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I lavori anti-barriere architettoniche con Iva al 4%

La particolare finalità delle opere giustifica l’aliquota super ridotta

Le opere finalizzate all’eliminazione delle barriere architettoniche sono inseribili nella manutenzione straordinaria per la quale si prevede, generalmente, l’Iva del 10%; tuttavia, la particolare finalità cui sono destinate determina l’applicazione dell’aliquota Iva ridotta del 4 per cento. Le Entrate, con la risposta alla consulenza giuridica 18 di ieri, hanno fornito chiarimenti in merito alla corretta aliquota Iva da applicare ad alcune operazioni con particolare riguardo a quelle finalizzate all’abbattimento delle barriere architettoniche. In particolare, l’istante chiedeva di conoscere l’Iva da applicare alle seguenti fattispecie:

1) installazione di ascensori in edifici esistenti a prevalente destinazione abitativa;

2) interventi di modifica degli impianti per il miglioramento dell’accessibilità da parte delle persone costrette nelle sedie a ruote;

3) esecuzione delle operazioni di verifica di sicurezza;

4) canoni contrattuali per la disponibilità dell’impresa di manutenzione, a garantire l’intervento anche nelle ore festive o notturne.

Con riferimento ai punti 1) e 2) l’istante sosteneva di poter applicare l’aliquota del 4% nel caso di interventi finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche e al conseguimento della massima accessibilità possibile. È il caso, ad esempio, di un intervento di progettazione e installazione di un ascensore in un edificio che ne sia privo oppure quando si smantella un ascensore non accessibile o difficilmente accessibile alle persone con sedie a rotelle e se ne installa uno completamente accessibile alle persone con disabilità.

La risposta dell’Agenzia è conforme alla soluzione prospettata dal contribuente. Infatti, nel caso di eliminazione di barriere architettoniche, trova applicazione il numero 41-ter) della Tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/1972, secondo cui sono soggette all’aliquota Iva del 4% le “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche”.

Nel caso, invece, di generico intervento di manutenzione straordinaria, trovano applicazione le regole secondo cui l’Iva si applica al 10%, anche sul valore dei beni significativi fino a concorrenza dell’importo della manodopera. In sostanza, la finalità dell’intervento (l’eliminazione delle barriere architettoniche) prevale sul resto. Confermata l’aliquota del 10%, suggerita dal contribuente, per i servizi accessori erogati in dipendenza di un contratto di manutenzione, finalizzati a integrare o mantenere in efficienza gli impianti di sollevamento e gli ascensori esistenti.

Fonte “Il sole 24 ore”

Data dell’operazione nell’e-fattura immediata

Anche dal 1° luglio 2019, la data della fattura elettronica immediata deve essere «sempre e comunque» quella di effettuazione dell’operazione e non quella di predisposizione o «emissione/trasmissione della fattura» al Sistema di interscambio, operazioni che possono essere effettuate entro i 12 giorni successivi (grazie alle novità della conversione del decreto crescita, che li ha aumentati da 10 a 12) e non più entro le ore 24 del giorno di effettuazione dell’operazione.

Va ricordato, comunque, che fino al 30 settembre 2019 (30 giugno 2019 per i trimestrali), le sanzioni dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 127, non si applicano se la fattura immediata viene inviata al Sdi in formato xml, entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica dell’Iva (quindi, per i mensili, per le fatture di luglio 2019 entro il 20 agosto 2019, per quelle di agosto entro il 16 settembre e per quelle di settembre entro il 16 ottobre) ovvero si applicano con una riduzione dell’80%, se la fattura elettronica viene emessa entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica dell’Iva del periodo successivo (articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127).

Unica data per le e-fatture

Dal 1° luglio 2019, l’articolo 21, comma 2, lettera g-bis), del Dpr 633/1972, prevede che in tutte le fatture (elettroniche o cartacee) si debba indicare la «data in cui è effettuata» l’operazione se diversa da quella di emissione/trasmissione. In questo caso, il termine effettuata deve intendersi ai fini Iva, quindi, ad esempio per le prestazioni di servizi l’operazione è effettuata non quando è svolta, ma quando avviene il pagamento.

Considerando che per una fattura elettronica veicolata attraverso lo Sdi (quindi, non per una fattura cartacea), la «data (e l’orario)» di «emissione/trasmissione» dell’xml (faq 1.1 delle Entrate all’evento del Cndcec del 15 gennaio 2019) sono attestati «inequivocabilmente e trasversalmente» dal Sdi all’emittente, al ricevente e all’amministrazione finanziaria, si hanno sempre tutte e due le informazioni richieste dall’articolo 21, comma 2, lettera g-bis), del Dpr 633/1972 (la data di effettuazione e quella di «emissione/trasmissione della fattura al Sdi»). Quindi, anche dal 1° luglio 2019, si deve continuare a inserire nel campo «Data» della sezione «Dati Generali» del file xml della fattura elettronica immediata «sempre e comunque» la data di effettuazione dell’operazione e non quella di emissione, cioè di generazione e invio al Sistema di interscambio (circolare 18 giugno 2019, n. 14/E, paragrafo 3.1).

Ad esempio, se il 28 ottobre 2019, verrà effettuata una cessione di beni, senza predisposizione del Ddt o altro documento idoneo (quindi, senza possibilità di emettere una fattura differita) la fattura elettronica immediata può essere «emessa (ossia generata e inviata al Sdi)» entro 12 giorni dall’operazione (9 novembre 2019) e nel campo «Data» della sezione «Dati Generali» del file xml va «sempre e comunque» indicata la data dell’operazione (28 ottobre 2019). La data della predisposizione e quella dell’invio al Sdi possono essere anche differenti tra loro, l’importante che siano comprese in uno qualsiasi dei giorni intercorrenti tra l’operazione (28 ottobre 2019) e il termine ultimo di emissione (9 novembre 2019).

Data della fattura cartacea

La regola per le fatture elettroniche immediate, che impone che la data della fattura sia sempre quella dell’effettuazione dell’operazione, non vale per le fatture cartacee (o per quelle elettroniche per mezzo di canali diversi dal Sdi, come, ad esempio, un pdf inviato via e-mail da un minimo o un forfettario), se emesse nei 12 giorni successivi alla data di effettuazione dell’operazione, perché non c’è il Sdi che attesta la «data (e l’orario)» di «emissione/trasmissione» dell’xml tramite il Sdi stesso.

Quindi, per le fatture cartacee con la data del documento diversa da quella dell’operazione:

nel campo relativo alla «data della fattura» va indicata la «data di emissione» della fattura (cioè di predisposizione e invio al cliente), che potrà variare tra il giorno successivo alla data di effettuazione dell’operazione e gli 11 giorni successivi;

la data di effettuazione dell’operazione, invece, va riportata nel corpo della fattura (ad esempio nella descrizione dell’operazione).

Per vedere le e-fatture

I consumatori finali non possono ancora vedere in Fisconline le fatture elettroniche ricevute. I fornitori devono però consegnare loro una copia (carta o digitale) della fattura inviata allo Sdi. Dal 1° luglio prossimo, invece, i consumatori finali potranno aderire al servizio Consultazione e acquisizione (descritto nell’altro articolo), effettuando un’apposita spunta nella propria area riservata del sito web delle Entrate, Fisconline o Entratel (o attraverso l’intervento del proprio intermediario delegato). Con l’adesione si potranno visualizzare i dati della «totalità dei file delle fatture emesse/ricevute» anche prima dell’adesione stessa. La mancata adesione entro il 31 ottobre 2019, invece, comporterà la cancellazione dei file memorizzati nel periodo transitorio. Per le adesioni da novembre varranno le regole a regime: si potranno visualizzare solo i dati di fatture emesse/ricevute dopo l’adesione.

Se al servizio Consultazione e acquisizione aderirà almeno una delle parti (cedente o cessionario, anche tramite un intermediario abilitato), l’Agenzia memorizzerà tutti i «dati dei file delle fatture elettroniche» e li renderà «disponibili in consultazione esclusivamente al soggetto che ha effettuato l’adesione». Questi file completi verranno cancellati solo dopo «30 giorni dal termine del periodo di consultazione», cioè 30 giorni dal «31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del Sdi».

La parte che non aderisce al servizio di Consultazione e acquisizione, invece, potrà consultare nel proprio cassetto fiscale (anche tramite intermediari abilitati e delegati), fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento, soltanto i dati fiscalmente rilevanti (art. 21, Dpr 633/72) esclusi tra l’altro i dati su natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione.

Se nessuna delle due parti aderisce al servizio Consultazione e acquisizione, l’Agenzia, dopo il recapito della fattura al destinatario, cancella i dati dei file delle fatture elettroniche e memorizza solo i dati fiscalmente rilevanti, con le esclusioni ricordate prima.

