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Agevolazioni fiscali e crediti d’imposta

CREDITO D’IMPOSTA INVESTIMENTI IN BENI STRUMENTALI commi da 1051 a 1063 e 1065

Nell’ambito della Finanziaria 2021 è previsto il riconoscimento di specifici crediti d’imposta, utilizzabili in compensazione nel mod.F24. L’agevolazione c.d. “Transizione 4.0 riguarda gli investimenti di beni materiali e immateriali “generici”, beni materiali “Industria 4.0” di cui alla Tabella A e beni immateriali di cui alla Tabella B, Legge n. 232/2016 (Finanziaria 2017).

Va evidenziato che con particolare riferimento agli investimenti in beni materiali e immateriali generici” e ai beni materiali Industria 4.0” di cui alla citata Tabella A, il periodo 16.11.2020 – 31.12.2022 è suddiviso in sottoperiodi. In particolare, ai fini della misura dell’agevolazione spettante e del limite massimo previsto, vanno considerati distintamente gli investimenti effettuati:

  • dal 16.11.2020 al 31.12.2021 o entro il 30.6.2022 a condizione che entro il 31.12.2021 sia accettato l’ordine e siano versati acconti pari almeno al 20% del costo di acquisizione;
  • dall’1.1.2022 al 31.12.2022 o entro il 30.6.2023 a condizione che entro il 31.12.2022 sia accettato l’ordine e siano versati acconti pari almeno al 20% del costo di acquisizione.

Per i beni immateriali di cui alla citata Tabella B è invece previsto, sia ai fini della misura dell’agevolazione che del relativo limite, un unico periodo di riferimento (16.11.2020 – 31.12.2022 o 30.6.2023 in caso di accettazione dell’ordine / pagamento acconti entro il 31.12.2022).

SOGGETTI BENEFICIARI

I nuovi crediti d’imposta: spettano alle imprese residenti in Italia, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, a prescindere dalla forma giuridica / settore di appartenenza / dimensione e dal regime di determinazione del reddito;

N.B. La spettanza dell’agevolazione in esame è subordinata al rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dei lavoratori.

MISURA DEL CREDITO D’IMPOSTA SPETTANTE  Beni di cui alla Tabella A, Finanziaria 2017

Con riferimento ai beni materiali nuovi Industria 4.0” di cui alla Tabella A, Finanziaria 2017 (per i quali, in precedenza, era riconosciuto l’iper ammortamento del 150 % – dal 170 % al 50 % a seconda del costo e dal 2020 il credito d’imposta nella misura del 40 % – 20 %), il nuovo credito d’imposta spetta in misura scalettata”, ossia differenziata a seconda del costo di acquisizione degli investimenti.

MISURA DEL CREDITO D’IMPOSTA SPETTANTE  Beni di cui alla Tabella B, Finanziaria 2017 (per i quali, in precedenza, era riconosciuto il maxi ammortamento del 40% e per il 2020 il credito d’imposta nella misura del 15% del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a € 700.000) il nuovo credito d’imposta spetta nella misura del 20% del costo.

Tale misura riguarda gli investimenti del periodo 16.11.2020 – 31.12.2022 (o 30.6.2023).

MODALITA’ DI UTILIZZO DEL CREDITO D’IMPOSTA

Il credito d’imposta in esame è utilizzabile esclusivamente in compensazione con il mod. F24, in 3 quote annuali di pari importo a decorrere:

  • dall’anno di entrata in funzione dei beni diversi da quelli di cui alle predette Tabelle A e B.

NB Per gli investimenti effettuati nel periodo 16.11.2020 – 31.12.2021 da parte dei soggetti con ricavi / compensi inferiori a € 5 milioni il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale.

Dovrà essere chiarito il periodo di riferimento (2019 o 2020) da considerare ai fini della verifica dei ricavi / compensi;

ovvero

  • dall’anno in cui è intervenuta l’interconnessione per gli investimenti in beni di cui alle predette

Tabelle A e B.

NB: Qualora l’interconnessione avvenga in un periodo d’imposta successivo a quello di entrata in funzione, il credito d’imposta può essere fruito per la parte spettante riconosciuta per gli “altri beni” (nella misura del 10 % – 6 %). Di fatto è applicabile il medesimo meccanismo previsto ai fini dell’iper ammortamento (dall’entrata in funzione del bene fino al momento dell’interconnessione era comunque possibile fruire del maxi ammortamento).

