato che la copia analogica della fattura potrebbe essere resa disponibile dopo l’effettuazione dell’operazione, è bene che l’operatore “visiti” periodicamente la propria area riservata. E ciò, anche perché sussistono comunque gli obblighi di regolarizzazione ex articolo 6, comma 8, Dlgs 471/97, in caso di mancata ricezione della fattura o di ricezione di fattura irregolare.
Diverso è il caso in cui il forfettario comunichi al cedente/prestatore una Pec o un codice destinatario, così come il caso in cui il cessionario/committente abbia registrato il proprio indirizzo telematico alle Entrate: tutte ipotesi in cui è evidente che il forfettario intende comportarsi come un “normale” soggetto passivo, ai fini della ricezione/conservazione elettronica dell’e-fattura.
E se il fornitore acquisisce autonomamente la Pec del cliente forfettario? Potrebbe trasmettere l’e-fattura a tale indirizzo e, se la trasmissione ha esito positivo, non effettuare alcuna comunicazione al cliente. Nella risposta 3.6 sul sito del Consiglio nazionale commercialisti, le Entrate sembrano ammettere (anche se non proprio limpidamente) che, in quest’ipotesi, la fattura possa essere conservata dal forfettario in modalità cartacea. Il che, tuttavia, per le ragioni già esposte, presuppone un monitoraggio costante della casella Pec.
© RIPRODUZIONE RISERVATA “Il sole 24 ore”
Matteo Balzanelli
Massimo Sirri

E-fattura negli appalti Pa, poco spazio agli esoneri per il nuovo standard Ue

La pubblicazione del Dlgs 148/2018 (attuativo della direttiva Ue 2014/55) in «Gazzetta Ufficiale» segna il via allo standard europeo per la fattura elettronica negli appalti pubblici, a partire dal 18 aprile 2019, senza però interferire sulla disciplina Iva applicabile alle transazioni interessate, ma determinando ulteriori peculiarità al variegato sistema della fatturazione elettronica.

Le stazioni appaltanti dovranno pertanto ricevere ed elaborare fatture elettroniche conformi allo standard europeo per gli acquisti relativi a beni, servizi e lavori previsti nell’ambito del codice dei contratti pubblici. In particolare sono soggetti al rispetto dell’obbligo le stazioni appaltanti (articolo 1, comma 1, Dlgs 50/2016), nonché alle pubbliche amministrazioni (articolo 1, comma 2, della legge 196/2009). Quindi, in sostanza, non parrebbero sussistere esoneri soggettivi e dovranno adeguarsi tutti i soggetti tenuti all’osservanza delle procedure di acquisto stabilite dal Codice dei contratti pubblici secondo le relative definizioni di «amministrazioni aggiudicatrici», «autorità governative centrali», «amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali», «organismi di diritto pubblico» ed «enti aggiudicatori». È tuttavia previsto il differimento di decorrenza dell’obbligo al 18 aprile 2020, per le amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali, cioè le amministrazioni aggiudicatrici che non sono autorità governative centrali e non rientrano nelle altre categorie previste dal codice di cui sopra e menzionata dall’articolo 2 del Dlgs 148/2018.

Invece, dal punto di vista oggettivo, sono escluse dall’applicazione delle nuove regole le fatture elettroniche emesse in esecuzione di contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della direttiva 2009/81/Ce.
Le fatture elettroniche “europee” dovranno risultare conformi a specifici requisiti:
•rispettare la Core invoice usage specification (Cius) per il contesto nazionale italiano (standard europeo En 16931-1:2017);
•integrarsi con la disciplina tecnica contenuta nel decreto 55/2013 in materia di fatturazione elettronica obbligatoria verso la Pa (articolo 1, comma 213, della legge 244/2007) e mantenere il flusso sulla base del Sistema d’interscambio (Sdi).

Entro il 3 marzo 2019, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, presso Agid è prevista la costituzione di un tavolo tecnico che si occupi dell’attuazione degli obblighi attraverso:
•l’aggiornamento delle regole tecniche esistenti nella disciplina della fatturaPa e delle modalità applicative e monitoraggio della corretta applicazione delle stesse;
•valutazioni degli impatti per la pubblica amministrazione e di quelli riflessi per gli operatori economici;
•raccordo e coinvolgimento, fin dalla fase di definizione, di tutte le iniziative legislative ed applicative in materia di fatturazione e appalti elettronici.

Le disposizioni in materia di fatturazione elettronica europea non potranno comunque costituire pregiudizio per l’applicazione delle disposizioni in materia di Iva adottate in attuazione della disciplina armonizzata vigente nella Ue.

Fonte “Il sole 24 ore”