Fonte “Il sole 24 ore”

Attivazione preventiva dei registratori telematici solo se fatta in tutti i punti vendita

Attivazione preventiva dei registratori telematici (RT) possibile ma contestuale per tutti i punti vendita appartenenti ad un unico soggetto passivo Iva. È questo il chiarimento, non del tutto condivisibile, contenuto nella risposta n. 201 ad interpello  dall’agenzia delle Entrate all’istante, soggetto operante nel settore della grande distribuzione (Gdo), che svolge attività caratteristica di vendita al dettaglio in diversi punti vendita e per il quale l’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi decorre dal 1° luglio 2019 (volume d’affari superiore a 400mila euro annui). Sul punto si ricorda che, a pochi mesi dal debutto della fattura elettronica, il nuovo obbligo coinvolgerà tutti i soggetti, con eccezione per i soli casi di esonero, che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del Dpr 633/1972 e che oggi sono abituati a certificare la propria attività con scontrini e ricevute fiscali.
Entrando nel dettaglio, l’istanza di interpello trae la sua origine dalla peculiare realtà commerciale in cui si trova ad operare il contribuente, basata su un articolato apparato di sistemi informatici e di punti vendita diversamente dislocati sul territorio italiano nonché su una fitta rete di vendita costituita da molteplici punti cassa. Per tale ragione, l’entrata in funzione graduale di tutti i punti vendita, meditata dal contribuente, avrebbe consentito un effettivo collaudo del corretto funzionamento dei sistemi informatici.
Tuttavia, a fronte della situazione prospettata, l’Agenzia ha chiarito che se da un lato è possibile sostituire gradualmente i registratori di cassa con i registratori telematici, dall’altro è necessario che questi ultimi vengano attivati anche prima del 1° luglio 2019 ma contemporaneamente per i diversi punti vendita esistenti.
A dire il vero la soluzione fornita sembrerebbe porsi in contrasto con la precedente, tra l’altro richiamata, risposta n. 139 del 14 maggio 2019 , con la quale l’Agenzia decretava la sola messa in servizio contestuale di registri telematici (RT), ammettendo al tempo stesso un’attivazione preventiva – e di conseguenza graduale – degli stessi. È dunque evidente che, a pochi giorni dal debutto del nuovo obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri, l’indicazione operativa impartita non va di certo a semplificare né tantomeno ad agevolare tutti quei contribuenti di grandi dimensioni, probabilmente già tempestivamente attivati, che dispongono di una quantità copiosa di RT e che presto si troveranno a fare i conti con una nuova digitalizzata forzata.

Fonte “Il sole 24 ore”

E-fattura, conto alla rovescia per la moratoria sulle sanzioni

Dal 17 novembre niente più sconti per i contribuenti mensili e trimestrali
Punito anche il cessionario che detrae l’imposta in assenza di una e-fattura

Scade il 16 novembre la moratoria per i contribuenti mensili e trimestrali consistente nella disapplicazione o riduzione delle sanzioni per omessa o tardiva emissione delle fatture in formato elettronico; sanzioni piene invece per omesso, incompleto o errato invio dell’esterometro. Con la circolare 14/E, l’agenzia delle Entrate ha ricordato come la moratoria non riguarda le violazioni punibili con sanzioni per omesso versamento Iva, per utilizzo di crediti non spettanti e per non corretta tenuta e conservazione di scritture contabili, documenti e registri. Queste sanzioni restano sempre applicabili, salvo ravvedimento operoso da parte del contribuente.

Moratoria

Dal 1° gennaio 2019 l’emissione di una fattura con modalità diverse da quelle elettroniche, e quindi non in formato xml e senza invio tramite Sdi, equivale a non averla emessa. Punibile il cessionario/committente che, avendo acquistato beni e servizi senza che sia stata emessa fattura in elettronico, non abbia provveduto nei termini a regolarizzare l’operazione con autofattura-denuncia. Per il primo semestre del periodo d’imposta 2019 per i contribuenti trimestrali e sino a settembre 2019 per i mensili, non trovano tuttavia applicazione le sanzioni per omessa o tardiva fatturazione se la fattura viene emessa in formato elettronico oltre il termine normativamente stabilito, ma comunque in un momento tale da potere far concorrere l’imposta alla corretta liquidazione di periodo sia mensile o trimestrale. Le sanzioni vengono invece contestate, ma ridotte al 20%, quando la fattura, seppure emessa tardivamente in elettronico, partecipa comunque alla liquidazione periodica del mese o trimestre successivo.

Sanzioni

Dal 17 novembre, scaduto il periodo di moratoria per i mensili e i trimestrali, l’emissione di una fattura non in formato elettronico oppure oltre i termini normativamente previsti determina l’applicazione in misura piena delle sanzioni previste dall’articolo 6 del Dlgs 471/1997. Quanto alla tempistica di emissione, dal 1° luglio 2019 le fatture immediate potranno essere emesse, e quindi trasmesse al SdI, entro 10 giorni (12 giorni secondo l’emendamento approvato al Dl 34/2019) dall’effettuazione dell’operazione come indicata nel campo “data” del tracciato xml. Le fatture differite continuano invece a dovere essere emesse, e inviate a SdI, entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni quando data di consegna, spedizione o prestazione è attestata da documento commerciale, ddt o altra documentazione idonea. Se la trasmissione avviene oltre tali termini, sarà irrogabile la sanzione fra il 90 e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato. Se la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo, la sanzione è in misura fissa, tra 250 e 2.000 euro. Anche il cessionario o il committente che abbia detratto l’imposta in assenza di una fattura elettronica è punito con una sanzione pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro, sempreché non regolarizzi l’operazione.

Fonte “Il sole 24 ore”

Trasporti e vecchi esoneri evitano l’invio telematico dei corrispettivi

L’introduzione della memorizzazione elettronica dei corrispettivi e della trasmissione dei relativi dati rappresenta una regola generale e sostituisce qualunque altra precedentemente in essere. Sono quindi escluse solo le operazioni per le quali, temporaneamente, il Dm del 10 maggio scorso stabilisce un esonero specifico.

Il nuovo obbligo decorre dal 1° gennaio 2020, eccetto per i soggetti con volume d’affari annuo superiore a 400mila euro, per i quali la partenza è anticipata al 1° luglio 2019, salvo proroghe dell’ultima ora. L’adempimento sostituisce la registrazione dei corrispettivi (articolo 24 del Dpr 633/1972 ), oltre che la certificazione mediante scontrino o ricevuta fiscale; la fattura dovrà però essere emessa se richiesta dal cliente.

Si deve considerare il volume d’affari complessivo del 2018 e, quindi, per chi ha iniziato l’attività nel 2019 l’obbligo scatta dal 2020 (risoluzione 47/E/2019 ). In assenza di specifiche istruzioni, si ritiene che chi ha iniziato l’attività nel 2018 debba verificare il superamento della soglia, senza effettuare alcun ragguaglio ad anno.

Con il Dm del 10 maggio sono stati previsti gli esoneri dai nuovi obblighi che, per espressa previsione, valgono solo in fase di prima applicazione. L’articolo 3 dispone infatti che, con successivi interventi, saranno individuate le date a partire dalle quali verranno meno gli esoneri dalla memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri, con ciò lasciando intendere che l’intenzione è quella di arrivare comunque a un obbligo generalizzato.

Per il momento, sono escluse le operazioni di commercio al minuto e assimilate per le quali, oltre all’esonero dall’obbligo di emissione della fattura (a meno che non sia richiesta dal cliente), l’articolo 2 del Dpr 696/1996 prevede la possibilità di non emettere nemmeno lo scontrino o la ricevuta fiscale (l’esonero compete anche per i servizi di duplicazione della patente di cui al Dm 13 febbraio 2015 e per quelli elettronici del Dm 27 ottobre 2015).

Fra le esclusioni dall’obbligo di certificazione, si rammenta il caso della cessione di giornali quotidiani e periodici (articolo 2, comma 2, lettera e) del Dpr 696/1996). Ne deriva che l’edicola (o, più in generale, il dettagliante) che effettua tali cessioni nei confronti di clienti privati o meno, non sarà tenuta ai nuovi obblighi telematici, restando ferme le regole attuali.

Salvo diverso orientamento da ufficializzare con urgenza, lo stesso ragionamento dovrebbe valere, per esempio, per gli editori che adottano il sistema della forfettizzazione della resa, con riferimento agli abbonamenti sottoscritti dai privati. Per questi soggetti, in effetti, è previsto l’esonero dall’obbligo di emissione della fattura (che discende dell’articolo 1, comma 5, Dm 9 aprile 1993 e, nell’ipotesi specificata, anche dall’articolo 22 del decreto Iva) ma anche da quello di certificazione del corrispettivo mediante scontrino/ricevuta. Il Dpr 696/1996 (articolo 2, lettera oo) esonera infatti queste operazioni dall’obbligo in questione. Ecco quindi che anche per le cessioni qui in esame (dall’editore verso i privati) dovrebbe valere l’esonero dai corrispettivi telematici.

In base al Dm 10 maggio 2019 e fino a nuovo ordine, sono altresì esonerate dai corrispettivi “telematici”:

 le prestazioni di trasporto pubblico collettivo di persone e di veicoli e bagagli al seguito, con qualsiasi mezzo esercitato, per le quali i biglietti di trasporto (compresi quelli emessi da biglietterie automatiche) assolvono la funzione di certificazione fiscale;

 le operazioni effettuate a bordo di una nave, aereo o treno nel corso di un trasporto internazionale.

L’esonero vale, ma solo fino al 31 dicembre 2019, anche per le operazioni collegate e connesse a quelle di cui all’articolo 2 del Dpr 696/1996 e a quelle di trasporto sopra menzionate. Non risulta però definito il criterio di collegamento/connessione.