CARATTERISTICHE DEL CREDITO D’IMPOSTA

Il credito d’imposta:

  • non è tassato ai fini IRPEF / IRES / IRAP;
  • non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi / componenti negativi ex artt. 61 e 109, comma 5, TUIR;
  • è cumulabile con altre agevolazioni aventi ad oggetto gli stessi costi, a condizione che il cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito ai fini IRPEF / IRES e della base imponibile IRAP, non comporti il superamento del costo sostenuto.

ADEMPIMENTI RICHIESTI

Esclusivamente con riferimento al credito d’imposta per gli investimenti in beni materiali ed immateriali Industria 4.0” di cui alle predette Tabelle A e B è richiesta:

  • un’apposita comunicazione al MISE, al quale è demandata l’individuazione delle modalità e dei termini di invio della stessa;
  • la predisposizione di una perizia asseverata / attestato da cui risulti che i beni possiedono le caratteristiche tecniche previste e la relativa interconnessione al sistema aziendale.

Per i beni di costo unitario pari o inferiore a € 300.000, la perizia può essere sostituita da una dichiarazione resa dal legale rappresentante.

Relativamente a tutte le tipologie di investimenti il soggetto beneficiario è tenuto a conservare, a pena di revoca dell’agevolazione, la documentazione attestante l’effettivo sostenimento del costo e la corretta determinazione dell’importo agevolabile.

AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE Nuova Sabatini

L’art. 2, D.L. 21.6.2013, n. 69, conv. con modif. dalla L. 9.8.2013, n. 98, ha previsto la concessione, a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti S.p.a., di finanziamenti alle micro, piccole e medie imprese, da parte di banche ed intermediari finanziari, per investimenti in macchinari, impianti, beni strumentali d’impresa, attrezzature, hardware, software e tecnologie digitali, nonché di un contributo, da parte del Ministero dello Sviluppo economico, rapportato agli interessi calcolati sui predetti finanziamenti. Al riguardo, è intervenuto anche l’art. 1, co. 52-57, L. 11.12.2016, n. 232 (Legge di Bilancio 2017) e, in attuazione di tale norma, il Decreto del Direttore generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello Sviluppo economico 22.12.2016 ha provveduto alla riapertura, dal 2.1.2017, dei termini per la presentazione delle domande di accesso alle agevolazioni. La Circolare Mise 15.2.2017, n. 14036 (come modificata dalla circolare Mise 10.02.2021, n. 434) fornisce le istruzioni necessarie alla corretta attuazione degli interventi, nonché gli schemi di domanda e di dichiarazione e l’ulteriore documentazione che l’impresa è tenuta a presentare per poter beneficiare delle citate agevolazioni; le disposizioni si applicano a tutte le domande, pertanto sia a quelle relative agli investimenti ordinari, sia a quelle relative agli investimenti in tecnologie digitali ed in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti.

Con il Comunicato in G.U. 2.3.2017, n. 51, il Ministero dello Sviluppo economico fornisce dei chiarimenti in merito alla Circolare 15.2.2017, n. 14036, precisando che le indicazioni contenute nella Circolare si applicano sia alle domande relative agli investimenti ordinari, sia a quelle relative agli investimenti in tecnologie digitali e in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti, presentate a partire dal termine che sarà fissato con un successivo Provvedimento direttoriale. Inoltre, le stesse disposizioni e i medesimi schemi allegati si applicano anche alle domande presentate in data precedente al termine fissato dal Provvedimento direttoriale di cui sopra, tenuto conto della fase alla quale sono giunti i relativi procedimenti.

La Circolare Min. Sviluppo econ. 9.3.2017, n. 22504 apporta variazioni alle Circolari Min. Sviluppo economico 15.2.2017, n. 14036 e 24.2.2017, n. 17677, recanti le modalità di presentazione delle domande per la concessione e l’erogazione dei contributi in questione. In particolare, la Circolare sostituisce l’Allegato 6/A alla Circolare 17677/2017 per uniformare l’elenco dei beni materiali rientranti tra gli «investimenti in tecnologie digitali e in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti» alle previsioni dell’Allegato A alla L. 11.12.2016, n. 232, riportante l’elenco dei beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello «Industria 4.0», come a sua volta modificato dal D.L. 29.12.2016, n. 243, conv. con modif. dalla L. 27.2.2017, n. 18. Per le domande di agevolazione presentate prima della pubblicazione della Circolare si continuerà a fare riferimento, a fronte di investimenti in beni materiali rientranti tra gli «investimenti in tecnologie digitali e in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti», all’elenco dei beni di cui all’Allegato 6/A alla Circolare 17677/2017.

Il modello 3 è stato sostituito dalla Circolare mise 10.2.2021, n. 434.

Il termine per la concessione dei finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese di cui all’art. 2, co. 2, D.L. 69/2013 (Sabatini-ter) è prorogato fino alla data dell’avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, comunicato con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (L. 205/2017, art. 1, co. 42).