Esportazioni, visto doganale sulla copia cartacea della fattura

Sufficiente la vidimazione «fisica» del documento che viene trasmesso allo Sdi
Nelle cessioni triangolari all’esportazione, il primo cedente nazionale deve emettere fattura elettronica nei confronti del promotore dell’operazione, anch’esso nazionale, mentre tale soggetto continua a emettere fattura cartacea al proprio cliente extracomunitario, destinatario dei beni al di fuori dell’Ue. Ma come si coordina la e-fattura con il regime delle prove dell’uscita dei beni dal territorio comunitario?
La prova dell’esportazione (alla base del regime di non imponibilità Iva) va fornita da ambedue gli operatori nazionali, ossia dal primo cedente (IT1) e dal cessionario/secondo cedente (IT2). Mentre per quest’ultimo soggetto – che è il vero esportatore – la prova è rappresentata dal messaggio elettronico «risultati di uscita», registrato sul sistema doganale Aida, per il primo operatore, come confermato al paragrafo 4 della nota delle dogane 3945/2007, restano invariate le modalità ordinarie e, quindi, è necessaria l’apposizione del visto doganale sulla fattura presentata all’atto dell’esportazione e la successiva integrazione con la menzione dell’uscita dei beni dal territorio dell’Ue.
Al posto dell’integrazione, il primo fornitore può esibire copia del documento doganale d’esportazione, intestato al promotore e contenente il riferimento alla triangolazione, unitamente alla stampa del messaggio di uscita; procedura che, però, presenta possibili problemi di riservatezza, visto che IT1 verrebbe a conoscenza del destinatario dell’esportazione (il cliente di IT2). In ogni caso, entrambi i procedimenti prevedono la presentazione in dogana della fattura del primo cedente il quale, tuttavia, dal primo gennaio, può presentare solamente una copia cartacea della fattura elettronica, copia che, però, non è la vera fattura che è quella in formato elettronico.
Per superare la problematica, è sufficiente estendere il concetto di documento utile quale prova dell’esportazione. Ammettere che la vidimazione della copia cartacea della fattura, trasmessa elettronicamente allo Sdi, equivale all’apposizione del visto sulla fattura (così come è stato fino a tutto il 31 dicembre 2018), non significa altro che aggiornare le istruzioni dell’amministrazione finanziaria. Si tratterebbe di estendere la valenza giuridica di tale documento, già riconosciuta nelle risposte alle Faq con riguardo alle copie delle fatture elettroniche ai condomini o agli enti non commerciali senza partita Iva, seppur al solo scopo di validare la procedura d’esportazione. Fermo restando che, in caso di discordanza fra i dati della fattura elettronica e della copia cartacea,prevalgono i primi.
Nella stessa logica, se la dogana appone il visto sulla copia cartacea di una fattura che risulti scartata dallo Sdi, al fine di attribuire valenza alla vidimazione del documento nell’ottica della prova dell’esportazione, è sufficiente che la fattura successivamente ritrasmessa al sistema (nei cinque giorni dallo scarto) ed emendata dell’errore che ha determinato il rifiuto, risulti conforme alla copia presentata in dogana.
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Matteo Balzanelli
Massimo Sirri

La fattura elettronica «aggiorna» i registri Iva

di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware

È stato un inizio d’anno duro per tutti. Per soggetti passivi Iva fatturanti che hanno dovuto cambiare abitudini e logiche consolidate da anni, per i loro consulenti che li hanno supportati in questa innovazione epocale, per le software house che hanno dovuto realizzare nuove piattaforme, e sicuramente ancor di più per i tecnici dell’agenzia delle Entrate e di Sogei, che hanno dovuto gestire un sistema molto complesso che da un giorno all’altro è stato letteralmente investito da milioni di fatture. Ed è stato ancora più duro per coloro che contavano su una possibile proroga, che hanno dovuto formarsi e attrezzarsi in pochi giorni, su un argomento che di semplice ha davvero poco.

Gli effetti dei ritardi con cui alcuni operatori hanno affrontato la problematica e la necessità di una messa a punto dei sistemi, li subiremo sicuramente ancora per qualche mese, però oramai il dado è tratto e indietro sicuramente non si torna più.

Tra gli argomenti che si stanno iniziando ad affrontare in questi giorni, in vista del cambio delle regole di emissione delle fatture che entreranno in vigore dal 1° luglio 2019 e di annotazione delle fatture stesse sui registri Iva, vi è quello di una rivisitazione dei registri Iva che potrebbe essere necessaria non tanto ai fini del mero espletamento degli obblighi di legge, quanto per consentire ai soggetti passivi Iva di verificare in modo più efficace i dati in essi presenti.

Di seguito proviamo a sintetizzare – distintamente per le fatture emesse e per le fatture di acquisto ricevute – le nuove regole stabilite dalla legge Iva in tema di annotazione sui registri Iva, con alcune esemplificazioni utili a inquadrare meglio alcuni degli scenari che stiamo per affrontare.

Registrazione delle fatture emesse
La registrazione delle fatture emesse è disciplinata dall’articolo 23 del Dpr 633/1972, come recentemente modificato dall’articolo 12 del Dl 119/2018.
La novità più importante che è stata introdotta è la possibilità di annotare tutte le fatture emesse entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni, con riferimento al mese stesso di effettuazione delle operazioni.
In altre parole viene meno il precedente obbligo di annotare le fatture entro 15 giorni dalla loro emissione, ma si può godere di un più ampio intervallo temporale, purché si rimanga nel limite del giorno 15 del mese successivo.

La seconda novità, prevista dall’articolo 11 del Dl 119/2018 a partire dal 1° luglio 2019, è la possibilità di emettere la fattura entro 10 giorni dall’effettuazione dell’operazione, indicando all’interno della stessa – ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera g-bis), del Dpr 633/1972 – la data in cui é stata effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in cui è stato corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempre che tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura.

Alla luce di ciò, proviamo a fare un esempio pratico, con riferimento ad alcune fatture emesse da un soggetto passivo con periodicità mensile, nel corso del mese di luglio e del mese di agosto:
•fattura n.1, effettuazione dell’operazione ed emissione in data 1 luglio 2019;
•fattura n.2, effettuazione dell’operazione in data 31 luglio 2019 ed emissione in data 10 agosto 2019
•fattura n.3, differita con Ddt di luglio (con riferimento all’effettuazione), emissione in data 12 agosto 2019.

Partiamo dalla fattura n.2, sulla quale va fatta una riflessione preliminare e specifica, perché l’attuale norma (articolo 21, comma 2, lettera g-bis, del Dpr 633/1972) prevede l’indicazione, all’interno della fattura, della data in cui é effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero della data in cui é corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, quando tale data è diversa dalla data di emissione della fattura.

Poiché l’indicazione di una doppia data all’interno della fattura risulta oltremodo complessa da gestire, AssoSoftware ha proposto – nel corso di un confronto avvenuto nel mese di dicembre all’interno del Forum della fatturazione elettronica – la soluzione più semplice di utilizzare la data documento quale data di effettuazione dell’operazione, proposta che è stata condivisa e accettata e da tutti gli stakeholders partecipanti e che si auspica possa trovare conferma in una modifica dell’attuale articolo 21 del Dpr 633/1972, entro il 30 giugno 2019.
Se così sarà, la fattura n.2 dovrà essere di fatto datata 31 luglio 2019, con competenza Iva nel mese di luglio, ancorché emessa (ossia trasmessa) in data 10 agosto 2019. Quest’ultima data la si ritroverà esclusivamente nella ricevuta rilasciata dallo Sdi. L’annotazione della fattura sul registro Iva potrà essere fatta con data registrazione compresa tra il 10 agosto 2019 e il 15 agosto 2019, ossia pari o successiva alla data di trasmissione ovvero pari o precedente alla data limite di annotazione del 15 agosto 2019.

