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Ecobonus, cessionari solo qualificati

di Luca De Stefani

Per tutte le cessioni possibili (risparmio energetico qualificato, misure antisismiche o incapienti), secondo la norma, i cessionari possono essere sia i fornitori degli interventi, sia «altri soggetti privati». Ma, per l’agenzia delle Entrate, nei casi di cessione di crediti per il risparmio energetico qualificato (quindi, non le cessioni dedicate agli incapienti o per i lavori antisismici) gli «altri soggetti privati» devono intendersi solo quelli «collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione».

Quindi, ad esempio, per gli interventi sulle parti comuni condominiali, il cessionario, classificabile tra gli «altri soggetti privati», può essere un altro soggetto titolare delle detrazioni spettanti per i medesimi interventi condominiali (cioè un altro condòmino che ha sostenuto le stesse spese agevolate). Poi, per i lavori su un’abitazione singola, cointestata tra una Srl e una persona fisica, per i quali sono stati effettuati bonifici pro quota tra i due soggetti, la cessione del credito è possibile tra i due beneficiari.

Infine, se i lavori sono stati effettuati da un fornitore appartenente ad un gruppo societario, il contribuente beneficiario del bonus può cedere il relativo credito anche ad un’altra società del gruppo. In questo caso, però, se il potenziale cessionario appartenente al gruppo del fornitore è una banca, la cessione è possibile solo per i cedenti incapienti. Tra gli esempi (non esaustivi) riportati dalla circolare n. 11/E/2018, non viene detto nulla relativamente ai familiari o ai parenti del contribuente. Quindi, si consiglia di continuare ad utilizzare, se possibile, il metodo del «familiare convivente», facendo fare direttamente a quest’ultimo il bonifico, senza tentare la strada della cessione postuma. La stretta dell’agenzia delle Entrate non riguarda le cessioni dedicate agli incapienti o per i lavori antisismici, ma potrebbe essere introdotta in seguito.

Gli istituti di credito e gli intermediari finanziari possono essere cessionari solo per le cessioni da parte degli incapienti (si veda Il Sole 24 Ore del 19 maggio 2018).

Successiva cessione

Per tutte e tre le possibili cessioni del credito (lavori verdi qualificati e antisismici o degli incapienti), la norma prevede che il primo cessionario abbia la «facoltà di successiva cessione del credito», ma ora l’agenzia delle Entrate la limita «ad una sola eventuale cessione successiva a quella originaria» (quindi, massimo due cessioni).

La stretta riguarda, però, solo la vendita dei bonus per i lavori di risparmio energetico qualificato e quella dedicata ai cedenti incapienti (non per le misure antisismiche).

Limiti temporali

Considerando che le limitazioni sulle cessioni del credito successive al secondo trasferimento e sulla definizione degli «altri soggetti privati» sono delle novità rispetto alla normativa in vigore, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che sono fatti salvi i comportamenti tenuti dai contribuenti che, nel rispetto della normativa, abbiano effettuato, prima del 18 maggio 2018 (data della circolare n. 11/E/2018), cessioni del credito ulteriori rispetto alle prime due ovvero abbiano effettuato, sempre prima del 18 maggio 2018, cessioni nei confronti di altri soggetti privati non collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione.

Interventi su parti comuni

Per evitare errori nella fruizione di detrazioni, si segnala che nella tabella riportata nella circolare n. 11/E/2018 vi sono alcune imprecisioni. Non è stato riportato l’incentivo per la riqualificazione energetica generale di edifici esistenti dell’articolo 1, comma 344, legge n. 296/2006, mentre è stato riportato due volte quello per i «generatori ibridi» o i «microcogeneratori».

Poi, per beneficiare della detrazione del 75% sulle parti comuni, con miglioramento della prestazione energetica (articolo 14, comma 2-quater, decreto legge 4 giugno 2013, n. 63), non è necessaria la coibentazione di almeno il 25% della superficie disperdente (come, invece, indicato nella tabella).