Con il Decreto direttoriale 28.1.2019, n. 1338 è disposta, a partire dal 7.2.2019, la riapertura dello sportello per la presentazione delle domande di accesso ai contributi, grazie allo stanziamento di nuove risorse finanziarie pari a 480 milioni di euro (introdotto dall’art. 1, co. 200, L. 30.12.2018, n. 145). I contributi sono concessi secondo le modalità fissate nel Decreto Interministeriale 25.1.2016 e nella Circolare direttoriale 15.2.2017, n. 14036, e ss. mm. ii.
A fronte del nuovo stanziamento di risorse finanziarie, con il Decreto direttoriale 28.1.2019, n. 1337 è disposto altresì l’accoglimento delle prenotazioni pervenute nel mese di dicembre 2018 e non soddisfatte per insufficienza delle risorse disponibili.
L’accoglimento di dette prenotazioni non richiede un ulteriore invio da parte delle banche. Inoltre, le domande inviate dalle imprese alle banche/intermediari finanziari entro il 4.12.2018 possono essere oggetto di prenotazione da parte dei medesimi istituti a partire dal 1°.2.2019.L’art. 20, D.L. 34/2019 innalza a 4 milioni di euro il valore massimo del finanziamento concedibile a ciascuna impresa. Inoltre, viene introdotta la previsione di erogare il contributo in un’unica soluzione a fronte di finanziamenti di importo non superiore a 200.000 euro (importo modificato dall’art. 39, D.L. 76/2020). Come precisato nella circolare Mise 239062/2020 (che modifica la circolare direttoriale n. 14036/2017) per le domande di agevolazione presentate dalle imprese alle banche e agli intermediari finanziari a decorrere dal 17.7.2020, il contributo complessivo è erogato dal Ministero alla PMI beneficiaria in un’unica soluzione se di importo non superiore ad € 200mila, con le modalità e nei termini previsti dalla vigente disciplina della misura agevolativa per l’erogazione della prima quota.

A partire dalle domande presentate dalle imprese alle banche e agli intermediari finanziari a decorrere dal 1.1.2021 l’erogazione del contributo avviene in un’unica soluzione a prescindere dell’ammontare dello stesso (co. 95, art. 1, L. 178/2020).

In sede di conversione del D.L. 34/2020, tra i soggetti abilitati a rilasciare i predetti finanziamenti agevolati sono inseriti anche gli altri intermediari finanziari iscritti al relativo Albo di cui all’art. 106 del Tub (D.Lgs. 385/1993), che statutariamente operano nei confronti delle Pmi.

Proroga dei termini Con la circolare 29.4.2020, n. 127757 il Mise ha prorogato il termine per la conclusione degli investimenti e per gli adempimenti successivi alla concessione. Innanzitutto, il Mise ricorda che l’art. 103 del D.L. 18/2020 ha sospeso (tenuto conto della proroga di cui all’articolo 37 del D.L. 23/2020) nel periodo compreso tra il 23.2.2020 e il 15.5.2020, i termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento dei procedimenti amministrativi pendenti alla data del 23.2.2020. Tale disposizione trova applicazione anche ai procedimenti amministrativi aventi ad oggetto la concessione e l’erogazione di agevolazioni alle imprese.
Inoltre, riscontrando per le imprese la difficoltà a realizzare, entro il previsto termine di 12 mesi dalla stipula del contratto di finanziamento, gli investimenti pianificati, il Mise ha disposto per imprese beneficiarie delle agevolazioni Nuova Sabatini, una proroga di 6 mesi del predetto termine di realizzazione degli investimenti e di quelli previsti per la trasmissione al Ministero della connessa documentazione: dichiarazione di ultimazione investimento (DUI); richiesta unica di erogazione (RU). La proroga è riconosciuta d’ufficio. Non è, dunque, necessario l’invio di alcuna specifica richiesta al Ministero ai fini dell’ottenimento della proroga.
La proroga è riconosciuta esclusivamente in relazione alle operazioni agevolate per le quali il predetto periodo di 12 mesi (decorrente dalla data di stipula del contratto di finanziamento) per la realizzazione degli investimenti includa almeno un giorno del periodo di sospensione, prima richiamato, compreso tra il 23.2.2020 e il 15.5.2020.
Resta, ovviamente, ferma la facoltà delle imprese beneficiarie di ultimare l’investimento prima della proroga in discorso. Il Mise, poi, fornisce, alcuni chiarimenti in merito alla sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi. Per quanto riguarda il termine per la stipula del contratto di finanziamento, è precisato quanto segue:

  • per tutti i provvedimenti di concessione dell’agevolazione adottati dal 23.2.2020 e il 15.5.2020, la stipula del contratto di finanziamento deve avvenire entro il 30 giugno 2020;
  • con riferimento ai provvedimenti di concessione adottati prima del 23.2.2020 e per i quali il termine previsto per la stipula del contratto di finanziamento ricade all’interno del periodo di sospensione (23.2.2020 – 15.5.2020), la decorrenza di detto termine è sospesa dal 23.2.2020 e riprende dal 16.5.2020.