Inoltre, sembrerebbero costituire una categoria a sé, anche in base a quanto espresso nella relazione illustrativa, le operazioni ex articolo 22 del decreto Iva, se marginali rispetto a quelle già esonerate dai corrispettivi telematici ai sensi delle lettere a) e b) dell’articolo 1 del Dm 10 maggio 2019 o a quelle soggette all’obbligo di fattura. La marginalità è fissata all’1% del volume d’affari dell’anno 2018.

Restano invece confermate le attuali regole settoriali per le vending machine e i distributori di carburante. In particolare, per questi ultimi, le cessioni diverse da quelle di benzina o gasolio destinati a essere utilizzati come carburanti per motori sono oggi certificate mediante scontrino o ricevuta fiscale. Tali operazioni potranno essere esentate dai nuovi obblighi telematici qualora marginali, ma solo fino al 31 dicembre 2019.

Fonte “Il sole 24 ore”

Prestazioni sanitarie B2B con fattura elettronica

La conferma: i servizi B2C non sono documentabili attraverso l’e-fattura
Con la risposta ad interpello 78/2019 l’Agenzia conferma due principi: nessuna prestazione sanitaria B2C può essere documentata da e-fattura; le prestazioni sanitarie B2B vanno documentate con fattura elettronica.
Il quesito viene da un fisioterapista abilitato. Che tale attività rientri tra le professioni sanitarie è ormai indiscutibile, specie dopo che la legge di Bilancio 2019 ha previsto la sanatoria generalizzata dell’esercizio di professioni sanitarie minori ed ha abrogato l’articolo 1 legge 403/74, che disciplinava il massofisioterapista.
L’Agenzia, richiamando dettagliatamente le disposizioni vigenti, ha confermato che per il 2019:
le prestazioni sanitarie effettuate nei confronti di persone fisiche non vanno mai fatturate elettronicamente via Sdi, a prescindere dal soggetto (persona fisica, società) che le eroga e dall’invio, o meno, dei relativi dati al Sistema tessera sanitaria. Questa interpretazione (come era stato già segnalato nella Guida facile alla Fattura elettronica del Sole 24 Ore del 24 gennaio) è l’unica rispettosa delle indicazioni del Garante della privacy nel provvedimento del 20 dicembre 2018 che impone: «In nessun caso sia emessa una fattura elettronica attraverso lo Sdi concernente l’erogazione di una prestazione sanitaria »;
qualora il professionista o la struttura sanitaria si avvalgano di terzi, che non fatturino direttamente all’utente, tali soggetti (fermi eventuali esoneri specifici), devono documentare il servizio B2B a mezzo fattura elettronica via Sdi.
L’Agenzia precisa infine che in ipotesi di divieto o esonero da fatturazione elettronica tramite Sdi, l’obbligo di documentazione fiscale può essere assolto in formato analogico, ma anche con fattura elettronica non-Sdi (ad es. il pdf via email). In tale ultimo caso però valgono le regole del Gdpr, per cui dovrà essere fatta molta attenzione al rispetto delle misure di sicurezza anche informatica a garanzia della privacy.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte “Il sole 24 ore”
Marcello Tarabusi

Corsa contro il tempo sulle e-fatture di gennaio

Il regime transitorio: invio entro lunedì 18, per evitare le sanzioni
Chi rimedia per il 16 marzo dovrà sopportare la penalità piena per l’Iva
Ultimissimi giorni per l’emissione delle fatture relative alle operazioni effettuate nel mese di gennaio 2019; il termine per emetterle senza incorrere in sanzioni è quello della liquidazione del periodo di effettuazione dell’operazione, che per i contribuenti mensili scade lunedì 18 febbraio.
L’articolo 21 del Dpr 633/1972, nella sua attuale versione, prevede l’emissione della fattura al momento di effettuazione dell’operazione, che coincide con la consegna per le cessioni di beni e con il pagamento del corrispettivo per le prestazioni di servizi. Il comma 1 dell’articolo 21 prevede, poi, che la fattura si ha per emessa all’atto della trasmissione al cessionario/committente (tramite lo Sdi); per le fatture immediate, la data della fattura coincide con quella di effettuazione dell’operazione, mentre per le fatture differite la data della fattura è quella di emissione/trasmissione.
Tuttavia, per il primo semestre 2019 (prorogato al 30 settembre per i soggetti che liquidano l’Iva mensilmente), il comma 6 dell’articolo 1 del Dlgs 127/2015, come modificato dall’articolo 10 del Dlgs 119/2018, ha previsto la non applicazione di sanzioni se la fattura è emessa entro il termine della liquidazione del periodo di effettuazione dell’operazione. Dunque, considerato che il 16 febbraio (prorogato al 18 perché il 16 cade di sabato) scade il termine della liquidazione Iva di gennaio per i contribuenti mensili, entro questa data devono essere emesse le fatture relative alle operazioni effettuate nel mese di gennaio per non incorrere in sanzioni.
Nell’ipotesi in cui la fattura sia emessa e trasmessa successivamente alla scadenza della liquidazione periodica (quindi dopo il 18 febbraio), ma entro il termine della liquidazione successiva (quindi entro il 16 marzo), è possibile beneficiare della riduzione delle sanzioni dell’80%. La riduzione delle sanzioni non trova però applicazione con riferimento all’eventuale tardivo versamento dell’Iva.
Infatti, in occasione di Telefisco 2019, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che le sanzioni oggetto della riduzione prevista dal citato comma 6 dell’articolo 1 del Dlgs 127/2015 sono, secondo la formulazione letterale della norma, quelle stabilite dall’articolo 6 Dlgs 471/1997. Pertanto, tra le sanzioni riconducibili a queste fattispecie non rientrano quelle relative all’omesso versamento dell’Iva da parte del cedente, che saranno applicate per intero, fermo restando il ravvedimento operoso.
Esemplificando, quindi:
un contribuente mensile che effettua un’operazione nel mese di gennaio 2019 e che trasmette la relativa fattura allo Sdi entro il termine della liquidazione del 18 febbraio non incorre in nessuna sanzione;
il contribuente che, invece, avendo effettuato l’operazione in gennaio, trasmette la fattura allo Sdi entro il 16 marzo (termine della liquidazione successiva) può beneficiare della sanzione ridotta dell’80% per la tardiva fatturazione, ma applicherà la sanzione piena (pari al 30%) per l’Iva che non ha versato correttamente il 18 febbraio; può scattare, inoltre, la sanzione per l’incompleta comunicazione delle liquidazioni Iva fissata da 500 a 2mila euro.
Per far confluire l’Iva che riguarda le fatture di gennaio nella liquidazione, relativamente alle fatture immediate la data della fattura coincide con quella di effettuazione dell’operazione e, pertanto, l’Iva di queste fatture ricade a debito nel mese di competenza; se la fattura è differita, come precisato dall’agenzia delle Entrate, la data della fattura è quella dell’emissione e trasmissione allo Sdi. Ne consegue che il programma gestionale, se la fattura contiene una data del mese di febbraio, deve riuscire a farla ricadere nella liquidazione di gennaio.
Le fatture di acquisto del mese di gennaio, ricevute entro il 15 di febbraio, devono essere registrate nel mese di ricevimento, ma l’Iva può essere portata in detrazione nel mese di effettuazione dell’operazione, dunque gennaio.
Fonte “Il sole 24 ore”

Medici di base, esonero dall’e-fattura ma obbligo di spesometro

Medici di base convenzionati con il servizio sanitario nazionale esonerati dall’emissione della fattura elettronica per i relativi pagamenti. In base all’articolo 2 del Dm 31 ottobre 1974, infatti, nei rapporti tra i professionisti sanitari e gli enti mutualistici per prestazioni medico-sanitarie il foglio di liquidazione dei corrispettivi compilato da tali enti tiene luogo della fattura. La risoluzione 98/E/2015 aveva escluso, in base a tale disposizione, che i medici convenzionati fossero tenuti ad emettere la fattura Pa (elettronica). La risposta a interpello 54/2019 pubblicata ieri dalle Entrate  conferma che l’esclusione vale anche nel nuovo regime.

Il nuovo obbligo generalizzato di e-fattura, che dal 1° gennaio 2019 è esteso a tutti i contribuenti, subisce delle eccezioni, che l’Agenzia puntualmente riepiloga:
1)eccezioni di ordine soggettivo: per chi rientra nel cosiddetto “regime di vantaggio” (articolo 27, commi 1 e 2, Dl 98/2011) e per chi applica il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
2)eccezioni di ordine oggettivo, per le cessioni/prestazioni di servizi per cui non vi è l’obbligo di documentazione tramite fattura (ad esempio, le operazioni verso consumatori finali dei commercianti al minuto: articolo 22 Dpr n. 633 /72);
3)eccezioni di natura “mista”, che riguardano specifiche categorie di contribuenti e solo «in peculiari situazioni», che l’Agenzia identifica in coloro che: a) «hanno esercitato l’opzione di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000 […]» (così l’articolo 1, comma 3, ultimo periodo del d.lgs. n. 127 del 2015) e b) sono «tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria», i quali, in riferimento al solo periodo d’imposta 2019, «non possono emettere fatture elettroniche ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria» (cfr. l’articolo 10-bis del Dl 119 del 2018).