Fonte “Il sole 24 ore”

Così il patent box incontra il credito R&S

di Luigi Ferrajoli

Il credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo (R&S), come contenuto nel Piano Industria 4.0, e il patent box premiano le imprese che – in senso lato – investono nel settore dell’innovazione. Alla luce di questa finalità “comune”, tuttavia, è necessario analizzare i profili di convivenza, sovrapposizione ed eventuale conflitto delle due agevolazioni.

La circolare 5/E/2016 ha chiarito che il credito d’imposta R&S e il patent box rappresentano distinti strumenti sinergici: il primo opera attraverso il riconoscimento di un’agevolazione ancorata alla misura degli investimenti effettuati; il secondo garantisce la detassazione dei redditi prodotti in ragione dello sfruttamento di beni immateriali derivanti da attività di ricerca, sviluppo e accrescimento degli stessi, da perseguire e mantenere nel tempo.

Il ministero dello Sviluppo economico, con la circolare 59990 del 9 febbraio 2018 , ha fornito chiarimenti sulla disciplina del credito d’imposta R&S, proprio traendo le mosse dagli investimenti effettuati dalle imprese italiane nel settore hi-tech. Secondo il ministero, il software per la cui scoperta o implementazione viene chiesto il credito d’imposta deve essere portatore di un reale progresso scientifico e tecnologico; in particolare, deve essere funzionale alla risoluzione di una problematica su base sistematica. In altri termini, la circolare ministeriale ha escluso dall’agevolazione le attività di tipo ricorrente o di routine, quali ad esempio quelle che possono risolversi nel mero utilizzo di un software per una nuova applicazione o semplicemente per un nuovo scopo.

La locuzione «ricerca e sviluppo» contenuta nell’articolo 8 del Dm 28 novembre 2017 cita alla lettera d) «l’ideazione e la realizzazione del software protetto dal copyright». Il che pare rispondere a requisiti meno stringenti di quelli appena visti per il credito R&S. Di fatto, quando si tratta di stabilire se le innovazioni tecnologiche riferite all’evoluzione di un software possono beneficiare del patent box, il necessario elemento di novità sembra risolversi nelle procedure che portano al riconoscimento del copyright.

D’altra parte, l’Agenzia, con la risoluzione 28/E/2017 , aveva già preso posizione sull’applicazione del patent box in casi di utilizzo indiretto di un nuovo programma applicativo. Le Entrate erano state chiamate a rispondere a un’istanza di interpello presentata da una società che voleva applicare il patent box in un caso di software coperto da copyright concesso in uso in forma di licenza iniziale, con successivi canoni di assistenza e manutenzione. Partendo dal principio Ocse del nexus approach (quale necessario collegamento tra l’agevolazione e l’effettivo svolgimento di un’attività economica che si sostanzi nella ricerca e sviluppo), l’Agenzia ha escluso dal beneficio soltanto il novero delle attività che – profilandosi come mere operazioni di implementazione, aggiornamento e personalizzazione del programma – si risolvono in una forma puramente strumentale di utilizzo del software.

Fonte “Il sole 24 ore”

Precompilata, tris di proroghe per le comunicazioni all’anagrafe tributaria

Con un provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 27 febbraio 2018 arriva un tris di proroghe per le comunicazioni all’anagrafe tributaria, utili per l’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata 2018, modello 730/2018, per l’anno 2017. Si allunga infatti dal 28 febbraio al 9 marzo 2018 il termine per presentare i dati riguardanti le rette per la frequenza di asili nido, gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica eseguiti su parti comuni degli edifici residenziali e le spese sanitarie rimborsate.

Beneficiano di questo differimento al 9 marzo gli asili nido, pubblici e privati, gli amministratori di condominio e gli enti, le casse e le società di mutuo soccorso con esclusivo fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, nonché gli altri fondi.