Per quanto riguarda le fatture n.1 e n.3, entrambe hanno quale competenza Iva il mese di luglio:
•la fattura n.1 dovrà essere annotata sul registro Iva con data registrazione compresa tra il 01 luglio 2019 e il 15 agosto 2019;
•fattura n.3 differita dovrà necessariamente essere datata successivamente all’ultimo Ddt prodotto (i cui estremi vanno riportati nel documento xml) ed entro la data di trasmissione del 12 agosto 2019 (ad esempio 31 luglio 2019) e annotata con data compresa tra il 12 agosto 2019 e il 15 agosto 2019.

Quindi tutte e tre le fatture confluiranno nella liquidazione del mese di luglio, ancorché siano state emesse sia nel mese di luglio (la n.1) che nel mese di agosto (la n.2. e la n.3).
Registrazione degli acquisti

La registrazione degli acquisti è disciplinata dall’articolo 25 del Dpr 633/1972, come modificato dall’articolo 13 del Dl 119/2018. La novità più rilevante è l’abrogazione – a partire dal 1° gennaio 2019 – dell’obbligo di protocollazione delle fatture, sia di quelle elettroniche che di quelle cartacee che possono continuare a essere emesse da alcune categorie di soggetti minori.

Ne consegue che nel registro Iva degli acquisti le fatture possono essere registrate in qualsiasi ordine, purché l’annotazione preceda comunque il momento della detrazione.
Va poi ricordato che l’articolo 14 del Dl 119/2018, nel modificare l’articolo 1, comma 1, del Dpr 100/1998, ha aggiunto il seguente periodo: «Entro il medesimo termine di cui al periodo precedente può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi a operazioni effettuate nell’anno precedente».

Ne consegue che il diritto alla detrazione spetta ora anche per le fatture di acquisto registrate entro il giorno 15 del mese successivo, con riferimento alla data di effettuazione dell’operazione, che di fatto coincide con la data del documento. Per poter fruire della detrazione e per poter essere annotata, la fattura deve comunque essere nella disponibilità dell’acquirente. Il contribuente, qualora richiesto dagli organi dell’Amministrazione finanziaria, deve fornire gli elementi in base ai quali ha operato la liquidazione periodica.
Dal punto di vista operativo, il risultato è di fatto analogo a quello sopra esemplificato per le fatture emesse, con in più però la variabile del tempo di recapito da parte dello Sdi, che dovrebbe essere contenuto in un massimo di 5 giorni.

Alla luce di ciò, proviamo anche in questo caso a fare un esempio pratico, con riferimento ad alcune fatture di acquisto ricevute da un soggetto passivo con periodicità mensile, nel corso del mese di ottobre e di novembre:
•fattura n.1, datata 1 ottobre 2019 con riferimento al momento di effettuazione, ricevuta e annotata sul registro Iva nella medesima data;
•fattura n.2, datata 31 ottobre 2019 con riferimento al momento di effettuazione, emessa (ossia trasmessa) il 10 novembre 2019, ricevuta e annotata sul registro Iva il 12 novembre 2019;
•fattura n.3, differita con Ddt di ottobre, datata 31 ottobre 2019, emessa il 12 novembre 2019, ricevuta e annotata sul registro Iva il 15 novembre 2019.

Poiché tutte e tre le fatture sono state ricevute entro il 15 novembre 2019 e tutte e tre hanno una data documento (ossia di effettuazione) compresa nel mese di ottobre, esse confluiranno nella liquidazione del mese di ottobre, ancorché siano state emesse sia nel mese di ottobre (la n.1) che nel mese di novembre (la n.2. e la n.3).

Le totalizzazioni
Cambiano le regole e probabilmente in qualche caso dovrà cambiare anche un po’ l’esposizione sui registri Iva. Ad esempio, a livello di riepilogo sui registri Iva, potrebbe risultare utile effettuare due tipologie di totalizzazioni:
•una totalizzazione per data di registrazione, utile ai fini contabili e gestionali;
•una totalizzazione per data documento, che è quella di riferimento ai fini dell’esigibilità, ossia della competenza Iva, in coerenza con le regole della liquidazione Iva.
In realtà molti software evidenziano già ora, in riepiloghi separati, le fatture di competenza del mese precedente, tuttavia sarà forse opportuno fare uno sforzo ulteriore e riepilogare nel mese precedente anche le fatture del mese successivo.

Ciò è sicuramente possibile, dal momento in cui la produzione del registro Iva quale documento informatico avviene normalmente in un unico momento, a fine anno ovvero entro il termine di tre mesi dal termine di trasmissione della dichiarazione dei redditi di competenza del periodo d’imposta interessato.

Tuttavia prima di effettuare qualsiasi modifica, le software house – come sempre supportate da AssoSoftware – attenderanno l’effettiva modifica dell’articolo 21 del Dpr 633/1972 e, dopo essersi confrontate sugli aspetti normativi, concorderanno ciascuna con i propri clienti le modifiche più utili da effettuare, stante che comunque l’ipotesi di una stampa minimale dei soli dati previsti dagli articoli 23 e 25 del Dpr 633/1972 in molti casi rimarrà la scelta migliore da fare.

Rimedi difficili per l’invio errato a un codice destinatario valido

L’errata indicazione dell’indirizzo telematico nel tracciato Xml può determinare lo scarto della fornitura da parte dello Sdi oppure, in alcuni casi, la trasmissione della fattura elettronica al soggetto sbagliato.

È questo quello che emerge dai primi giorni di operatività del nuovo sistema di trasmissione elettronica delle fatture attraverso lo Sdi. Una situazione che solleva, in particolare nel caso di trasmissione della fattura ad un soggetto sbagliato, non pochi interrogativi in termini di riservatezza delle informazioni e di procedura di regolarizzazione.