L’Agenzia infine ricorda un principio che dovrebbe essere ovvio: l’obbligo di e-fattura non si applica nei casi in cui l’operatore in base alle disposizioni previgenti non fosse tenuto ad emettere fattura; la risoluzione 54/E/2019 sottolinea infatti che un obbligo che non esisteva prima non viene certo creato dalle nuove regole. Se questo è il principio generale, deve valere anche per tutti gli altri casi in cui in passato la fattura non era stata ritenuta obbligatoria: è il caso, ad esempio, delle farmacie che documentano le forniture di medicinali con distinta contabile riepilogativa (prevista dalla convenzione al Dpr 371/1998) e scontrino, secondo le procedure disciplinate dalle circolari n. 72 e n. 74 del 1983 e più volte confermate negli anni successivi).

La risoluzione qui commentata affronta anche l’argomento dello “spesometro”, per confermare che il relativo obbligo dal 1° gennaio 2019 è soppresso, ma il relativo obbligo resta in vigore per le operazioni relative al 2018. I medici di base dovranno quindi inviare comunque lo spesometro dell’ultimo periodo del 2018 entro il 28 febbraio, comprendendovi anche le fatture emesse nel corso del 2018 (seppure ricevute dal cessionario/committente nel 2019), anche se inerenti a dati già inviati al Sistema tessera sanitaria. Nello spesometro non devono invece essere incluse le fatture (passive) legittimamente ricevute e registrate a decorrere dal 1° gennaio 2019 (anche se riferite al 2018).

Fonte “Il sole 24 ore”

Dl semplificazioni, e-fatture sanitarie in formato cartaceo

La conversione (legge n. 12/2019, pubblicata ieri in Gazzetta ufficiale) del decreto semplificazioni completa la mappa dei divieti per la fatturazione elettronica applicabili nel 2019 stabilendo, nella sostanza, che le fatture emesse da chiunque per le prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche devono essere solo cartacee. Pertanto, per le prestazioni sanitarie la disciplina si allinea completamente alle prescrizioni del Garante privacy contenute nel provvedimento del 20 dicembre 2018.
Il divieto di fatturazione elettronica si poggia sull’articolo 10-bis del Dl 119/2019 che, dopo l’intervento di modifica della legge di Bilancio 2019 (articolo 1, comma 53, della legge 145/2018), stabilisce che i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria (Sts), ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, non possono emettere fatture elettroniche con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare allo stesso Sts.
L’articolo 9-bis, comma 2 inserito dal Ddl in sede di conversione del decreto legge 135/2018, aggiunge il divieto anche in capo ai soggetti non tenuti all’invio dei dati al Sts, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche. Quindi, gli elementi distintivi dei soggetti e delle prestazioni per cui trova applicazione il divieto di fatturazione elettronica per il 2019, appaiono ora più netti valendo:
per tutte le prestazioni sanitarie rese a persone fisiche da qualunque soggetto, anche non autorizzato in base all’articolo 8-ter del Dlgs 502/1992, senza alcuna distinzione, anche quando il beneficiario abbia opposto il rifiuto per la trasmissione al Sts; quindi rientrano nel divieto anche le prestazioni dei fisioterapisti, quelle sanitarie di assistenza protesica;

per le prestazioni veterinarie rese dai soggetti tenuti ad inviare i relativi dati al Sts.
Come confermato dalla risposta della Faq 58, rientrano nel divieto i soggetti come gli ospedali, case di cura e di riposo, che si trovano ad emettere fatture per prestazioni in parte sanitarie e in parte non sanitarie. Quindi, nel caso in cui la fattura contenga sia addebiti per spese sanitarie sia altre voci di spesa, la fattura deve essere sempre cartacea. Inoltre, partendo dal contenuto letterale dell’articolo 9-bis, comma 2, occorre fare una distinzione; si deve ritenere che eventuali fatture emesse da soggetti Iva intestate ad altri soggetti, comunque diversi dai consumatori finali persone fisiche, beneficiari delle prestazioni sanitarie:
ove debbano riportare elementi identificativi, devono essere cartacee;
se non riportano dati che consentano di individuare i destinatari delle prestazioni devono essere elettroniche.
Allo stesso modo resta obbligatoria la e-fattura per le prestazioni veterinarie rese da soggetti non tenuti all’invio dei dati al Sts.
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Marco Magrini
Benedetto Santacroce

Fattura elettronica, da AssoSoftware un tracciato per la Gdo

Tra le grandi promesse della fatturazione elettronica, una in particolare ha contribuito alla sua recente entrata in vigore. Si tratta della possibilità di realizzare un’automazione completa dei processi amministrativi e gestionali grazie al trasferimento tra cedente e cessionario dei dati elaborabili presenti nella fattura elettronica.

In questo approfondimento voglio fare alcune considerazioni su quanto è stato effettivamente finora realizzato e su quanto c’è ancora da fare affinché questa promessa possa davvero considerarsi concretamente e pienamente mantenuta.

L’automazione dei processi legati al ciclo attivo di fatturazione, che preveda non solo la contabilizzazione delle fatture emesse, ma anche la riconciliazione con gli ordini, i Ddt, il magazzino, eccetera, senza l’intervento dell’operatore è una delle grandi promesse della fatturazione elettronica. Cui si collega inevitabilmente l’automazione, lato ciclo passivo, dei processi di contabilizzazione delle fatture di acquisto, con tutti i risvolti gestionali connessi.

Nella spinta all’automazione, stanno giustamente entrando – forse in modo un po’ dispotico – le imprese più strutturate, in particolare quelle della grande distribuzione (Gdo) che, godendo della posizione privilegiata di “grandi clienti”, stanno imponendo ai propri fornitori l’inserimento di una serie di informazioni appositamente codificate nella struttura Xml, che rendono possibile l’automazione dei processi gestionali.

La domanda che quindi sorge spontanea è: a che punto siamo oggi – che siamo entrati pienamente nell’era della fatturazione elettronica – con la digitalizzazione di tutti i processi amministrativi e gestionali? In altre parole, è tutto già pronto e perfettamente automatizzato, oppure c’è ancora qualcosa da fare? E quanto resta ancora da fare?

Chiaramente molto è stato fatto, ma evidentemente la risposta a questa domanda è si può fare ancora tanto. Risposta che porta sempre con sé l’obiezione che ci siamo tutti fatti cogliere impreparati su questi aspetti, che da anni sono decantati come vantaggi assoluti della fatturazione elettronica. In proposito ci sentiamo però in dovere di fare alcune utili riflessioni, anche di tipo tecnico. Suddividiamo l’analisi per punti:
•l’attuale struttura della fattura elettronica non contempla, se non marginalmente, l’indicazione strutturata di tutte le informazioni utili ad automatizzare tutti i processi gestionali;
•l’attuale struttura della fattura elettronica prevede però la possibilità di inserire in un formato non codificato, ma codificabile convenzionalmente tra le parti, ulteriori informazioni sia di corpo che di rigo.

Ne conseguono alcune considerazioni. La prima riguarda il fatto che poter acquisire già dal 1° gennaio 2019 in modo automatico sui propri gestionali la maggior parte dei dati delle fatture di acquisto (importi, descrizioni di rigo, aliquote e nature Iva, eccetera) è un primo passo molto importante, che rende la registrazione delle fatture più rapida e sicura rispetto alla digitazione manuale dei dati, ancorché l’operatore debba per il momento continuare a effettuare alcune operazioni manuali per completare la registrazione.

La seconda è che non è del tutto vero che si siano fatti tutti cogliere tutti impreparati su questi aspetti. Il problema è esclusivamente di comunicazione. Gli addetti ai lavori, che da anni conoscono l’attuale tracciato, il medesimo che dal 2014 è utilizzato per la fatturazione alla Pa, hanno ben chiaro da sempre che un’automazione condivisa sarà possibile e si potrà raggiungere quando, all’interno delle fatture emesse, i fornitori inseriranno tutte le informazioni necessarie, in modo strutturato ed elaborabile.

Ma che cosa significa «in modo strutturato ed elaborabile»? Si può già fare qualcosa? E se sì, perché non è stato già fatto? La risposta a questo legittimo interrogativo è complessa e richiede un esame articolato dei fatti.

La fattura elettronica è nata come obbligo – com’è noto a tutti – per esigenze fiscali, in particolare di controllo delle frodi in ambito Iva. Per questo motivo tutta la sua gestione è stata affidata dal nostro legislatore all’agenzia delle Entrate, che si è concentrata su tutti gli aspetti che riguardavano l’ambito fiscale.

Gli aspetti gestionali sono stati quindi lasciati alla libera impostazione degli stakeholders (tra cui le Gdo), che però sono molti e finora non si sono ancora organizzati per concordare soluzioni comuni.

L’unico soggetto che da subito ha proposto un tracciato codificato valido per tutti è proprio AssoSoftware, che da quasi due anni ha ufficializzato una codifica comune che utilizza i campi dedicati agli aspetti gestionali contenuti all’interno dell’attuale schema Xml ufficiale dell’agenzia delle Entrate. Si tratta di un tracciato pubblico e libero, visionabile sul sito istituzionale www.assosoftware.it e utilizzabile da chiunque sia interessato, senza vincolo alcuno, cui hanno aderito i principali produttori di software associati che ne garantiscono l’elaborabilità.