Il nuovo termine del 9 marzo è stato individuato per venire incontro alle esigenze manifestate dalle associazioni di categoria rappresentative dei contribuenti obbligati alla trasmissione telematica dei dati. Resta fermo che la nuova scadenza non dovrà compromettere la tempistica per l’elaborazione della dichiarazione precompilata, modello 730/2018, per l’anno 2017.

La mini proroga di nove giorni è stata concessa per assicurare la presentazione di informazioni più corrette e complete, ma non deve avere alcun impatto sul calendario della stagione delle dichiarazioni annuali 2018. Con ciò si intende che nessuna variazione è al momento prevista per i termini relativi ai versamenti e alla presentazione delle dichiarazioni annuali relative all’anno 2017, modello 730/2018, Iva/2018, Redditi/2018, Irap/2018 e modello 770/2018.

Entro il 9 marzo gli asili nido devono trasmettere telematicamente alle Entrate una comunicazione con le informazioni relative alle spese sostenute dai genitori, e a eventuali rimborsi, avvenuti nell’anno precedente per ciascun figlio in relazione al pagamento di rette di frequenza e per i servizi formativi infantili.

La nuova scadenza del 9 marzo riguarda anche i contribuenti che intendono opporsi all’utilizzo, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione precompilata, delle spese sostenute nel 2017 relativamente alle rette per la frequenza degli asili nido, inclusi i relativi rimborsi ricevuti, chiedendo di non farli inserire nel proprio modello 730.

Gli amministratori di condominio devono inviare, sempre entro venerdì 9 marzo, i dati relativi alle spese sostenute nell’anno 2017 dal condominio con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, nonché con riferimento all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo delle parti comuni dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Per la comunicazione si dovranno usare le nuove specifiche tecniche che sono state adeguate alle disposizioni normative in tema di cessione del credito e perfezionate rispetto allo scorso anno.

Infine, gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale devono trasmettere le informazioni sui rimborsi delle spese sanitarie, utilizzando le nuove specifiche tecniche, anch’esse perfezionate rispetto all’anno passato.

Fonte “Il sole 24 ore”

730: DETRAZIONE SPESE PER RISTRUTTURAZIONE

La detrazione fiscale delle spese per interventi di ristrutturazione edilizia è disciplinata dall’art. 16 -bis del DPR 917/86 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Dal 1° gennaio 2012 l’agevolazione è stata resa permanente dal Decreto Legge n. 201/2011 e inserita tra gli oneri detraibili dall’IRPEF. La detrazione è pari al 36 % delle spese sostenute, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare. Il Decreto Legge n. 83/2012 ha elevato al 50 % la misura della detrazione e a 96.000 euro l’importo massimo di spesa ammessa al beneficio. Questi maggiori benefici sono poi stati prorogati più volte da provvedimenti successivi. La Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208 del 28 dicembre 2015) ha prorogato al 31 dicembre 2016 la possibilità di usufruire del beneficio in misura maggiore (50%), confermando il limite massimo di spesa di 96.000 euro per unità immobiliare. La detrazione viene ripartita in 10 rate annuali di pari importo.

Interventi agevolabili – Il beneficio spetta in relazione alle spese sostenute per i seguenti interventi di recupero del patrimonio edilizio:

  • interventi di manutenzione straordinaria sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali e sulle loro pertinenze;
  • interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle parti comuni di edifici residenziali;
  • interventi di restauro e risanamento conservativo;
  • interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, a condizione che sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
  • interventi finalizzati alla cablatura degli edifici, al contenimento dell’inquinamento acustico, all’adozione di misure di sicurezza statica e antisismica degli edifici, all’esecuzione di opere interne;
  • interventi relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune;
  • ulteriori interventi quali, ad esempio, quelli di bonifica dall’amianto o quelli finalizzati alla prevenzione di atti illeciti da parte di terzi o all’eliminazione delle barriere architettoniche, oppure interventi di esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