Lo Sdi non effettua analisi di merito sui dati inseriti nel file Xml della fattura, controllando esclusivamente l’avvenuta compilazione dei campi obbligatori ai fini della disciplina Iva. Gli unici controlli sostanziali effettuati dal sistema sono quelli sull’esistenza del codice fiscale e della partita Iva dei soggetti coinvolti nella transazione (attraverso una verifica di presenza nell’anagrafe tributaria) e sull’esistenza del codice destinatario del soggetto ricevente, laddove sia stato indicato nell’apposto campo del file Xml.

Questo significa che, se da un lato l’indicazione di un codice destinatario errato (vuoi perché erroneamente registrato in anagrafica, vuoi perché erroneamente comunicato dal cliente) determina lo scarto della fattura da parte dello Sdi, dall’altro l’errata indicazione di un codice destinatario valido determina invece la consegna della fattura al soggetto sbagliato. Quest’ultimo si limiterà con tutta probabilità semplicemente a cestinare la fattura, non avendo peraltro alcuna informazione immediata (indirizzo email, Pec) all’interno del tracciato Xml che gli permetta di contattare il soggetto trasmittente, che non avrà quindi modo di rendersi conto dell’errore, oppure lo scoprirà quando la fattura andrà insoluta, non avendo il cliente ricevuto la fattura. C’è però un altro aspetto ancor più sensibile: la riservatezza dei dati contenuti nella fattura consegnata all’indirizzo telematico sbagliato.

Sul piano, poi, della regolarizzazione della fattura inviata e ricevuta da un soggetto sbagliato, è chiaro che l’emittente, nel momento in cui si avvede dell’errore, vuoi per controlli interni, vuoi perché il cliente non paga, dovrà intervenire sulla precedente fattura emessa, senza variare ovviamente i termini di liquidazione dell’imposta, che deve seguire necessariamente l’effettuazione dell’operazione. Pertanto, quello che si ritiene possibile (anche perché la fattura è stata messa a disposizione nell’area riservata del cliente effettivo) è una comunicazione al cliente effettivo con cui si spiega l’errore e si rende noto che la fattura è a disposizione nell’area riservata. Inoltre, in relazione al soggetto che erroneamente ha ricevuto il documento (quando sarà possibile identificarlo), sarà necessario formalizzare, non tramite Sdi, l’errore al solo fine di lasciare agli atti di entrambi che il documento è stato ricevuto per un semplice errore di trasmissione.

Le riflessioni appena fatte danno quindi ancor più rilevanza alla possibilità fornita dall’agenzia delle Entrate di registrare l’indirizzo telematico attraverso il servizio web disponibile sul portale «Fatture e corrispettivi». In tal caso, infatti, lo Sdi invierà tutte le fatture all’indirizzo pre-registrato, indipendentemente dalla Pec o dal codice destinatario indicato nel file Xml della fattura, minimizzando pertanto non solo il rischio di scarto della fattura, ma anche il rischio che per errore la fattura venga trasmessa ad un soggetto sbagliato.

 Fonte “Il sole 24 ore”

CED, il difficile incrocio tra licenze software e scarico massivo e-fatture

Autore: Sandra Pennacini di Fiscalfocus
Talune strutture, ovvero i CED privi credenziali Entratel, in quanto non rientranti nei soggetti incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni di cui all’articolo 3, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, con l’avvento dell’obbligo di fatturazione elettronica stanno incontrando diverse difficoltà nel strutturare il flusso logico / pratico per l’elaborazione delle contabilità.

Primariamente occorre ricordare che al servizio di “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici”, il contribuente può delegare esclusivamente un intermediario, intendendosi come tale solo un soggetto incaricato della trasmissione telematica delle dichiarazioni, di cui all’articolo 3, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 (Provv. Prot. n.291241/2018).

Esiste quindi una differenza basilare tra la delega alla consultazione ed acquisizione delle fatture elettroniche (aspetto passivo) e la diversa delega alla gestione della fatturazione attiva (e conservazione digitale). La prima, infatti, è come si è detto riservata ad un intermediario abilitato alla trasmissione dei dichiarativi, la seconda invece è libera da tale restrizione.

Gli intermediari articolo 3 comma 3 D.P.R. 322/1998
Diviene quindi fondamentale richiamare brevemente quali sono gli intermediari di cui all’art. 3 c. 3 del 322/1998 e successivi provvedimenti intervenuti.

Ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro (e le Società tra professionisti iscritte all’albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nonché le Società tra professionisti iscritte all’albo dei Consulenti del Lavoro);
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell’articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, tra i quali diversi soggetti PA, ma anche gli iscritti negli albi dei dottori agronomi e dei dottori forestali, degli agrotecnici e dei periti agrari e coloro che esercitano abitualmente l’attività di consulenza fiscale. Ed ancora, i notai iscritti nel ruolo indicato nell’articolo 24 della Legge 16 febbraio 1913, n. 89. A questi si sono inoltre aggiunti, ma con esclusivo riferimento alla trasmissione telematica della dichiarazione di successione e domanda di volture catastali gli iscritti all’albo professionale dei geometri e dei geometri laureati e gli iscritti all’albo professionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati, in possesso di specializzazione in edilizia, anche riuniti in forma associativa, gli iscritti all’albo degli Ingegneri, gli iscritti all’albo degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori con il titolo di “Architetto” o “Architetto iunior” e le agenzie che svolgono, per conto dei propri clienti, attività di pratiche amministrative presso amministrazioni ed enti pubblici, purché titolari di licenza rilasciata ai sensi dell’art. 115 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza. Vi sono, ancora, autorizzazioni specifiche anche in ambito di trasmissione telematica delle dichiarazioni e dei contratti di locazione e di affitto da sottoporre a registrazione, nonché di esecuzione telematica dei pagamenti, concesse agli gli iscritti all’albo professionale dei Geometri e Geometri laureati, anche riuniti in forma associativa o tramite società tra professionisti iscritte al medesimo albo, agli iscritti all’albo degli Ingegneri e all’Albo degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e Agenzie di pratiche amministrative.