AssoSoftware inoltre, in qualità di socio di Uninfo (Ente italiano di normazione sulle tecnologie informatiche federato all’Uni), ha intrapreso un percorso di sviluppo e standardizzazione del suo arricchimento informativo che dovrebbe portare dapprima alla pubblicazione del documento tecnico come «Prassi di riferimento Uni» e a seguire a proporre al Cen (Comitato Europeo di Normazione) tale prassi come estensione italiana del prossimo standard europeo sulla fatturazione elettronica.

Dunque, per rispondere al quesito, sì si può già fare, tuttavia ben pochi soggetti si sono fino a questo momento potuti dedicare e hanno potuto richiedere le necessarie implementazioni dei propri software (il che è naturale, visto che il rischio di una proroga ci ha accompagnato fino al 1° gennaio 2019), per cui ci aspettiamo nei prossimi mesi un’evoluzione dei processi da parte di molti stakeholders che porteranno via via a un’automazione sempre più spinta dei processi.

Il nostro suggerimento, soprattutto nei confronti delle Gdo che hanno necessità particolari e specifiche, è quello di non adottare soluzioni proprietarie la cui implementazione da parte dei produttori software che realizzano le procedure informatiche costituirebbe un costo addebitabile esclusivamente a un solo loro cliente (il fornitore della singola Gdo), ma è invece di adottare il tracciato integrato AssoSoftware, che è un tracciato nazionale.
Ma facciamo un caso specifico: supponiamo che la richiesta della Gdo al proprio fornitore sia di far inserire all’interno del tracciato il «Centro di Costo/Punto Vendita» a cui destinare la merce acquistata, come si dovrebbe implementare il contenuto della fattura Xml?

Leggendo le specifiche tecniche del tracciato AssoSoftware vediamo che è previsto il codice «AswCenCost» proprio per identificare il centro di costo da parte del mittente. A questo punto usando le indicazioni delle specifiche tecniche andremo a implementare il blocco [2.2.1.16] AltriDatiGestionali utilizzando i seguenti tipi dato convenzionali:
•[2.2.1.16.1] TipoDato = “AswCenCost” nel caso di Centro di costo/Punto Vendita
•[2.2.1.16.2] riportare il valore del Centro di costo/codice del punto vendita destinatario della merce.

In questo modo il software della Gdo potrà elaborare le fatture in arrivo e smistarle/contabilizzarle correttamente.

Nel caso in cui il tracciato AssoSoftware dovesse rivelarsi non idoneo a gestire determinate problematiche, l’Associazione si rende disponibile – su richiesta che pervenga per il tramite dei propri associati o anche direttamente nel caso di Gdo di grande rilevanza – a integrare tale tracciato, senza costo alcuno per il richiedente. La soluzione proposta da AssoSoftware è chiaramente una soluzione di mercato, nata per far fronte a esigenze gestionali, che – come dicevamo poc’anzi – non essendo di interesse dell’agenzia delle Entrate sono state implementate in modo non codificato nell’attuale schema Xml.

L’auspicio è che, partendo dall’iniziativa di AssoSoftware, si apra un confronto vivo con tutti gli stakeholders interessati che porti a condividere codifiche e convenzioni di carattere gestionale per giungere veramente a un’unica «estensione nazionale della fattura elettronica».

Fonte “Il sole 24 ore”

Fatture su carta, senza effetti il secondo invio elettronico

Doppia spedizione: non è valida la strada delle note di credito
L’obbligo della fatturazione elettronica tra privati sta facendo emergere, in questa prima fase di applicazione, una serie di criticità. Un tema particolarmente delicato è dato dall’invio, tramite formato elettronico, della medesima fattura già emessa e consegnata nel 2018, in formato cartaceo o comunque non elettronico.
Ipotizziamo che, per un errore del software, una società abbia trasmesso, in data 1° gennaio 2019, mille fatture già emesse nel mese di dicembre 2018, consegnate alla controparte e contabilizzate entro la fine dello stesso anno (il caso, tutt’altro che teorico, ha coinvolto più contribuenti).
Ipotizziamo anche che l’ulteriore invio elettronico non sia stato bloccato dal sistema Sdi (le fatture sono risultate al sistema come regolari, né il sistema è stato in grado di riconoscerne la natura di secondo invio, dal momento che l’emissione originaria è avvenuta fuori dal sistema elettronico). La ricezione elettronica di queste fatture, lato soggetto ricevente, non può essere rifiutata da quest’ultimo, in quanto il sistema non considera questa opzione (differentemente da quanto potrebbe invece accadere in caso di rapporto con la pubblica amministrazione).
Con tutta probabilità, in caso di errato doppio invio della medesima fattura, fino all’anno scorso, seguendo le modalità non elettroniche o “cartacee”, le parti si sarebbero semplicemente accordate nel senso di stralciare la copia inviata in più, tenendo per buona quella emessa secondo le tempistiche di legge.
Tuttavia, oggi il tema deve essere rivalutato alla luce del passaggio nel sistema Sdi, che traccia e mantiene memoria dell’avvenuto invio in predicato. A un primo esame, si potrebbe ipotizzare valido l’utilizzo delle note di credito, ex articolo 26 el Dpr 633/72, quale metodo per stornare il secondo invio (quello elettronico) erroneamente effettuato.
Tuttavia, a una disamina più attenta, non può sfuggire il fatto che questa problematica attenga non già ad un errore di fatturazione, ma ad un errato secondo invio della stessa fattura già emessa.
L’articolo 26 del Dpr 633, a ben vedere, contempla una moltitudine di casi soggetti a rettifica, tutti comunque accomunati da un errore, formale o sostanziale, della fattura emessa. Ecco quindi che troviamo disciplinati dall’articolo 26 casi di: variazioni in aumento o in diminuzione della base imponibile o dell’imposta, correzioni di errori formali e di calcolo, casi di abbuoni e sconti successivamente intervenuti per accordo tra le parti, e così via. Il caso qui trattato, però, è differente: la fattura non è stata emessa con errori, semplicemente è stata inviata due volte.
A parere di chi scrive, quindi, l’emissione di note di credito nel caso specifiche risulterebbe errata. La procedura corretta dovrebbe invece essere quella di non considerare il cosiddetto secondo invio, evitando conseguentemente ogni correlata contabilizzazione (e mantenendo ovviamente memoria contabile, e con questa ogni successivo adempimento fiscale, del primo corretto invio).
Vista la particolarità della questione, potrebbe essere utile provvedere a una comunicazione all’agenzia delle Entrate, in base alla legge 212/2000 (Statuto del contribuente), mettendola al corrente dell’errore avvenuto, magari identificando il flusso informatico in questione.
In questi casi, sarebbe auspicabile che l’amministrazione finanziaria, oltre a chiarire i corretti adempimenti da adottare, consideri il particolare contesto di novità e le correlate difficoltà interpretative, evitando di comminare qualsivoglia sanzione od emettere accertamenti di sorta.
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Enrico Holzmiller

Fatture 2018 inviate a gennaio, vale l’emissione «in analogico»

Le autofatture da autoconsumo, da omaggio o per l’estrazione dei beni dal deposito Iva devono essere inviate al sistema d’interscambio con l’indicazione del codice TD01 e non con il codice TD20, codice che è utilizzabile solo per le «autofatture spia»; le fatture attive datate dicembre 2018, ma inviate tramite posta ordinaria o tramite Pec nei primi giorni di gennaio possono essere analogiche; la data della fattura immediata è la data di effettuazione dell’operazione, mentre per la fattura differita la data da indicare è la data di emissione della fattura elettronica. Sono alcuni dei chiarimenti forniti ieri dall’agenzia delle Entrate nel corso dell’incontro promosso dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili.

Autofatture

Per le autofatture per omaggi, per autoconsumo o per destinazione a finalità estranee all’attività d’impresa era chiaro, in base alle Faq diffuse in precedenza dalla stessa Agenzia, che dovessero essere inviate al sistema d’interscambio. Quello che viene chiarito ora è che tali documenti devono essere classificati con il codice «tipo documento» TD01 vale a dire il codice identificativo delle fatture ordinarie. Non deve essere utilizzato il codice TD20 che, invece, è da utilizzarsi solo e unicamente per le autofatture emesse dal cessionario/committente nel caso in cui dopo quattro mesi dall’effettuazione dell’operazione lo stesso non abbia ancora ricevuto la fattura elettronica relativa alla specifica transazione. In altre parole il «TD20» deve essere utilizzato solo per le autofatture di cui all’articolo 6, comma 8 del Dlgs 471/97.

Nelle risposte viene chiarito che analogo trattamento deve essere effettuato per le autofatture per l’estrazione dei beni da un deposito Iva ovvero per inviare volontariamente la cosiddetta «autofattura» di integrazione della fatture nazionali soggette a reverse charge.

A proposito delle autofatture di estrazione dal deposito Iva, è importante segnalare che secondo l’agenzia delle Entrate (anche se sul punto si esprime personalmente qualche dubbio) le stesse vadano obbligatoriamente inviate allo Sdi.