Altri interventi – La detrazione spetta anche in relazione alle spese sostenute per gli interventi finalizzati al conseguimento di risparmi energetici, compresa l’installazione d’ impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia, tra i quali rientrano gli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Può fruire della detrazione chi possiede o detiene l’immobile sul quale sono stati effettuati gli interventi di recupero edilizio sulla base di un titolo idoneo (ad esempio proprietà, altro diritto reale, concessione demaniale, locazione o comodato). Ha diritto alla detrazione anche il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento, purché abbia sostenuto le spese e le fatture e i bonifici siano a lui intestati. È ammessa la detrazione anche nei casi in cui le fatture e i bonifici non siano intestati al familiare convivente, purché la percentuale della spesa sostenuta dallo stesso sia indicata nella fattura (Circolare 11/E del 21 maggio 2014).

Ciascun contribuente ha diritto a detrarre annualmente la quota spettante nei limiti dell’IRPEF dovuta per l’anno in questione. Non è ammesso il rimborso di somme eccedenti l’imposta.
Documenti da conservare – Ai fini dell’ottenimento del beneficio è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale dal quale devono risultare :

  • causale del versamento (per le spese sostenute dal 1° gennaio 2012 va indicato l’art. 16-bis del TUIR);
  • codice fiscale del soggetto che effettua il pagamento;
  • codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del pagamento.

Il contribuente deve, inoltre, conservare ed esibire, a richiesta dell’Ufficio, i documenti individuati dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 2 novembre 2011quali ad esempio le fatture e le ricevute fiscali relative alle spese sostenute.

AUTORE: REDAZIONE FISCAL FOCUS

 

 

Agevolazioni:immobili destinati alla locazione

 Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Le spese che godono dell’agevolazione

Premessa – E’ stato pubblicato in “Gazzetta Ufficiale” n. 282 del 3 dicembre il decreto 8 settembre che regolamenta la deduzione Irpef del 20% sul prezzo di acquisto degli immobili destinati alla locazione. Secondo quanto previsto per fruire dell’agevolazione le unità immobiliari devono risultare invendute alla data del 12 novembre 2014.

Agevolazione – Come noto, a favore delle persone fisiche (privati) che nel periodo 1.1.2014 – 31.12.2017 sostengono spese per l’acquisto/costruzione di unità immobiliari da destinare a locazione, l’art. 21, DL n. 133/2014 riconosce una specifica deduzione dal reddito complessivo. Con il Decreto 8.9.2015, pubblicato sulla G.U. 3.12.2015, n. 282, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) e il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) hanno definito, ai sensi del comma 6 del citato art. 21, “le ulteriori modalità attuative”, stante la “ravvisata necessità di fornire ai contribuenti un’informazione completa sui soggetti legittimati, sui titoli abilitanti, sui termini previsti e sugli adempimenti amministrativi necessari per usufruire della deduzione …”.

Le spese – L’agevolazione in esame spetta per le spese sostenute dall’1.1.2014 al 31.12.2017 in relazione all’acquisto ovvero alla costruzione su un’area edificabile già posseduta. La deduzione è riconosciuta per l’acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale di nuova costruzione ovvero oggetto di ristrutturazione/restauro/risanamento conservativo ex art. 3, comma 1, lett. c) e d), DPR n. 380/2001 cedute dall’impresa/cooperativa edilizia costruttrice o che ha effettuato il predetto intervento.

Unità invendute – Ai fini dell’agevolazione l’unità immobiliare deve risultare invenduta al 12.11.2014 (data di entrata in vigore della legge di conversione del DL n. 133/2014). Come precisato dall’art. 1 del recente DM, è considerata tale quella che a detta data era già interamente/parzialmente costruita ovvero per la quale a tale data era stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio, comunque denominato ovvero per la quale a tale data “era stato dato concreto avvio agli adempimenti propedeutici all’edificazione quali la convenzione tra Comune e soggetto attuatore dell’intervento, ovvero gli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale”.