In merito alla Dichiarazione Ultimazione Investimento (DUI), il termine di presentazione è sospeso nel periodo compreso tra il 23.2.2020 e il 15.5.2020. L’impresa può, quindi, beneficiare di una proroga per un numero di giorni pari a quelli compresi tra la data di avvio del periodo di sospensione ed il termine previsto per la trasmissione. Stesso chiarimento è stato fornito per la Richiesta Unica di erogazione (RU).

Inoltre, la sospensione del pagamento delle rate da parte delle imprese (art. 56, D.L. 18/2020) è prorogata fino al 30 giugno 2021, per effetto dell’art. 1, co. 248, L. 178/2020.

Erogazione in un’unica soluzione Con la circolare n. 434 del 10.2.2021 il Mise fornisce alcuni chiarimenti sull’erogazione in un’unica soluzione del contributo a seguito delle novità introdotte dalla Lege di Bilancio 2021. In particolare, il contributo è erogato dal Ministero in un’unica soluzione per tutte le domande presentate dalle imprese alle banche e agli intermediari finanziari a partire dal 1.1.2021, fermo restando il rispetto dei limiti dell’effettiva disponibilità di cassa. Con la citata circolare è confermata l’erogazione del contributo in un’unica soluzione anche per le domande presentate dalle imprese alle banche e agli intermediari finanziari a decorrere:

  • dal 1.5.2019 e fino al 16.7.2020, qualora presentino un finanziamento deliberato di importo non superiore a 100 mila euro (ex art. 20, D.L. 34/2020);
  • dal 17.7.2020 e fino al 31.12.2020, qualora presentino un finanziamento deliberato di importo non superiore a 200 mila euro (ex art. 39, D.L. 76/2020).

Pertanto, per le domande presentate prima dell’1.1.2021 che non presentano i requisiti di cui al precedente elenco, il contributo continua ad essere erogato in quote annuali secondo il piano temporale riportato nel provvedimento di concessione.

Lotta alle false compensazioni, il governo punta a 1-2 miliardi

Secondo il presidente Inps Tridico si potrebbe arrivare anche a cinque

Dalla stretta sulle indebite compensazioni tra crediti fiscali e debiti contributivi il governo potrebbe recuperare uno o due miliardi a partire dal 2020, secondo quanto fatto filtrare ieri da fonti vicine al dossier. Ma dopo l’incontro tecnico in Ragioneria generale dello Stato cui hanno partecipato anche i vertici dell’Inps, il presidente dell’Istituto, Pasquale Tridico, s’è detto più ottimista. «Sono convinto che si possa arrivare almeno fino a 5 miliardi – ha spiegato Tridico al Sole24Ore – una stima che tiene conto della dinamica delle somme per compensazioni che l’Agenzia delle Entrate ha trasferito a Inps negli ultimi anni, del tutto anomala rispetto al contesto economico, e dell’effetto deterrenza che può generare un buon filtro preventivo sulle future richieste di compensazione». Tridico ha riferito di un clima molto costruttivo tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti nel progetto, dall’Agenzia delle Entrate al Mef: «È stato riconosciuto il fatto che c’è un problema con i crediti fiscali e che può essere affrontato nell’ambito dell’azione che il governo intende mettere in campo sul fronte anti-evasione».

Tra il 2012 e il 2018 i trasferimenti dell’Agenzia all’Inps sulla base di crediti fiscali riconosciuti hanno in effetti registrato una crescita del 74%, arrivando oltre i 13 miliardi. Ma bisogna tener conto di alcune ragioni oggettive che hanno determinato quel salto: lo split payment, per esempio, ha prodotto dal 2015 un forte aumento dei crediti Iva. E lo stesso è avvenuto con le ultime novità normative sulla gestione dei crediti per le imposte dirette. «Non tutte le maggiori richieste di compensazioni sono truffaldine – ha affermato ancora Tridico – ma noi abbiamo riscontrato casi estremi, richieste di crediti impossibili come quelli di un’azienda con 5 addetti che ha presentato compensazioni per 80 milioni sul bonus Renzi».

