Promosse le soglie di rilevanza penale per le omissioni Iva

di Giovanni Negri

La Corte di giustizia europea promuove le soglie di rilevanza penale per l’omesso versamento dell’Iva. Anche dopo la riforma che le ha sensibilmente elevate da 50mila a 250mila euro.

Con la sentenza depositata ieri nella causa 574 C-574/15, i giudici europei sottolineano innanzitutto che, sebbene le sanzioni che gli Stati membri approvano per contrastare le violazioni in materia di Iva rientrino nella loro autonomia procedurale e istituzionale, quest’ultima è tuttavia limitata, oltre che dal principio di proporzionalità, da un lato, dal principio di equivalenza, che implica che tali sanzioni siano analoghe a quelle applicabili alle violazioni del diritto nazionale simili per natura e importanza e lesive degli interessi finanziari nazionali e, dall’altro, dal principio di effettività, il quale impone che dette sanzioni siano effettive e dissuasive.

Così, la sentenza precisa che la legislazione italiana prevede, per l’omesso versamento dell’Iva (sotto i 250mila euro), una sanzione amministrativa pari al 30 % dell’imposta dovuta, che sono previsti degli interessi di mora da versare all’amministrazione fiscale, che il contribuente può beneficiare di una riduzione della sanzione in funzione del momento in cui regolarizza la propria situazione: tutti elementi che portano a ritenere che il principio di effettività appare rispettato. Conclusione valida anche se le sanzioni sono inflitte soltanto alla persona giuridica (società) e non ai suoi amministratori o dirigenti.

Quanto al principio di equivalenza, la Corte osserva che il reato di omesso versamento Iva (reato lesivo degli interessi dell’Unione) non è paragonabile all’omesso versamento delle ritenute da parte del sostituto d’imposta (reato lesivo degli interessi dell’Italia). Infatti, il sostituto d’imposta può rilasciare a favore del contribuente una certificazione di avvenuto pagamento dell’imposta alla fonte, consentendogli di farla valere davanti all’amministrazione fiscale. Il contribuente è liberato dall’obbligo di pagamento anche se la certificazione non risponde al vero (e cioè persino se il sostituto d’imposta non ha in realtà versato le ritenute all’Erario).

In queste condizioni, è evidente ai giudici che l’omesso versamento dell’imposta sui redditi, reato commesso dal sostituto d’imposta è più difficile da accertare rispetto all’omesso versamento dell’Iva, reato commesso direttamente dal contribuente. Pertanto, il principio di equivalenza non è di ostacolo a una normativa, come quella italiana, che fissa soglie di punibilità diverse per l’omesso versamento Iva (250mila euro) e per l’omesso versamento delle ritenute (150mila euro).

I giudici hanno considerato superata l’altra questione posta, a sua volta centrata sulla legittimità dell’estinzione del procedimento penale in caso di pagamento tardivo, sanzioni comprese.

Fonte “Il sole 24 ore”