Soggetti – Come stabilito dall’art. 2 del citato DM la deduzione è riconosciuta ai soggetti titolari del diritto di proprietà dell’unità immobiliare in relazione alla quota di proprietà per l’acquisto di unità abitative per le quali, nel periodo 1.1.2014 – 31.12.2017, è stato rilasciato il certificato di agibilità o si sia formato il silenzio – assenso ex art. 25, DPR n. 380/2001.

Costruzione – L’agevolazione spetta altresì per le prestazioni di servizi, dipendenti da un contratto d’appalto, per la costruzione di unità immobiliari a destinazione residenziale su aree edificabili possedute prima dell’inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori. Come specificato dall’art. 3 del citato DM, le spese devono essere attestate dalle fatture emesse dall’impresa che esegue i lavori di costruzione. La deduzione è riconosciuta per la costruzione di unità immobiliari, da ultimare entro il 31.12.2017, per le quali prima del 12.11.2014 è stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio, comunque denominato e per le spese attestate nel periodo 1.1.2014 – 31.12.2017.

Autore: redazione fiscal focus

Omaggi beni propri: imposte indirette

Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Nella generalità dei casi, gli omaggi corrisposti ai clienti da parte delle imprese hanno per oggetto beni che esulano dal proprio core business. Può accadere però che vengano omaggiati beni ordinariamente prodotti o commercializzati dalla stessa impresa.

In tale caso, è necessario valutare attentamente il trattamento fiscale dell’operazione.

Gli omaggi di beni rientranti nell’attività d’impresa, secondo le indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 188/E/1998, non costituiscono spese di rappresentanza.

Pertanto:

  • l’IVA assolta all’atto dell’acquisto è detraibile. Non trova, infatti, applicazione la previsione di indetraibilità oggettiva di cui all’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del D.P.R. 633/72;
  • la cessione gratuita è imponibile IVA indipendentemente dal costo unitario dei beni (art. 2 comma 2 n. 4 del D.P.R. 633/72).

E’ da rilevare tuttavia che l’art. 16 della Direttiva 2006/112/UE non distingue tra omaggi di beni propri e omaggi di beni non rientranti nell’attività d’impresa, ma fa esclusivo riferimento a “omaggi di scarso valore”. Conformemente a quanto sancito nella Direttiva comunitaria, il D.M. 19.11.2008 non differenzia tra “beni oggetto” e “beni non oggetto” dell’attività e pertanto possono essere “di rappresentanza” le spese sostenute sia per gli uni che per gli altri beni, superando, in tal modo, le indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 188/E/1998.

Ritenendo valida tale interpretazione:

  • indipendentemente che la spesa relativa al bene da omaggiare possa o meno essere qualificata di rappresentanza, l’impresa ha la possibilità di scegliere di non detrarre l’IVA a credito relativa all’acquisto dei beni oggetto dell’attività e destinati a essere ceduti come omaggio, al fine di non assoggettare a IVA la successiva cessione gratuita.

Da un punto di vista pratico, dunque, qualora all’atto dell’acquisto o della produzione del bene già si preveda che tale bene sia destinato ad essere omaggiato piuttosto che essere destinato alla ordinaria commercializzazione, si potrà decidere di non detrarre l’IVA così da rendere la successiva cessione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 2 comma 2 n. 4 del D.P.R. 633/72.

E’ da segnalare inoltre che in merito all’effettiva imponibilità dell’operazione, qualora se ne verifichino i presupposti, è necessario distinguere a seconda della destinazione dell’omaggio.

Infatti, l’operazione sarà imponibile sia per gli omaggi destinati al consumo in Italia che per gli omaggi destinati al consumo in altri paesi UE, mentre la stessa sarà non imponibile se destinata al consumo in paesi extra – comunitari.

Ai beni (rientranti nell’attività d’impresa) che vengono ceduti gratuitamente a clienti o potenziali clienti comunitari non si applica la normativa comunitaria ma, bensì, la normativa interna, come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. n. 13/1994, par. 2.1. Trattandosi infatti di operazioni nelle quali manca il requisito dell’onerosità, queste devono essere trattate come cessioni interne.