Il giro di vite sulle richieste anomale avverrebbe con l’attivazione di una piattaforma informatica tramite la quale Agenzia delle Entrate possa leggere la congruità o meno delle richieste fatte da un sostituto d’imposta tramite il modulo F24 con indici condivisi con Inps e Inail. E in casi estremi scatterebbero “codici automatici di cifratura e blocco” che annullino il riconoscimento del credito. In caso di stop il soggetto interessato avrebbe comunque trenta giorni di tempo per dimostrare le sue ragioni e procedere con la richiesta, come del resto già oggi avviene per i soli crediti erariali: «In pratica invertiamo l’onere della prova consentendo alle aziende oneste tempi certi per perfezionare le domande» dice ancora Tridico, secondo il quale la piattaforma informatica potrebbe essere attivata entro gennaio, anche tenendo conto dei tempi necessari per i bandi.

Il presidente dell’Inps ha fatto riferimento alle idee dell’economia comportamentale per spiegare l’effetto deterrenza che le nuove misure potrebbero innescare: «Si tratta di una spinta gentile (nudge in inglese; ndr) per far sì che le aziende si presentino con domande di compensazione congrue sapendo di trovarsi di fronte a un sistema informatico capace di leggere i loro dati incrociando archivi diversi, il nostro, quello di Inail o di altri istituti, in pieno regime di interoperabilità».

L’Istituto assicurativo contro gli infortuni sul lavoro ha confermato il suo interesse per il progetto di una piattaforma digitale con codici di controllo (si è parlato anche della possibilità di utilizzare la tecnologia Blockchain) pur non nascondendo una certa cautela. Da qualche tempo Inail ha per esempio chiesto di poter accedere all’archivio dati UniEmens di Inps per costruire indici analitici sul profilo di rischio dei lavoratori e costruire i cosiddetti “cruscotti della prevenzione aziendali” ma, finora, il progetto è rimasto nei cassetti.

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Ammortamento irrilevante per il calcolo del bonus R&S

er il calcolo del credito di imposta sulla ricerca e sviluppo, i costi per servizi rilevano nell’anno in cui sono sostenuti anche se capitalizzati e ammortizzati in esercizi successivi. Lo precisa l’agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 86/2019 . I costi per prestazioni ultimate nel 2012-2014, pertanto, si considerano solo nel calcolo della media anche se l’ammortamento è stato avviato nel 2018. Viene inoltre precisato, correggendo sul punto la risposta 73/2019, che i costi sostenuti per acquisto di beni immateriali assumono rilevanza solo se i beni stessi sono utilizzati esclusivamente nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio.

La risposta n. 86/2019 prende in esame nuovamente un interpello a cui l’Agenzia aveva già fornito la risposta n. 73/2019. Si tratta di una società che ha sostenuto negli anni dal 2012 al 2017 costi di diversa natura riguardanti la realizzazione e registrazione di un brevetto industriale.

La società ha capitalizzato questi costi nelle immobilizzazioni in corso senza procedere al loro ammortamento. Nell’esercizio 2018, si è avviato l’ammortamento dato che in tale anno il brevetto è venuto a compimento. L’istante ritiene che i costi sostenuti in anni precedenti rilevino integralmente per il calcolo del credito per la ricerca e sviluppo nel 2018 e non vadano invece computati nella media.

L’Agenzia, ribadendo quanto già indicato nella risposta 73, sottolinea che i costi rilevano, per la determinazione del credito di imposta, nell’esercizio di competenza fiscale determinato ai sensi dell’articolo 109 del Tuir, a nulla rilevando la loro capitalizzazione. Per le prestazioni di servizi, in particolare, si assumerà l’anno di ultimazione della prestazione. Pertanto, i costi sostenuti nel 2012-2014, ancorché capitalizzati ed ammortizzati solo dal 2018, non generanno credito di imposta, ma si considereranno per la media.

Per quanto poi riguarda il contenuto dei costi, l’Agenzia, oltre a ribadire che i costi per il marchio e quelli per i materiali dei prototipi non rientrano nelle voci agevolate, precisa (correggendo la precedente risposta 73) che i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei beni immateriali, di cui al comma 6, lettera d), del predetto articolo 3, assumono rilevanza solo se i suddetti beni siano utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio.