Il CED privo di requisiti
Tornando al punto in esame, ovvero il rapporto CED / accesso alle fatture passive del contribuente, il passaggio dell’abilitazione Entratel, o per meglio dire il riconoscimento di soggetto rientrate tra quelli di cui all’articolo 3 comma 3 del DPR 322/1998 risulta fondamentale.
Laddove il CED sia esercitato sotto forma di ditta individuale, non avente i requisiti per essere riconosciuto come intermediario abilitato, non vi sarà modo di essere delegati.

Laddove, invece, il CED sia costituito sotto forma societaria, può venire in soccorso la disposizione di cui al D.M. 18 febbraio 1999, Ministero delle Finanze, che ha riconosciuto la qualifica di “altri incaricati della trasmissione” anche alle società, a condizione che l’abilitazione al servizio telematico sia richiesta a nome di uno dei soggetti indicati all’art. 3, comma 3, lettere a) e b), del Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e più precisamente: alle associazioni e le società semplici costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni in cui almeno la metà degli associati o dei soci è costituita da soggetti indicati all’art. 3 comma 3, lettere a) e b), del citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 ed alle società commerciali di servizi contabili le cui azioni o quote sono possedute per più della metà del capitale sociale da soggetti indicati all’art. 3, comma 3, lettere a) e b), del citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998.

Quindi, un centro di elaborazione dati, posseduto per più della metà del capitale sociale da soggetti aventi le caratteristiche per essere considerati “intermediario abilitato”, può a sua volta rivestire tale qualifica. Ciò che rileva è la partecipazione posseduta dal soggetto qualificante. Non potrà, quindi, richiedere abilitazione Entratel un CED che veda il soggetto qualificante quale socio di minoranza, anche laddove lo stesso fosse altresì amministratore.

La gestione del flusso telematico – il software
Nell’ipotesi in cui sia il CED ad essere intestatario delle licenze software per l’importazione massiva del flusso passivo dei contribuenti per conto dei quali cura l’elaborazione dati, e tale CED non riesca ad ottenere lo “status” di intermediario abilitato (in quanto ditta individuale non avente i requisiti, o società non avente quale socio di maggioranza un soggetto avente i requisiti), come si potrà operare?

Per rispondere alla domanda occorre innanzi tutto capire quale software si utilizza, o meglio quale metodologia di dialogo informatico sia in uso tra CED e contribuente. Infatti, molte sono le software house che – previa adesione al canale telematico gestito – consentono di “agganciarsi” per lo scaricamento dei dati avendo quale unica discriminante il possesso della dovuta licenza software da parte del CED e (ovviamente) il consenso del contribuente. Quello che avviene, infatti, è che il CED interroga non il “postino” SDI – che non consente accesso ai dati ai non intermediari abilitati – bensì il “sotto-postino” società fornitrice di servizi software, ed in tale ambito viene solo richiesto il permesso di accesso ai dati al contribuente interessato. Dunque, il problema in questa tipologia di infrastruttura non si pone ma, attenzione, laddove qualche documento fosse pervenuto secondo un canale diverso (es. PEC) lo stesso non sarà presente nel canale della software house, e pertanto non sarà prelevabile.

Se, invece, non si dispone di una infrastruttura del genere, ed anche se il cliente avesse intenzione di ricevere su PEC, non vi è altra alternativa che lo scaricamento massivo da Fatture e Corrispettivi (a meno che non sia il cliente stesso a fornire ogni singolo file, salvandolo all’atto di ricezione nella posta elettronica).

In questo caso, allo stato attuale, il CED privo di abilitazione Entratel non potrà far altro che appoggiarsi ad un intermediario abilitato, espressamente delegato dal contribuente, per lo scarico massivo, per poi importare i files nei propri gestionali tramite l’interfaccia prevista dal software in uso. Un’ultima alternativa potrebbe essere quella di dotare il contribuente di proprie credenziali di accesso, grazie alle quali sia il contribuente stesso ad effettuare il download massivo dei documenti, per poi trasmettere i files XML al CED per la successiva elaborazione.

Rimedi difficili per l’invio errato a un codice destinatario valido

L’errata indicazione del codice destinatario nel tracciato Xml può determinare lo scarto della fornitura da parte dello Sdi oppure, in alcuni casi, la trasmissione della fattura elettronica al soggetto sbagliato.
È questo quello che emerge dai primi giorni di operatività del nuovo sistema di trasmissione elettronica delle fatture attraverso lo Sdi. Una situazione che solleva, in particolare nel caso di trasmissione della fattura ad un soggetto sbagliato, non pochi interrogativi in termini di riservatezza delle informazioni e di procedura di regolarizzazione.
Lo Sdi non effettua analisi di merito sui dati inseriti nel file Xml della fattura, controllando esclusivamente l’avvenuta compilazione dei campi obbligatori ai fini della disciplina Iva. Gli unici controlli sostanziali effettuati dal sistema sono quelli sull’esistenza del codice fiscale e della partita Iva dei soggetti coinvolti nella transazione (attraverso una verifica di presenza nell’anagrafe tributaria) e sull’esistenza del codice destinatario del soggetto ricevente, laddove sia stato indicato nell’apposto campo del file Xml.
Questo significa che, se da un lato l’indicazione di un codice destinatario errato (vuoi perché erroneamente registrato in anagrafica, vuoi perché erroneamente comunicato dal cliente) determina lo scarto della fattura da parte dello Sdi, dall’altro l’errata indicazione di un codice destinatario valido determina invece la consegna della fattura al soggetto sbagliato. Quest’ultimo si limiterà con tutta probabilità semplicemente a cestinare la fattura, non avendo peraltro alcuna informazione immediata (indirizzo email, Pec) all’interno del tracciato Xml che gli permetta di contattare il soggetto trasmittente, che non avrà quindi modo di rendersi conto dell’errore, oppure lo scoprirà quando la fattura andrà insoluta, non avendo il cliente ricevuto la fattura. C’è però un altro aspetto ancor più sensibile: la riservatezza dei dati contenuti nella fattura consegnata all’indirizzo telematico sbagliato.
Sul piano, poi, della regolarizzazione della fattura inviata e ricevuta da un soggetto sbagliato, è chiaro che l’emittente, nel momento in cui si avvede dell’errore, vuoi per controlli interni, vuoi perché il cliente non paga, dovrà intervenire sulla precedente fattura emessa, senza variare ovviamente i termini di liquidazione dell’imposta, che deve seguire necessariamente l’effettuazione dell’operazione. Pertanto, quello che si ritiene possibile (anche perché la fattura è stata messa a disposizione nell’area riservata del cliente effettivo) è una comunicazione al cliente effettivo con cui si spiega l’errore e si rende noto che la fattura è a disposizione nell’area riservata. Inoltre, in relazione al soggetto che erroneamente ha ricevuto il documento (quando sarà possibile identificarlo), sarà necessario formalizzare, non tramite Sdi, l’errore al solo fine di lasciare agli atti di entrambi che il documento è stato ricevuto per un semplice errore di trasmissione.
Le riflessioni appena fatte danno quindi ancor più rilevanza alla possibilità fornita dall’agenzia delle Entrate di registrare l’indirizzo telematico attraverso il servizio web disponibile sul portale «Fatture e corrispettivi». In tal caso, infatti, lo Sdi invierà tutte le fatture all’indirizzo pre-registrato, indipendentemente dalla Pec o dal codice destinatario indicato nel file Xml della fattura, minimizzando pertanto non solo il rischio di scarto della fattura, ma anche il rischio che per errore la fattura venga trasmessa ad un soggetto sbagliato.
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Matteo Ravera
Benedetto Santacroce