Ai beni (rientranti nell’attività d’impresa) che vengono ceduti gratuitamente a clienti o potenziali clienti extra – comunitari dovrà essere applicato il regime di non imponibilità previsto per le esportazioni. Questo perché l’art. 8, D.P.R. 633/1972, ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità non richiede, a differenza di quanto previsto per le cessioni intracomunitarie, che la cessione avvenga a titolo oneroso. Da rilevare che le suddette operazioni pur usufruendo del regime di non imponibilità, non sono rilevanti ai fini della formazione del plafond degli esportatori abituali (nota ministeriale 10367/1998).

Nel caso in cui si verifichino le condizioni per la cessione gratuita imponibile IVA si dovrà procedere alla determinazione della base imponibile e ad espletare gli obblighi documentali.

In tal senso, la base imponibile è rappresentata, ai sensi dell’art. 13, DPR n. 633/72, “dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni”.

Inoltre, è da tenere in debita considerazione chela rivalsa dell’IVA non è obbligatoria, come disposto dall’art. 18, DPR n. 633/72.

Di conseguenza, come spesso accade, l’IVA rimane quindi a carico del cedente e costituisce per quest’ultimo un costo indeducibileex art. 99, comma 1, TUIR.

Ai fini pratici, si potrà:

  • emettere una fattura con applicazione dell’IVA, senza addebitare la stessa al cliente, specificando che trattasi di “omaggio senza rivalsa dell’IVA ex art. 18, DPR n. 633/72;
  • emettere un’autofattura in unico esemplare, con indicazione del valore dei beni come sopra individuato (prezzo di acquisto o di costo), dell’aliquota e della relativa imposta, specificando che trattasi di “autofattura per omaggi”. La stessa può essere:
    • singola per ciascuna cessione (“autofattura immediata”);
    • globale mensile per tutte le cessioni effettuate nel mese (“autofattura differita”).

In alternativa, si potrà tenere il registro degli omaggi, sul quale annotare l’ammontare complessivo delle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno, distinte per aliquota.

Autore: redazione fiscal focus

Patent box: esercizio dell’opzione

Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 10.11.2015 (Prot.n. 144042)

Con il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 10.11.2015 (Prot.n. 144042) sono state rese note le modalità per l’esercizio dell’opzione per il patent box per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014 (2015 e 2016 nella generalità dei casi).

Si premette che il patent box è un regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di marchi, di disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

Va altresì sottolineato che in merito all’esercizio dell’opzione per il patent box, il D.M. 30.07.2015 prevede che l’opzione una volta esercitata è efficace per cinque periodi d’imposta, durante i quali è irrevocabile. Al termine del periodo di durata, l’opzione è rinnovabile.

Per ciò che riguarda l’esercizio dell’opzione:

  • per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014, essa è comunicata all’Agenzia delle Entrate secondo le modalità stabilite da un apposito provvedimento del direttore della stessa Agenzia;
  • per i periodi d’imposta successivi, invece, l’opzione è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta a decorrere dal quale il contribuente fruisce del regime agevolato.

E’ proprio per consentire l’esercizio dell’opzione nella prima ipotesi suddetta, il Provvedimento citato ha approvato il modello “Opzione per il regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali”, da utilizzare per l’esercizio dell’opzione per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014.

Il modello è composto dall’informativa sul trattamento dei dati personali, dai riquadri contenenti i dati anagrafici del soggetto che esercita l’opzione e quelli dell’eventuale rappresentante firmatario nonché l’impegno alla presentazione telematica da parte dell’intermediario incaricato della trasmissione.