Fonte “Il sole 24 ore”

Le contestazioni sul bonus R&S portano al «credito inesistente»

 

Primi controlli dell’Agenzia sulle modalità di utilizzo dell’agevolazione
Sanzioni da qualificare in maniera corretta per l’indebita compensazione
L’utilizzo dei crediti di imposta per ricerca e sviluppo inizia ad essere al centro dei controlli dell’amministrazione finanziaria. Le questioni interpretative interessano, innanzitutto, il requisito della novità. Queste contestazioni si riflettono sul piano sanzionatorio, quando l’ufficio ritiene di elevare sanzioni per indebita compensazione di un credito considerato inesistente o non spettante.
Sul concetto di novità va detto che l’agenzia delle Entrate ha sempre legato la definizione di prodotto o processo nuovo al concetto di innovazione nelle sue diverse gradazioni, chiarendo che – ai fini dell’eleggibilità delle attività – rimarrebbero escluse tutte quelle trasformazioni di processo o di prodotto che rappresentano un mero «adattamento della tecnologia esistente» (circolare 10 maggio 2005, n. 25/E). Quando l’oggetto dell’attività di ricerca e sviluppo costituisca il miglioramento di un processo produttivo, l’eventuale contestazione relativa alla non spettanza non potrebbe operare. Più in generale, va sgombrato il campo da un equivoco. È ovvio, infatti, che qualunque ricerca parta dai risultati di ricerche precedenti. Ragionare in maniera differente equivarrebbe a dire che, siccome il campo magnetico rotante è stato studiato da Galileo Ferraris, da allora nessun lavoro sulle macchine elettriche sarebbe degno di essere chiamato ricerca.
Nello stesso senso si sarebbe pure espressa l’agenzia delle Entrate, secondo cui sarebbero agevolabili «le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti (quali, ad esempio, la sperimentazione di una nuova linea produttiva, a modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali del prodotto)» (circolare 10 maggio 2005, n. 25/E).
Quanto ai profili sanzionatori, gli uffici sono soliti elevare, quanto meno in un primo tempo, la sanzione per indebita compensazione di un credito d’imposta considerato «inesistente per mancanza del requisito costitutivo», piuttosto che «non spettante». Si tratta di una scelta di non poco conto, dal momento che la sanzione per utilizzo del credito d’imposta non spettante è pari al 30% del credito. Viceversa, nel caso di contestazione di un credito inesistente si applicherebbe la sanzione dal 100% al 200%, senza possibilità, peraltro, di potere fruire della «definizione agevolata delle sanzioni».
Si è dell’avviso che questo approccio sia contrario agli obiettivi dell’articolo 13, comma 5 del Dlgs n. 471/1997, pure considerando i chiarimenti forniti dalla Relazione illustrativa al Dlgs n. 158/2015 di «revisione del sistema sanzionatorio».
La sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, come nel caso in cui venga allestito un apparato contabile ed extracontabile per documentare (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato artificiosamente in sede di compilazione del modello F24 (Risoluzione 8 maggio 2018, n. 36/E).
Viceversa, nel caso di questioni interpretative, quali ad esempio la lamentata carenza del requisito della novità della ricerca per potere beneficiare dell’agevolazione, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistente, ma al più quella del credito «non spettante». Pare indubbio, infatti, che laddove il credito d’imposta sia stato inserito nella dichiarazione, accompagnato dalla relazione illustrativa dei progetti, come pure dalla certificazione del revisore legale dei conti attestante l’effettività dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuente alcun comportamento fraudolento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte “Il sole 24 ore”
Diego Avolio
Benedetto Santacroce

Nel decreto sblocca-cantieri torna il superammortamento ed entra il taglio dell’Ires al 22,5%

Il decreto sblocca-cantieri si allarga e punta a prendere la forma di un provvedimento a tutto campo per la crescita: la vera «manovra-bis» nell’ottica del governo, chiamata non a correggere i conti ma a spingere il Pil.

Per farlo, nelle prime versioni conta 35 misure articolate in aree: fisco per la crescita, investimenti privati e investimenti pubblici. Nel primo capitolo si incontra la replica del super-ammortamento, per gli investimenti in beni strumentali fino a 2,5 milioni di euro effettuati dal 1° aprile al 31 dicembre. Escluse però autovetture, immobili e attrezzature «di lunga durata». Nel capitolo fiscale dovrebbe poi trovare spazio la riduzione progressiva dell’Ires con l’obiettivo di tagliarla dal 24 al 20 per cento, all’interno di un taglio al cuneo fiscale che comprende anche la stabilizzazione della riduzione del 30% ai premi Inail avviata per il 2019-21 dalla legge di bilancio. Ma la misura deve ancora risolvere il problema delle coperture per trovare una definizione. Sempre in campo fiscale, tra le novità in arrivo va segnalata l’eliminazione dell’obbligo di interpello per accedere al Patent Box, lo sconto fiscale sui beni immateriali, la proroga del credito d’imposta per ricerca e sviluppo, l’estensione delle agevolazioni per il rientro dei cervelli dall’anno d’imposta 2020. In cantiere anche una correzione necessaria per rimettere in moto il mercato dei Pir (Piani individuali di risparmio): si prevede una «rimodulazione progressiva della quota di investimenti qualificati» da destinare al Venture Capitale e all’Aim per arrivare «gradualmente alla percentuale del 3,5%» introdotta con la manovra.