E-fattura senza dati superflui Niente invio per spese sanitarie

Via libera della Privacy: memorizzazione solo per le informazioni fiscali
Periodo transitorio fino al 2 luglio 2019 per il completo adeguamento
È un via libera condizionato quello che il Garante della privacy ha dato al sistema di fatturazione elettronica messo in piedi dall’agenzia delle Entrate. Dopo i pesanti rilievi mossi dall’Autorità circa un mese fa (si veda Il Sole 24 Ore del 17 novembre), l’e-fattura potrà dunque decollare il 1° gennaio, ma con significative correzioni concordate nel tavolo tecnico fra Garante, ministero dell’Economia, Entrate, Agid, Consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei consulenti del lavoro e Assosoftware.
Riguardo alla memorizzazione delle fatture elettroniche. Il Garante aveva rilevato che l’archiviazione di tutti i dati, compresi quelli non strettamente fiscali, era sproporzionata rispetto al pur legittimo interesse pubblico perseguito. Si rischiava, infatti, di costruire una super banca dati – nel 2017 sono state emesse circa 2,1 miliardi di fatture – con informazioni capaci di incidere sui diritti e le libertà degli interessati. La soluzione dell’Agenzia è di memorizzare l’intera fattura e di renderla disponibile sul proprio sito solo nel caso il contribuente aderisca esplicitamente al servizio di consultazione. Negli altri casi, i dati “superflui” saranno cancellati. Questa messa a punto richiederà, però, un periodo transitorio e solo dal 2 luglio 2019 potrà partire il servizio di consultazione su domanda.
Il principio di minimizzazione verrà adottato anche per i controlli automatizzati, dove si utilizzeranno solo le informazioni fiscali della e-fattura. Anche per le verifiche puntuali, che possono richiedere l’esame analitico delle fatture, si dovranno pensare nuove modalità di acquisizione dei dati, perché la memorizzazione totale del documento è comunque sproporzionata, considerato che nel 2016 e 2017 i controlli hanno riguardato poco più di centomila soggetti Iva all’anno, contro 4,7 milioni di interessati.
Un altro aspetto critico era la sicurezza dei dati. Le Entrate hanno acconsentito a studiare nuove tecniche di cifrature per proteggere il viaggio delle e-fatture sullo Sdi (il sistema di interscambio gestito dall’agenzia). Entro aprile prossimo l’agenzia dovrà fornire una nuova analisi al riguardo e sempre entro quella data dovrà predisporre una nuova valutazione d’impatto dell’intero sistema, documento previsto dal Gdpr e che – si raccomanda il Garante – va predisposta «evitando di sfruttare schemi standard e semplificazioni che rischiano di comprometterne l’efficacia».
Sempre in relazione alla tutela dei dati sensibili, nonostente l’esonero dall’invio dell’e-fattura previsto dalla conversione del Dl fiscale in caso di invio dei dati al Sistema tessera sanitaria (punto su cui interviene nuovamente anche il maxi-emendamento alla manovra), il Garante precisa a chiare lettere che l’e-fattura non va mai emessa dai soggetti che erogano prestazioni sanitarie. E sul punto sollecita l’Agenzia a dare uistruzioni in modo da evitare trattamenti di dati non linea con la privacy.
Infine, è stato affrontato il problema del ruolo degli intermediari. Con il provvedimento di metà novembre l’Authority aveva richiamato l’attenzione sull’articolato sistema di deleghe delineato dalle Entrate per consentire agli intermediari e ad altri soggetti di inviare, ricevere e conservare le e-fatture. Il tavolo di lavoro ha chiarito che chi riceve dal contribuente la delega per gestire le fatture elettroniche ha anche obblighi di protezione dei dati, poiché si configura – ai sensi della normativa sulla privacy – come responsabile o sub-responsabile del trattamento. In tal senso, il Garante ha ravvisato la non conformità al Gdpr di alcune clausole contrattuali di alcune società di software gestionali, che si riservano la possibilità anche di elaborare e utilizzare i dati delle fatture su base aggregata e previa anonimizzazione. Operazioni che vanno al di là delle finalità perseguite dalla fatturazione elettronica e che devono essere valutate con attenzione.
Fonte “Il sole 24 ore”