Come chiarito dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate :

  • l’opzione per il regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di bei immateriali è esercitata, per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014, entro il periodo d’imposta in cui ha inizio il regime di tassazione e riguarda il predetto periodo d’imposta e i successivi quattro;
  • i soggetti che intendono optare per il regime opzionale comunicano in via telematica i dati previsti nel modello, direttamente o tramite soggetti incaricati della trasmissione di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322;
  • la prova della comunicazione è costituita dalla ricevuta rilasciata in via telematica dall’Agenzia delle entrate;
  • la trasmissione telematica è effettuata utilizzando il software denominato “PATENT_BOX”, che sarà disponibile gratuitamente sul sito internet www.agenziaentrate.it entro il corrente mese di novembre;
  • i soggetti incaricati della trasmissione telematica hanno l’obbligo di rilasciare al richiedente una copia della comunicazione predisposta con l’utilizzo del software “PATENT_BOX”, nonché copia della ricevuta rilasciata dall’Agenzia delle entrate.

Il nuovo approccio all’evasione fiscale

Fiscal Focus – A cura di Antonio Gigliotti

Si mira ad incentivare gli adempimenti spontanei

Il fenomeno dell’evasione fiscale assume nel nostro paese dimensioni molto rilevanti. Le istituzioni, e in primo luogo il Governo, attuano un impegno costante ai fini dell’individuazione di obiettivi e di indirizzi di politica fiscale. L’evasione, infatti, comporta effetti economici negativi sotto diversi e importanti profili: determina effetti distorsivi sull’allocazione delle risorse, interferisce con la libera concorrenza dei mercati ed è sinergicaalla corruzione e alla criminalità economico/organizzata.

Con il comunicato stampa n°213 del 26/10/2015, il MEF ha voluto mettere in risalto la lotta all’evasione intrapresa dal Governo, nonché, il ruolo cruciale svolto dall’Agenzia delle Entrate; le competenze maturate e consolidate dal personale e dalla dirigenza costituiscono un patrimonio che il Governo intende salvaguardare. Lo spirito di dedizione e l’esecuzione dei doveri d’ufficio lontano dai riflettori che il personale ha mostrato in tante occasioni deve continuare a essere di esempio per chiunque operi al servizio del cittadino e dell’interesse pubblico. Vengono messe in risalto le principali iniziative messe in atto dal Governo al fine di contrastare l’evasione fiscale, quali:

  • riforma fiscale su delega del Parlamento. Il Governo ha dato attuazione alla delega fiscale (L. 23/2014) modificando la normativa rendendola più efficace, al fine di prevenire comportamenti abusivi e ridurre margini di interpretazione; in un contesto di maggiore chiarezza l’amministrazione fiscale svolge un ruolo nuovo, che si basa su un rapporto di confronto con il cliente e non di solo applicazione coatta di sanzioni;
  • l’incrocio delle banche dati. Con la legge di stabilità per il 2015 sono state introdotte le norme per il cosiddetto “controllo cambia-verso” che promuovono l’incrocio delle banche-dati, grazie al quale l’Agenzia delle Entrate può segnalare ai contribuenti problemi di adempimento prima di attivare il processo sanzionatorio, al fine di incentivare l’adempimento spontaneo;
  • fatturazione elettronica. L’obbligo di fatturazione elettronica introdotto nei confronti delle pubbliche amministrazioni centrali nel giugno 2014 ed estesa a tutte le pubbliche amministrazioni a marzo del corrente anno.
  • reverse charge e split payment. L’introduzione di queste modalità di versamento dell’IVA a decorrere dall’1 gennaio 2015 ha consentito all’erario di registrare un maggior gettito di questa imposta stimato nell’ordine di 1 miliardo di euro nell’anno;
  • voluntary disclosure. Lo strumento che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente all’Amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio.

E’ giusto segnalare con fierezza le misure poste in essere dal Governo, ma lo è altrettanto evidenziare come ancora oggi secondo i dati della Corte dei conti di Roma e quelli del parlamento europeo, in Italia l’evasione fiscale vale circa il 30% del Prodotto interno lordo, ovvero la misura della ricchezza di un Paese.