Un’altra correzione arriva poi per la Flat Tax: i datori di lavoro che accedono alla tassa piatta dovranno comunque applicare le ritenute ai loro dipendenti.

Si studia poi un versante sugli investimenti locali, con una replica da 450 milioni per la spinta alla spesa in conto capitale dei Comuni fino a 50mila abitanti. Agli enti locali si estende poi il piano di dismissioni immobiliari.

Sotto esame anche i tempi di pagamento, in particolare nelle transazioni fra privati. Come forma di «moral suasion», si chiede alle aziende di dichiarare nelle scritture contabili i tempi medi utilizzati per pagare i propri fornitori, evidenziando quelli che sforano i tetti di legge.

Il provvedimento rappresenta nelle intenzioni del governo una sorta di antipasto al Def di aprile, nel quale potrebbero trovare posto anche i progetti più ampi di riforma fiscale. Ai tavoli del Mef si è tornati in questi giorni a parlare della trasformazione in sconto fiscale del bonus da 80 euro, oggi classificato come spesa pubblica. La mossa, complicata, non troverà spazio nel decreto, ma si riapre appunto in vista del Def.

In fatto di fisco, in prima fila c’è il taglio Ires per utili e riserve che vengono lasciati in azienda e non distribuiti ai soci. Sul tavolo c’è l’idea di un taglio dell’aliquota, che punta a ridurla di quattro punti. Non tutto subito, ma una parte delle coperture arriverebbe dall’addio alla mini-Ires, che si sta rivelando più complicata del previsto nelle sue traduzioni pratiche. A inizio settimana lo ha riconosciuto anche il sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia, all’assemblea delle piccole e medie imprese di Assolombarda. Di qui l’idea di utilizzare le risorse messe a bilancio per questa misura (1,1 miliardi per il 2019, 1,5 per il 2020 e 1,9 per il 2021) per avviare il taglio dell’aliquota: già per il 2019 si potrebbe scendere a 22,5%, per poi abbassarsi di un punto all’anno per arrivare a regime al 20% nel 2021-22. Questo è il calendario che si ricaverebbe dal quadro finanziario attuale; ma come sottolineato a Milano dallo stesso Garavaglia l’ambizione è quella di ridurre i tempi planando al 20% già con la manovra d’autunno. Saldi e clausole permettendo.

Start up innovative, agevolazione al 40% ma solo per il 2019

Detrazione e deduzione portate al 40 per cento per gli «investimenti» effettuati nel 2019 in start up innovative, e deduzione ulteriormente innalzata al 50 per cento, sempre per il medesimo periodo d’imposta, nel caso di acquisizione del loro intero capitale sociale.

Il Dl 179/2012 stabilisce, dopo le modifiche intervenute dal periodo d’imposta 2017, che le persone fisiche e i soggetti a esse assimilati, che apportano capitale di rischio in una o più start up innovative, possono detrarre dall’Irpef dovuta un importo pari al 30 per cento dei conferimenti in denaro effettuati in sede di costituzione della start up innovativa o degli eventuali aumenti di capitale sociale, in caso di start up innovativa già costituita, con un limite massimo di investimenti annui aumentato fino a un massimo di un milione di euro, rispetto alla precedente soglia di euro 500mila vigente fino al 2016.

Per i soggetti Ires, il comma 4 dell’articolo 29 sempre del Dl 179/2012, stabilisce che «Per i periodi d’imposta 2013, 2014, 2015 e 2016, non concorre alla formazione del reddito dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, diversi da imprese start up innovative, il 20 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più start up innovative direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investano prevalentemente in start up innovative …».

Il successivo comma 5 precisa che «l’investimento massimo deducibile … non può eccedere, in ciascun periodo di imposta, l’importo di euro 1.800.000 e deve essere mantenuto per almeno due anni». Anche in questo caso la legge di Bilancio 2017, non solo ha portato a regime l’agevolazione, ma ha altresì elevato la deduzione al 30 per cento, fermo restando il limite massimo annuale di investimenti in start up innovative di euro 1.800.000 per singolo periodo d’imposta, come già sopra citato.

Inoltre, in base a quanto disposto dal comma 7 dell’articolo 29 del Dl 179/2012, nel caso di investimenti in start up innovative «a vocazione sociale» o in start-up innovative «che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico», l’agevolazione dal 2017 è sempre del 30 per cento.