Emissione e ricezione

Un tema di particolare interesse riguarda la gestione delle fatture del 31 dicembre del 2018. In effetti, il tema che si poneva era di comprendere come dovessero essere emesse e gestite le fatture attive datate 2018, ma inviate al cliente tramite posta ordinaria o tramite Pec nei primi giorni del 2019. In particolare ci si poneva il problema se le stesse dovessero essere trattate in elettronico o se potevano ancora essere emesse in analogico.

L’Agenzia, riprendendo a dire il vero un’integrazione fatta nelle Faq pubblicate sul sito, ribadisce che queste fatture possono essere emesse in analogico. Inoltre, in relazione al cessionario/committente, l’Agenzia sottolinea che le fatture possono essere detratte direttamente nel mese di gennaio 2019. Sempre per le fatture datate 30 dicembre 2018, inviate, in questo caso, elettronicamente con un lieve ritardo entro i primi giorni di gennaio 2019, l’Agenzia chiarisce che non si darà luogo a sanzioni in base all’articolo 6, comma 5 bis del Dlgs 472/97.

Fonte “Il sole 24 ore”

Fattura elettronica, moratoria a due vie e allargamento degli esoneri

Avvio morbido della fattura elettronica con moratoria delle sanzioni per ritardata emissione dei documenti estesa fino a settembre del 2019 per i contribuenti mensili, mentre resta ferma a giugno per i trimestrali; ampliamento delle casistiche soggettive e oggettive di esclusione dall’obbligo di emissione della fattura elettronica; previsione dell’obbligo di trasmissione dei corrispettivi telematici a decorrere dal 1° luglio 2019 per i contribuenti con un volume d’affari superiore a 400mila euro, e dal 1° gennaio 2020 per tutti; egualmente dal 2020 debutto delle dichiarazioni precompilate Iva con riduzione degli obblighi di tenuta dei registri Iva.

Vengono, invece, confermate le nuove regole a regime per emissione delle fatture, registrazione delle operazioni e detrazione anticipata delle fatture d’acquisto infrannuali. Queste, sul fronte della fatturazione elettronica, sono le principali novità e conferme contenute nella legge di conversione del decreto legge n. 119/2018, approvata ieri in via definitiva dalla Camera dei Deputati.

Moratoria

Gli operatori che non saranno pronti a gestire dal 1° gennaio 2019 la predisposizione e la trasmissione delle fatture elettroniche allo Sdi in formato strutturato Xml potranno usufruire di un periodo (di sei mesi per i contribuenti trimestrali e di nove mesi per i contribuenti mensili) in cui la fattura elettronica potrà essere emessa in ritardo senza sanzioni, a condizione che l’emissione avvenga entro il termine di liquidazione dell’Iva di periodo. O comunque le sanzioni saranno ridotte al 20 per cento se la fattura, emessa in maniera tardiva, partecipa alla liquidazione periodica del mese o del trimestre successivo.

La moratoria opera naturalmente anche nei riguardi del cessionario/committente che non abbia ricevuto e-fattura o abbia erroneamente detratto l’imposta non procedendo alla regolarizzazione con autofattura-denuncia, in assenza di fattura elettronica o con ravvedimento operoso.

Nuovi esoneri

In sede di conversione del decreto legge 119/2018, è stato anche esteso agli operatori sanitari l’esonero dall’obbligo di emettere fattura elettronica unicamente per le operazioni effettuate nel 2019 ed i cui dati sono inviati al Sistema tessera sanitaria. Gli operatori sanitari non sono comunque esonerati dal ricevere e-fatture dai loro fornitori.

Altra esclusione soggettiva interessa le associazioni sportive dilettantistiche, in relazione ai proventi da attività commerciali laddove non superiori a 65mila euro: oltre soglia, la fattura deve essere invece emessa elettronicamente per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d’imposta. Infine, gli obblighi di fatturazione e registrazione relativi ai contratti di sponsorizzazione e pubblicità delle associazioni sportive devono essere adempiuti dai cessionari.

Precompilate Iva

Per tutti i soggetti passivi Iva residenti e stabiliti in Italia saranno disponibili, a partire dalle operazioni Iva 2020, in apposita area riservata del sito internet dell’agenzia delle Entrate, le bozze dei registri Iva acquisti e vendite, delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale Iva. In caso di convalida delle informazioni proposte o di integrazione dei dati, viene meno l’obbligo di tenuta dei registri Iva acquisti e vendite, ad eccezione della tenuta del registro degli incassi e pagamenti.

Rifiuto fatture Pa

Con decreto ministeriale saranno, poi, stabilite le cause che possono consentire alle amministrazioni pubbliche di rifiutare le fatture elettroniche ricevute, superando così l’attuale meccanismo per il quale, ricevuto il tracciato Xml, le pubbliche amministrazioni hanno quindici giorni di tempo per accettare tramite lo Sdi la fattura elettronica oppure per rifiutarla, non avendo alcun obbligo di indicare la motivazione del rifiuto stesso.

Trasmissione telematica

Altro emendamento approvato riguarda, infine, la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri obbligatoria dal 1° gennaio 2020, e anticipata al 1° luglio 2019 per i soggetti con volume d’affari superiore a 400mila euro. La trasmissione dei dati dei corrispettivi fa venire meno l’obbligo di tenuta del relativo registro.

Fonte “Il sole 24 ore”

Domande esperti – risposte Agenzia Entrate (Fatturazione Elettronica)

Detrazione indebita

Domanda: Il cedente emette il 21 aprile, in luogo della fattura elettronica, una fattura cartacea. Il cessionario per distrazione pur non avendo la fattura elettronica, sulla base della fattura cartacea detrae l’imposta nella liquidazione del 16 maggio. Nel caso in cui il cessionario riceva la fattura elettronica il 13 maggio e provveda entro il 15 maggio a stornare la registrazione precedente ed annotare la fattura elettronica nel registro dell’articolo 25 sarà sanzionabile?

Risposta:Nel caso di specie si ritiene che avendo ricevuto la fattura elettronica entro il termine della propria liquidazione periodica, la sanzione non sarebbe applicabile.Al contrario,se non riceve la fattura elettronica via Sdi entro la liquidazione periodica in cui ha operato la detrazione la sanzione risulterà applicabile, in quanto ha detratto l’Iva in assenza di una fattura regolare (cioè, la fattura elettronica via Sdl).

Sparisce lo spesometro

Domanda: Le fatture emesse da minimi, forfettari nonché in regime di vantaggio, verso operatori Iva residenti e stabiliti non sono più soggette ad alcuna forma di comunicazione (spesometro)?

Risposta: L’articolo 1,comma 3 bis,del Dlgs 127/15 stabilisce un obbligo di comunicazione dei dati delle sole fatture relative ad operazioni transfrontaliere, cioè quelle da o verso soggetti non residenti o non stabiliti nel territorio dello Stato; inoltre la legge di Bilancio 2018 ha abrogato l’articolo 21 del Dl 78/2010 con riferimento alle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate a partire dal 10 gennaio 2019 (il cosiddetto “nuovo spesometro”). Conseguentemente, per le fatture ricevute da un soggetto passivo Iva che rientra nel regime forfettario o di vantaggio a partire dal 10 gennaio 2019 non sussisterà più l’obbligo di comunicazione “spesometro”.

Gli omaggi passano dallo Sdi

Domanda: Le autofatture emesse per omaggi rientrano nella fattispecie dell’obbligo di fatturazione elettronica dal prossimo 1° gennaio 2019? Se sì, sono previsti particolari documenti?

Risposta: Sì, le fatture per omaggi vanno emesse come fatture elettroniche e inviate al Sistema d’interscambio.

Autofatture in reverse charge

Domanda: Le autofatture fatte in caso di reverse charge vanno inviate al Sistema di interscambio? Se le autofatture hanno la stessa numerazione delle fatture attive (che invio allo Sdi) posso conservare le autofatture cartacee e le fatture B2B in modalità digitale?

Risposta: Per quanto riguarda le operazioni in reverse charge bisogna fare una distinzione di base. Per gli acquisti intracomunitari e per gli acquisti di servizi extracomunitari, l’operatore Iva residente o stabilito in Italia sarà tenuto a effettuare l’adempimento della comunicazione dei dati delle fatture d’acquisto ai sensi dell’articolo 1, comma 3 bis, del Dgs 127/15. Per gli acquisti interni peri quali l’operatore Iva italiano riceve una fattura elettronica riportante la natura “N6”, in quanto I’operazione è effettuata in regime di inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17 del Dpr 633/72, l’adempimento contabile previsto dalle disposizioni normative in vigore prevede una “integrazione” della fattura ricevuta con l’aliquota e l’imposta dovuta e la conseguente registrazione della stessa ai sensi degli articoli 23 e 25 del Dpr 633/72. Al fine di rispettare il dettato normativo, I’Agenzia ha già chiarito con la circolare 13/E del 2 luglio 2018 che una modalità alternativa all’integrazione della fattura possa essere la predisposizione di un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa. Al riguardo, si evidenzia che tale documento — che per consuetudine viene chiamato “autofattura” poiché contiene i dati tipici di una fattura e, in particolare, l’identificativo Iva dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del cedente/ prestatore che in quello del cessionario/committente – può essere inviato al Sistema di Interscambio e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall’agenzia delle Entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione.