Fatturazione scambi internazionali: le regole

Si rileva una contrastata armonizzazione delle procedure tra i diversi attori internazionali

Le legislazioni nazionali, nonostante la politica di armonizzazione posta in essere dall’Unione Europea, presentano delle caratteristiche tali da configurare una situazione di incertezza circa la definizione di prescrizioni comuni riguardanti la fatturazione negli scambi internazionali con i Paesi Ue ed extra UE.

La circolare n. 21 del 20 febbraio 2015 rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, conformandosi alla normative Ue, stabilisce che qualora il fornitore sia residente in un altro Paese dell’Unione Europea, quando la transazione ha ad oggetto la cessione di beni e servizi per la quale l’imposta è dovuta in Italia dal committente, lo stesso deve emettere una fattura riportando la partita Iva rilasciatagli nel Paese residente.
L’art 219-bis della direttiva 2006/112/Ce del 28 novembre 2006, stabilisce che la fatturazione è soggetta alle regole dello Stato membro in cui è localizzata la cessione di beni o la prestazione di servizi; lo stesso articolo prevede invece di seguire le regole vigenti nello stato membro del fornitore qualora:

• il fornitore non è stabilito nello stato membro in cui l’imposta è dovuta e il soggetto passivo dell’imposta è il cessionario/committente;
• quando l’operazione non è effettuata all’interno dell’Ue.
Il comma 6bis dell’art 21 del D.P.R. 633/72, con il quale il nostro ordinamento ha recepito le direttive prima indicate, prevede i casi in cui il soggetto passivo stabilito in Italia è obbligato a emettere fattura anche per le “operazioni esenti” con riferimento al requisito della territorialità (difetto di territorialità), ossia:

• le operazioni (eccetto quelle esenti indicati ai comma 1,2,3,4,9 dello stesso dpr), sono effettuate nei confronti di soggetti passivi debitori dell’imposta in un altro stato membro; nella fattura occorre riportare l’indicazione “inversione contabile”; basti pensare per esempio alla vendita di un bene che si trova, al momento della cessione, fuori dal territorio UE, acquistato e rivenduto negli Stati Uniti;
• le operazioni effettuate fuori dall’UE, in questo caso bisogna riportare la dicitura “operazione non soggetta”.
Anche se si tratta di operazioni esenti comunque la fatturazione concorre alla determinazione del volume d’affari, con conseguenze su una serie di adempimenti; l’influenza di tali fatturazioni è stata limitata dalle agevolazioni previste per gli acquisti in sospensione d’imposta prevista per gli esportatori abituali. Possiamo parlare di esportatori abituali qualora, il volume di affari delle operazioni non imponibili sono maggiori del 10%, in questo caso lo stesso non concorre alla formazione del volume d’affari generale.
Omissione della fatturazione – La Legge n. 228/2012 ha modificato l’art.6, comma 2, del D.Lgs. n. 471/97 estende l’applicazione delle sanzioni per omessa registrazioni e documentazione anche alle operazioni non soggette; è previsto un importo sanzionatorio che va dal 5% al 10% dell’importo non registrato, o da 258 a 2065 euro qualora la violazione non ha conseguenze nella determinazione del reddito. A partire dal 1° gennaio 2016, con le novità introdotte dal D.Lgs. 158/2015 l’importo della sanzione andrà da 250 a 2 mila euro.

A cura di Antonio Gigliotti
Autore: Redazione Fiscal Focus

Comunicazioni 36-bis del D.P.R. n. 600/1973: codici tributo

R.M. 90/E/2015

Con la risoluzione 90/E del 20.10.2015, l’Amministrazione Finanziaria, al fine di consentire il versamento, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, delle somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, ha istituito i necessari codici tributo, come evidenziato nella tabella in calce. 
In tal caso, deve essere predisposto un modello F24 nel quale i codici istituiti sono esposti nella sezione “Erario”, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, riportando anche, nei campi specificamente denominati, il codice atto e l’anno di riferimento (nella forma “AAAA”) reperibili all’interno della stessa comunicazione.
Immagine ART. 21.10.2015
 A cura di Antonio Gigliotti
Autore: Redazione Fiscal Focus