E-fattura al posto della ricevuta contestuale alla consegna del bene

Dal 1° gennaio 2019, se ai soggetti obbligati a certificare i corrispettivi verrà chiesto di emettere la fattura, «in sostituzione» dello scontrino o della ricevuta fiscale, l’invio della fattura elettronica allo Sdi dovrà essere contestuale alla «consegna del bene o all’ultimazione della prestazione» e non entro le ore 24 del giorno di effettuazione dell’operazione, come invece possibile per le fatture immediate non sostitutive di corrispettivi (se viene consegnato lo scontrino o la ricevuta fiscale). Un termine peraltro prorogato alla scadenza della liquidazione periodica Iva, per le operazioni effettuate nei primi sei mesi del 2019 (o fino al 30 settembre 2019 per i mensili) ovvero al decimo giorno dall’effettuazione, per quelle effettuate dal primo luglio 2019.
Si arriva a questa conclusione applicando all’e-fattura le indicazioni contenute nella circolare 4 aprile 1997, n. 97/E, paragrafo 4.3, che non aveva consentito l’emissione, entro le ore 24 del giorno stesso, delle fatture immediate «sostitutive» dei corrispettivi. Rimarrà possibile la fattura differita, se verrà consegnato lo scontrino parlante o la ricevuta fiscale.
Attualmente, il rilascio dello scontrino, della ricevuta fiscale o della fattura fiscale pre-numerata non è obbligatorio nell’ipotesi in cui per la stessa operazione sia emessa la fattura ordinaria immediata, cioè quella non fiscale pre-numerata (articolo 3, comma 2 Dpr 696/1996), la quale ha la funzione sostitutiva dei suddetti documenti fiscali che certificano i corrispettivi. Per la circolare 97/E/1997, paragrafo 4.3, però, questa sostituzione è possibile solo se la fattura ordinaria immediata viene rilasciata «contestualmente alla consegna del bene o all’ultimazione della prestazione». Questo nella «considerazione che qualora non si desse luogo all’emissione contestuale della fattura, verrebbe meno qualsiasi possibilità di controllo immediato».
Con l’avvento della fattura elettronica, i soggetti obbligati a «certificare i corrispettivi» potranno continuare a utilizzare le fatture fiscali pre-numerate solo se sono esonerati dalla e-fattura, cioè se sono minimi o forfettari. Gli altri soggetti, invece, «dovranno emettere esclusivamente fatture elettroniche via Sdi» (risposta delle Entrate alle Faq del 28 novembre 2018) e, seguendo le indicazioni della circolare 97/E/1997, queste dovranno essere rilasciate «contestualmente alla consegna del bene o all’ultimazione della prestazione».
In alternativa, potranno rilasciare subito uno scontrino o una ricevuta fiscale e successivamente emettere la fattura elettronica immediata (quindi non sostitutiva dei corrispettivi), indicando nel campo «Tipodato» dell’elemento «AltriDatiGestionali» la stringa «SCONTRINO» o «RICEVUTA» e nel campo «RiferimentoTesto» l’identificativo alfanumerico dello scontrino o della ricevuta, emessi precedentemente alla e-fattura. Quest’ultima, normalmente, va emessa entro le ore 24 dello stesso giorno di effettuazione dell’operazione (circolari n. 42/1974 e n. 225/E/1996), ma per le operazioni effettuate nei primi 6 mesi del 2019 (e fino al 30 settembre 2019 per i mensili) si applicherà la proroga fino alla data della liquidazione periodica Iva (mensile o trimestrale).
Inoltre, per le operazioni effettuate dal primo luglio 2019 in poi (dal 1° ottobre 2019, per i mensili), l’emissione della fattura immediata potrà avvenire entro il decimo giorno dall’effettuazione.
Come alternativa, potranno rilasciare uno scontrino parlante o una ricevuta fiscale e successivamente (entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione), potranno emettere una fattura differita, con l’indicazione del suddetto scontrino parlante o ricevuta. Per tutte le alternative, va prestata attenzione a non duplicare né il versamento dell’Iva, né la tassazione del ricavo.

Fonte “Il sole 24 ore”

E-fattura, la copia analogica al consumatore ha valore fiscale

Con l’avvicinarsi del 2019, anno cruciale per il passaggio dalla gestione analogica a quella elettronica della fatturazione, ancora molti sono i misteri che aleggiano intorno a questo debutto in merito ai quali sarebbero opportuni dei chiarimenti tempestivi. Tra questi, spicca certamente il problema della copia analogica della fattura elettronica: ci si domanda, infatti, se la stampa, su carta o in altro formato analogico, della fattura trasmessa allo Sdi in Xml abbia o meno valenza ai fini giuridico-tributari.

Per far luce sulla questione, occorre partire dalle regole normative a riguardo. Queste sono contenute nel Dlgs 82/2005, ossia il Codice dell’amministrazione digitale, il cosiddetto «Cad», il cui articolo 23 è dedicato alle «copie analogiche di documenti informatici», e che prevede che «le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».

La norma stabilisce, al successivo comma 3, che le copie analogiche di documenti informatici possano essere ottenute, alternativamente, apponendo a stampa un contrassegno sulla base dei criteri definiti con le linee guida. Il contrassegno apposto sostituisce a tutti gli effetti di legge la sottoscrizione autografa del pubblico ufficiale; non può essere richiesta la produzione di altra copia analogica con sottoscrizione autografa del medesimo documento informatico.

La legge, quindi, impone l’intervento di «un pubblico ufficiale a ciò autorizzato», per attestare la conformità all’originale della copia analogica di una fattura elettronica o, in alternativa, l’apposizione di un contrassegno sulla base dei criteri definiti con le linee guida Agid, ad oggi non ancora emanate. Pertanto, attualmente per avere una copia autentica dell’e-fattura occorre passare dal segretario comunale o dal notaio, a meno che non si estenda l’autorizzazione all’autentica ad altri soggetti, così come previsto in materia «Giustizia tributaria digitale», di cui all’articolo 16, comma 1 lettera b) del decreto collegato (n. 119/2018) che introduce il nuovo articolo 25 bis «Potere di certificazione di conformità» (Dlgs 546/92).

Questa regola trova una deroga nella fattispecie della copia analogica della fattura elettronica destinata ai consumatori finali (o ai condomini) e ai soggetti non residenti.