Fatture per conto terzi

Domanda:  ln presenza di soggetti che emettono la fattura per conto di altri soggetti come nel caso delle cooperative che la emettono per conto dei propri soci (articolo 34, comma 7, Dpr 633/72), i soggetti emittenti sono anche destinatari della fattura. Si chiede se il cedente possa ricevere la fattura emessa per suo conto nella sua area riservata e l’acquirente-emittente glielo comunica con modalità estranee allo Sdl.

Risposta: Lo Sdl consegna la fattura all’indirizzo telematico (Pec o codice destinatario) riportato nella fattura stessa: pertanto, nel caso di fattura emessa dal cessionario/committente per conto del cedente/prestatore, qualora nella fattura elettronica sia riportato l’indirizzo telematico del cedente/prestatore lo Sdl consegnerà a tale indirizzo la fattura, salvo il caso in cui il cessionario/committente abbia utilizzato il servizio di registrazione presente nel portale Fatture e Corrispettivi.

Passaggi interni dallo Sdi

Domanda:  Le fatture relative ai passaggi interni ai sensi dell’articolo 36 del decreto Iva, seguono le regole ordinarie e quindi vengono trasmessi all’emittente mediante SDI?

Risposta: Sì, le fatture relative a passaggi interni devono essere fatture elettroniche inviate allo Sdl.

Niente e-fatture fuori campo

Domanda:  Sono obbligato ad inviare le fatture fuori campo Iva?

Risposta: Perle operazioni fuoricampo di applicazione dell’Iva (ad esempio, le operazioni “monofase” di cui all’articolo 74 del Dpr 633/72), le disposizioni di legge stabiliscono che l’operatore non è tenuto ad emettere una fattura. Tali disposizioni non sono state modificate con l’introduzione della fatturazione elettronica, pertanto l’operatore non sarà obbligato ad emettere fattura elettronica. Per completezza, tuttavia, si evidenzia che le regole tecniche stabilite dal provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018 consentono di gestire l’emissione e la ricezione via Sdl anche di fatture elettroniche “fuori campo Iva” con il formato XML: pertanto, qualora l’operatore decida di emettere una fattura per certificare le predette operazioni, dovrà emetterla elettronicamente via Sdl utilizzando il formato XML. In tale ultimo caso, il “codice natura” da utilizzare per rappresentare tali operazioni è “N2”.

Possibile indicare più Pec

Domanda: L’impresa, anziché utilizzare l’indirizzo Pec iscritto al Registro Imprese (che rappresenta l’equivalente “elettronico” dell’indirizzo “fisico” della sede legale) può dotarsi di un altro indirizzo Pec da destinare esclusivamente alla fatturazione elettronica (per tutte le fatture sia da emettere che da ricevere)? E se sì ha lo stesso valore fiscale/legale?

Risposta:  Il provvedimento del 30 aprile 2018 e le relative specifiche tecniche ammettono certamente la possibilità di utilizzare più Indirizzi telematici”, quindi anche più Pec, anche diverse da quella legale registrata in Inipec (indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata www.inipec.gov.it).

Peraltro, l’operatore Iva residente o stabilito può scegliere anche di trasmettere e/o ricevere le sue fatture attraverso l’indirizzo telematico (ad esempio Pec) del suo intermediario o di un soggetto terzo che offre servizi di trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche, senza necessità di comunicare alcuna “delega” in tal senso all’Agenzia delle entrate. Il Sistema di interscambio, come un postino, si limita a recapitare le fatture elettroniche all’indirizzo telematico (come la Pec) che troverà riportato nella fattura elettronica salvo che l’operatore Iva che appare in fattura come cessionario/committente non abbia preventivamente “registrato” nel portale “Fatture e Corrispettivi” l’indirizzo telematico (Pec o codice destinatario) dove intende ricevere di default tutte le fatture elettroniche trasmesse dai suoi fornitori. Per maggiori chiarimenti si rimanda alla guida sulla fatturazione elettronica pubblicata nell’area tematica della home page del sito dell’agenzia delle Entrate.

Fattura 2018 in ritardo

Domanda: Come dobbiamo trattare le fatture di acquisto datate 2018 ma ricevute nel 2019, non in formato elettronico, ma cartacee oppure via mail?

Risposta: L’obbligo di fatturazione elettronica scatta, in base all’articolo 1, comma 916, della legge di Bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017 n. 205), per le fatture emesse a partire dal 10 gennaio 2019. Pertanto, il momento da cui decorre l’obbligo è legato all’effettiva emissione della fattura. Nel caso evidenziato nel quesito se la fattura è stata emessa e trasmessa nel 2018 (la data è sicuramente un elemento qualificante) in modalità cartacea ed è stata ricevuta dal cessionario/committente nel 2019, la stessa non sarà soggetta all’obbligo della fatturazione elettronica. Ovviamente, se il contribuente dovesse emettere una nota di variazione nel 2019 di una fattura ricevuta nel 2018, la nota di variazione dovrà essere emessa in via elettronica.

Fattura non trasmessa

Domanda: Dal 2019, se un fornitore non invierà la fattura elettronicamente, il contribuente perderà la possibilità di detrarre l’Iva? Sarà comunque tenuto a pagare l’importo pattuito?

Risposta: Se il fornitore non emette la fattura elettronica, trasmettendola al Sistema di interscambio, la fattura non si considera fiscalmente emessa. Pertanto il cessionario/committente (titolare di partita Iva) non disporrà di un documento fiscalmente corretto e non potrà esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva. Questo gli impone di richiedere al fornitore l’emissione della fattura elettronica via Sdl e, se non la riceve, è obbligato ad emettere autofattura ai sensi dell’articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/97. Con la regolarizzazione potrà portare in detrazione l’Iva relativa.Le disposizioni di cui all’articolo 1 del Dlgs n. 127/15 in tema di fatturazione elettronica hanno rilevanza fiscale. In relazione ai pagamenti, varranno le regole e gli accordi commerciali stabiliti tra le parti.

Possibile la fattura differita

Domanda: Nell’ambito della fattura elettronica è possibile l’uso della fattura differita?

Risposta: L’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica non ha modificato le disposizioni di cui all’articolo 21, comma 4,del Dpr 633/72 e quindi è possibile l’emissione di una fattura elettronica “differita”. Secondo la norma si può emettere una fattura entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell ‘operazione di cessione di beni o prestazioni di servizi. A titolo d’esempio, quindi, per operazioni di cessione di beni effettuate il 20 gennaio 2019, l’operatore Iva residente o stabilito potrà emettere una fattura elettronica “differita” il 10 febbraio 2019 avendo cura di: e al momento della cessione (20 gennaio), emettere un Ddt o altro documento equipollente (con le caratteristiche determinate dal Dpr 472/1996) che accompagni la merce; e datare la fattura elettronica con la data del 10 febbraio 2019 indicandovi i riferimenti del documento o dei documenti di trasporto (numero e data); e far concorrere l’Iva alla liquidazione del mese di gennaio.

Una copia al condominio

Domanda: Dal 1° gennaio 2019 quali sono gli obblighi in termini di fattura elettronica a carico di amministratore e condomini?

Risposta:  Il condominio non è un soggetto titolare di partita Iva e non emette fattura.

Gli operatori Iva residenti o stabiliti che emetteranno fattura nei confronti di un condominio saranno tenuti ad emettere fattura elettronica via Sdl considerando il condominio alla stregua di un “consumatore finale”. Pertanto, come previsto dal provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018: e nel compilare la fattura elettronica riporteranno il codice fiscale del condominio nel campo dell’identificativo fiscale CF del cessionario/ committente; e valorizzeranno il campo “codice destinatario” della fattura elettronica con il codice convenzionale “0000000” e invieranno la fattura elettronica al Sdl;

o consegneranno una copia della fattura elettronica trasmessa – in formato analogico o elettronico – al condominio. Nella copia dovrà essere esplicitamente detto che si tratta della copia della fattura trasmessa e che il documento fiscalmente valido sarà esclusivamente quello disponibile nell’area riservata.

L’agenzia delle Entrate metterà a disposizione del condominio la fattura elettronica correttamente elaborata dallo Sdl, in un’apposita area riservata del sito dell’Agenzia.

Si coglie l’occasione per evidenziare che tali regole valgono anche per gli enti non commerciali non titolari di partita Iva.

Privati, documento via mail

Domanda:  I professionisti dal 2019 saranno obbligati ad emettere fatture elettroniche anche ai cittadini senza partita Iva. Il cliente può pretendere di ricevere comunque la versione cartacea o in formato Pdf? Se fornisce la Pec, gli si deve inviare a quell’indirizzo la fattura elettronica oppure è tenuto a scaricarla dallo Sdl?

Risposta: Come stabilito dall’articolo 1 del Dlgs 127/15, l’operatore Iva residente o stabilito è obbligato ad emettere la fattura elettronica anche nei rapporti con i privati consumatori finali (B2C) e a consegnare agli stessi una copia, della fattura elettronica emessa, in formato analogico o elettronico salvo che il cliente non rinunci ad avere tale copia.

