Niente autorizzazione per acquisire i dati archiviati dal professionista

Non è necessaria una specifica autorizzazione del procuratore della Repubblica per acquisire i dati archiviati nel Pc del professionista, se al momento del back up il personale dello studio non si è opposto. Non si tratta infatti di un’apertura coattiva, presumendosi la collaborazione del personale presente, a nulla rilevando l’assenza del professionista. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di cassazione con l’ordinanza 6486 depositata ieri.

La Guardia di Finanza accedeva in uno studio odontoiatrico, adibito anche ad abitazione del professionista, e dal Pc acquisiva radiografie di clienti poste successivamente a base della rettifica di maggiori compensi. L’accertamento veniva impugnato e, in presenza di sentenza sfavorevole della Ctr, il medico ricorreva per cassazione.

La difesa lamentava, tra l’altro, che i giudici avevano ritenuto sufficiente l’autorizzazione del procuratore rilasciata per l’accesso nei locali adibiti ad uso promiscuo anche per l’acquisizione dei predetti dati dal Pc. Inoltre, non era stato opposto il segreto professionale del dentista, in quanto il professionista era assente al momento delle operazioni.

La Corte ha rigettato il ricorso. Secondo i giudici, in assenza di opposizione del segreto professionale, deve ritenersi legittima l’acquisizione della copia dell’hard disk del Pc, pur in assenza della specifica autorizzazione prevista dall’articolo 52, comma 3 del Dpr 633/72. In base a tale disposizione, il procuratore o l’autorità giudiziaria più vicina devono autorizzare durante l’accesso l’esecuzione di perquisizioni personali, apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, nonché l’esame di documenti e notizie per i quali è eccepito il segreto professionale.

In questo caso, non era necessaria la presenza del contribuente (che lamentava di non aver potuto opporre il segreto professionale) e in ogni caso, in occasione del verbale di constatazione, egli non aveva sollevato alcuna eccezione al riguardo.

Inoltre, il back up dei dati archiviati nel Pc dello studio era stato eseguito dai militari con la collaborazione del personale dello studio presente e pertanto non si poteva considerare un’apertura coattiva che imponeva l’autorizzazione del magistrato.

Da ultimo viene evidenziato che, in ogni caso, l’illegittima acquisizione di dati e notizie da parte de verificatori comporta la loro inutilizzabilità solo ove siano violati diritti costituzionali.

Le rigorose conclusioni della Suprema Corte suggeriscono alcuni spunti difensivi in occasione di accessi e verifiche. Innanzitutto, è opportuno contestare immediatamente le eventuali violazioni alle regole procedurali che si ritengono commesse dai verificatori o, comunque, in sede di redazione del verbale di constatazione, laddove il contribuente ha il diritto di rilasciare dichiarazioni. In difetto, diventa difficile sostenere a distanza di anni (che normalmente intercorrono tra la l’accesso e il contenzioso) che non erano stati osservati determinati adempimenti.

Inoltre, nel momento in cui il professionista sia assente e deleghi altre persone a presenziare alle operazioni dei verificatori, è necessario che queste assumano per suo conto le idonee iniziative difensive.

Infine, da segnalare il consolidato orientamento in base al quale l’inutilizzabilità ai fini tributari, dei dati e delle notizie irritualmente acquisite da verificatori, scatta soltanto se vengano violati diritti costituzionalmente garantiti (in genere il riferimento è alla violazione di domicilio). In questo caso, sono state acquisite informazioni sullo stato di salute dei pazienti che forse richiedevano una maggiore tutela da parte dei giudici di legittimità.

 Fonte “Il sole 24 ore”