Infatti, il comma 909 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2018 sancisce che la copia della fattura in formato elettronico o analogico sarà messa a disposizione direttamente da chi emette la fattura, salvo rinuncia da parte del consumatore. È chiaro che questa copia, consegnata contestualmente alla cessione del bene o servizio in ottemperanza ad una norma di legge, ha valenza fiscale e giuridica. Questa interpretazione è peraltro confermata dalle Faq dell’agenzia delle Entrate che in tema di condomini, equiparati ai consumatori finali, ha precisato che nella copia consegnata al condominio dovrà essere esplicitamente detto che si tratta della copia della fattura trasmessa. Rispetto al chiarimento fornito durante il videoforum del Sole 24 ore del 12 novembre scorso, l’Agenzia ha corretto la posizione, eliminando la frase «il documento fiscalmente valido sarà esclusivamente quello disponibile nell’area riservata», confermando di fatto che la stampa della fattura Xml è valida ai fini della dimostrazione di una spesa detraibile.

In conclusione, è opportuno che questa fattispecie analogica (ad esempio, su carta) della fattura elettronica riporti una dicitura del tipo «Stampa priva di valenza giuridico-fiscale ai sensi dell’articolo 21 (Dpr 633/72), salvo per i soggetti non titolari di partita iva e/o non residenti ai sensi del comma 909 art.1 L.205/2017». In ogni caso avrà comunque valenza ai fini del documento di trasporto (Ddt).

Fonte “Il sole 24 ore”

Fattura elettronica anche per il bonus ristrutturazioni

Si avvicina sempre più il 1° gennaio 2019 e con esso l’entrata in vigore della fatturazione elettronica. I soggetti che subiranno tale rivoluzione saranno principalmente gli operatori Iva, ma è necessario che anche i consumatori finali siano preparati all’evento, considerato che l’e-fattura dovrà essere emessa anche nei confronti di questi soggetti. A tal proposito, un aspetto ancora poco discusso riguarda le conseguenze dichiarative derivanti dalla ricezione dell’Xml, ai fini delle detrazioni e delle deduzioni fiscali. Si pensi, ad esempio, alle agevolazioni previste per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attualmente confermate anche per il 2019 dalla bozza della legge di Bilancio 2019 e, quindi, interessate dall’avvento della fatturazione elettronica. In particolare, per poter beneficiare della detrazione al 50% l’agenzia delle Entrate nella circolare 7/E/2018, che richiama il provvedimento 2 novembre 2011, richiede che il beneficiario conservi, tra gli altri documenti ivi indicati, anche le fatture e ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute. Pertanto, è necessario che per gli interventi di ristrutturazione edilizia il soggetto interessato si faccia rilasciare la fattura in formato elettronico.

Si ricorda che il provvedimento delle Entrate del 30 aprile 2018, recante le regole operative della fatturazione elettronica, nel descrivere le modalità di compilazione del campo «CodiceDestiantario» dell’Xml, ha precisato che per i consumatori finali si debba inserire il codice convenzionale «0000000» e, chiaramente, in luogo del campo «IdFiscale Iva» va compilato «CodiceFiscale». In tal modo, la fattura sarà disponibile nell’area riservata del portale Fatture e corrispettivi, al quale però i clienti finali non possono ancora accedere nonostante in possesso delle credenziali, quali Fisconline o Spid, come precisato anche nella guida online delle Entrate. Recentemente, con la pubblicazione delle Faq sul proprio sito istituzionale, l’Amministrazione ha previsto che i consumatori finali possono anche comunicare un indirizzo Pec nel quale farsi recapitare il documento Xml.

Occorre, inoltre, precisare che il comma 3 dell’articolo 1 del Dlgs 127/2015 impone ai fornitori di rilasciare una copia cartacea o analogica della fattura elettronica al cliente, il quale può sempre rinunciarvi. Tenuto presente che attualmente per i consumatori finali non è possibile accedere alla propria area personale, è consigliabile farsi comunque rilasciare una stampa della fattura trasmessa al Sistema di interscambio, anche se la stessa, come precisato dalla norma, rimane una copia dell’originale, unitamente alle ricevute di trasmissione.

Qualora, poi, gli interventi riguardino parti comuni condominiali, gli adempimenti necessari sono solitamente posti in essere dall’amministratore del condominio, il quale poi rilascia ai singoli condòmini una certificazione nella quale attesta di avere adempiuto a tutti gli obblighi previsti dalla norma, nonché la somma di competenza del contribuente ai fini della detrazione. In queste ipotesi, le fatture elettroniche saranno emesse a favore del condominio e, posto che l’agenzia delle Entrate ha già precisato che ai condomìni si applicano le stesse regole dei consumatori finali, vale quanto precedentemente detto in merito alla compilazione dei campi «CodiceDestiantario» e «CodiceFiscale» e della possibilità di avvalersi di un indirizzo Pec come canale di recapito dei documenti in Xml.

Inoltre, i fornitori dovranno rilasciare una copia cartacea o analogica della fattura elettronica trasmessa allo Sdi e, pertanto, è ugualmente consigliabile che l’amministratore condominiale non rinunci alla copia e si faccia inviare anche le ricevute di trasmissione.
Qualora, invece, l’edificio fosse un condominio minimo (privo di codice fiscale), la fattura potrebbe essere intestata ad un singolo condomino, di conseguenza si applicano le medesime regole di cui sopra.

In conclusione, considerato che i consumatori finali, ma anche i condomìni e gli enti non commerciali, non possono accedere, almeno per il momento, al portale Fatture e corrispettivi per reperire l’originale della fattura, si ritiene che gli stessi non debbano rinunciare alla copia dell’e-fattura, ma anzi debbano anche farsi rilasciare le ricevute di trasmissione dal fornitore o richiedere un duplicato informatico del documento in Xml che l’agenzia delle Entrate mette a disposizione del prestatore/cedente nell’area personale di Fatture e corrispettivi. Al fine di semplificare gli adempimenti sia per i clienti che i per i fornitori, l’agenzia delle Entrate potrebbe anche concludere che ai fini della detrazione non sia più necessario conservare le fatture dei lavori considerato anche che i relativi dati sono transitati per lo Sdi.

Fonte “Il sole 24 ore”