La rinuncia della copia analogica o elettronica della fattura potrà più facilmente avvenire se l’operatore Iva ricorderà al cliente che potrà consultare facilmente la fattura elettronica nella sua area riservata del sito dell’agenzia delle Entrate, in una specifica sezione accanto a quella della sua dichiarazione precompilata.

Infine si sottolinea che tanto i consumatori finali persone fisiche quanto gli operatori che rientrano nel regime forfettario o di vantaggio, quanto i condomini e gli enti non commerciali, possono sempre decidere di ricevere le fatture elettroniche emesse dai loro fornitori comunicando a questi ultimi, ad esempio, un indirizzo Pec (sempre per il tramite del Sistema di Interscambio).

Scarto da partita inesistente

Domanda: Nel caso in cui un fornitore invia una fattura verso una partita Iva inesistente o cessata il Sdl scarta questa fattura?

Risposta: Le due ipotesi vanno distinte.

Nel caso in cui la fattura elettronica riporti un numero di partita Iva ovvero un codice fiscale del cessionario/committente inesistente in Anagrafe tributaria, lo Sdl scarta la fattura in quanto la stessa non è conforme alle prescrizioni dell’articolo 21 del Dpr 633/72.

Nel caso in cui la fattura elettronica riporti un numero di partita Iva cessata ovvero un codice fiscale di un soggetto deceduto ma entrambi esistenti in Anagrafe tributaria, lo Sdl non scarta la fattura e la stessa sarà correttamente emessa ai fini fiscali: in tali situazioni l’agenzia delle Entrate potrà eventualmente effettuare controlli successivi per riscontrare la veridicità dell’operazione.

Rifiuto fuori dallo Sdi

Domanda: Nel caso riceva una fattura per merce mai acquistata, cosa devo fare?

Risposta: L’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica non ha introdotto disposizioni riguardanti il “rifiuto” di una fattura. Pertanto, nel caso in esempio, il cessionario che riceva una fattura per una partita di merce mai ricevuta potrà rifiutarla o contestarla comunicando direttamente con il cedente (via email, telefono eccetera): non è possibile veicolare alcun tipo di comunicazione di rifiuto o contestazione attraverso il canale dello Sdl.

Lo spazio Lettere d’intento

Domanda:  Siamo una società di capitali, fornitrice di un esportatore abituale. Vorremmo sapere dove dobbiamo indicare sulla fatturazione elettronica il numero e la data della dichiarazione d’intento ricevuta.

Risposta: La fattura emessa nei confronti di un esportatore abituale deve contenere, ai fini Iva, il numero della lettera d’intento. Si ritiene che I ‘informazione possa essere inserita nell’XML della fattura elettronica utilizzando uno dei campi facoltativi relativi ai dati generali della fattura (ad esempio, “Causale”) che le specifiche tecniche lasciano a disposizione dei contribuenti.

Il registro delle deleghe

Domanda: Perché e con quali modalità occorre tenere il registro delle deleghe?

Risposta: Il nuovo sistema di comunicazione telematica, direttamente da parte dell’intermediario delegato, dei dati per attivare la delega ricalca sostanzialmente la procedura già in uso per l’accesso alla dichiarazione precompilata da parte degli intermediari, procedura già ritenuta idonea dal Garante della Privacy per la protezione e riservatezza dei dati personali. Anche la tenuta del registro rientra nell’ambito del sistema di garanzie previsto a tutela del delegante: in particolare risponde alla finalità di garantire che la delega sia stata acquisita dall’intermediario prima della sua richiesta di attivazione telematica. Il registro può essere tenuto con qualsiasi modalità, anche in formato elettronico (in forma tabellare o foglio elettronico), e richiede la compilazione dei campi previsti nel provvedimento.

Eventuali moduli già acquisiti dai clienti prima del 5 novembre (data di approvazione dei nuovi modelli) e non ancora presentati possono essere registrati con data g novembre, inserendo nel registro una annotazione sul fatto che l’acquisizione della delega è avvenuta prima della data di emanazione del provvedimento.

Originale all’Agenzia

Domanda: Ho acquisito prima del 5 novembre un modulo contenente il conferimento della delega sia ai servizi di fatturazione elettronica sia alla consultazione del cassetto fiscale. Non potendo comunicare in via telematica con le nuove modalità approvate la delega al cassetto fiscale, in caso di presentazione del modulo in ufficio (per il solo cassetto fiscale) come mi devo comportare in relazione alla conservazione dell’originale?

Risposta:In tal caso, sarà l’ufficio dell’agenzia delle Entrate che conserverà il modulo in originale, rilasciando la relativa ricevuta, e nel registro delle deleghe potrà essere riportata l’annotazione con la quale si evidenzia che il modulo in originale è conservato presso l’ufficio dell’Agenzia dove è stato presentato (riportando il nome dell’ufficio e il numero di protocollo della ricevuta).

Indirizzo da registrare sul sito delle Entrate

di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce

La gestione elettronica delle fatture passive ricevute dai soggetti Iva, anche alla luce delle problematiche sorte dal 1° luglio ad oggi, impone alle imprese e ai professionisti una serie di scelte necessarie, tra l’altro, per semplificare i rapporti con i fornitori, per avere un monitoraggio completo delle operazioni effettuate e per definire le regole per gli acquisti realizzati dai dipendenti nel corso delle trasferte.

Preregistrazione dell’indirizzo

I cessionari/committenti devono far sì che il processo di ricezione delle fatture sia il più semplice e diretto possibile, allo scopo di evitare che le fatture invece di essere automaticamente recapitate rimangano per un certo tempo a disposizione su l’area riservata del sito dell’agenzia delle Entrate. Questa semplificazione deve però rispettare la struttura organizzativa dell’impresa. In pratica l’impresa si deve interrogare se vuole avere un indirizzo telematico unico ovvero se preferisce mantenere distinti punti di accesso delle fatture. In via generale riteniamo che la scelta migliore sia sempre quella di avere un unico indirizzo telematico. Questo perché, oltre ad essere una sicurezza gestionale, consente di superare eventuali comportamenti non coordinati dei fornitori.

La scelta di un indirizzo telematico unico si opera accedendo al servizio di registrazione delle Entrate (nell’area del sito “fatture e corrispettivi”). Questa registrazione consente al contribuente di ricevere la fattura anche nel caso in cui il cedente/prestatore indichi un indirizzo sbagliato ovvero indichi nel codice destinatario, l’indirizzo convenzionale di “0000000”. In tutti questi casi lo SdI si disinteressa di quanto indicato dal fornitore e abbina l’indirizzamento con la partita Iva registrata. Ovviamente la scelta opposta (e necessariamente alternativa) di avere più indirizzi (si pensi, ad esempio nel mondo della moda a due Pec, una per gli acquisti di abiti e una per gli acquisti di accessori) è una scelta a cui deve corrispondere una distinta responsabilità operativa. Lo stesso risultato si può ottenere attraverso la creazione di una codifica direttamente nel Xml.

Comunicazioni preventive

Il rapporto con il fornitore va semplificato attraverso la tempestiva e completa risposta alle comunicazioni che il cessionario/committente riceverà dal fornitore ovvero inviando direttamente a quest’ultimo una comunicazione preventiva. La comunicazione risulterà particolarmente tranquillizzante quando la stessa riporterà un indirizzo telematico unico (dovuto ad una registrazione preventiva presso l’Agenzia) ovvero quando, anche in caso di separazione fornirà dei criteri distintivi molto netti e chiari.

Al fornitore, però, non va indicato solo il mero codice destinatario, ma va sfruttata la comunicazione per aggiornare le anagrafiche, per fornire punti di contatto e specifiche operative.

Monitoraggio delle fatture passive e autofattura spia

Due temi nuovi che derivano dalla presenza tra fornitore e cliente del sistema d’interscambio sono: la necessità di monitorare sul web le fatture ricevute dall’Agenzia e non presenti presso l’indirizzo del cliente; l’obbligo di gestire con maggiore tempestività, attraverso l’emissione di un’autofattura, i casi in cui l’operazione è effettuata ai fini Iva e il cliente non riceve la fattura nei limiti della tempistica di regolarizzazione normativamente prevista (nelle operazioni nazionali dopo 4 mesi dall’effettuazione dell’operazione).

Per questa necessità sembra importante che il cessionario/committente monitori periodicamente le fatture ricevute dallo SdI e riportate nell’area riservata del contribuente. Inoltre, sembra il caso di predisporre dei presidi che impongano delle attivazioni periodiche: per esempio in caso di merci consegnate, il contribuente dovrà monitorare il successivo invio tramite SdI della relativa fattura. Analogamente per le fatture inserite in contabilità come fatture da ricevere il contribuente si dovrà attivare per monitorare l’arrivo delle fatture, non solo per motivi Iva, ma anche di bilancio.

Spese di trasferta

Ulteriore scelta da fare è se imporre al dipendente il ricevimento della fattura nel caso in cui effettui degli acquisti di beni e servizi durante la trasferta. La predetta scelta di imporre le fatture, che sicuramente è più in linea con la normativa vigente, può essere semplificata fornendo ai dipendenti un QRcode creato attraverso il sito dell’agenzia delle Entrate con cui il dipendente è in grado, in modo tempestivo e senza errori, di fornire tutti i dati identificativi al fornitore.

Fonte “Il sole 24 ore”