La legge di Bilancio 2019, legge 145/2018 , è, dunque, ulteriormente intervenuta sulla norma in commento andando, di fatto, a innalzare la percentuale di detrazione e deduzione riconosciuta agli investitori innanzandola, per il solo periodo d’imposta 2019, dal 30 al 40 per cento.

Quindi, sia per gli investimenti, nell’accezione sopra definita, in start up innovative sia per gli investimenti in start up a vocazione sociale e in quelle che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico, la detrazione, per i soggetti Irpef, e la deduzione, per i soggetti Ires, aumenta, per il 2019, dal 30 al 40 per cento, fermi restando, però, gli altri limiti.

Sempre la legge di Bilancio 2019 dispone, inoltre, che la deduzione è aumentata al 50 per cento, per il solo periodo d’imposta 2019, nel caso di acquisizione dell’intero capitale sociale di start up innovative «da parte di soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, diversi da imprese start up innovative». La norma pone però una precisa condizione, ossia che l’intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno tre anni.

Fonte “Il sole 24 ore”

Bonus R&S circoscritto per i gruppi di imprese

Stretta sul bonus ricerca e sviluppo per i gruppi. La legge di Bilancio ha apportato numerose modifiche alla disciplina del credito d’imposta R&S, intervenendo sia sul meccanismo di calcolo del beneficio sia sugli obblighi documentali, ed introducendo restrizioni per la ricerca svolta nei gruppi.

In questo contesto, in continuità con il Dl 87/2018, è evidente l’intenzione di porre sotto la lente la ricerca infragruppo. Si è infatti assistito all’introduzione di una serie di misure atte, in taluni casi, a limitare l’entità del beneficio – come nel caso dell’inammissibilità delle spese per l’acquisto infragruppo di competenze tecniche e privative industriali – e in altri casi a disincentivare comportamenti elusivi.

In tema di ricerca infragruppo, tra le modifiche apportate dalla legge di Bilancio, suscita particolare interesse la nuova disciplina delle spese agevolabili relative alla cosiddetta ricerca «extra muros». Viene ora previsto che, tra le spese relative ai contratti di ricerca affidata a soggetti terzi, debbano escludersi i contratti con le imprese appartenenti al medesimo gruppo dell’impresa committente. Da una prima lettura della norma, erano sorti non pochi timori che questa esclusione dovesse intendersi come un divieto assoluto di agevolazione dei costi di ricerca infragruppo. Tuttavia, dovrebbero ritenersi valide le puntualizzazioni della relazione illustrativa al Dm 27 maggio 2015, che aveva chiarito che le commesse affidate alle società del gruppo dovessero ritenersi escluse dalle spese per ricerca «extra muros», qualificandosi piuttosto ai fini dell’agevolazione nell’ambito della ricerca «intra muros».

L’esplicita esclusione dalla ricerca «extra muros» prevista dalla nuova norma non pare, quindi, produrre effetti diversi rispetto alla disciplina precedente, potendosi ritenere che la ricerca infragruppo rimanga, come in passato, ancora agevolabile secondo le regole già chiarite dalla circolare 5/E/2016. Questo è confermato dalla relazione illustrativa al Ddl Bilancio, che fa espressamente salva la regola della riqualificazione in ricerca «intra muros» dei contratti di ricerca stipulati con altre imprese dello stesso gruppo.

Al comma 72 della legge di Bilancio è inoltre presente una norma interpretativa secondo la quale, nell’ambito dell’attività di R&S eseguita da commissionari residenti per conto di imprese residenti in Ue, See o paesi white list (agevolabile ai sensi del comma 1-bis del Dl 145/2013), assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato. Questa previsione sembra voler colpire eventuali abusi in caso di localizzazione fittizia dell’attività R&S in capo ad una commissionaria italiana la quale, affidando a sua volta la ricerca a soggetti terzi al di fuori del territorio nazionale, possa configurarsi come mero «conduit».

L’attuale formulazione della norma, nello scoraggiare configurazioni elusive, pare tuttavia fin troppo penalizzante per le commissionarie italiane che, pur affidando in parte la ricerca a soggetti terzi, mantengono un ruolo significativo nello sviluppo dei progetti apportando know-how e competenze. A tal proposito, andrebbero meglio chiariti sia i risvolti applicativi che l’efficacia temporale della norma che, in quanto interpretativa, avrebbe in principio effetti retroattivi.

Fonte “Il sole 24 ore”

Credito ricerca e sviluppo, l’autonomo non indica il luogo di svolgimento dell’incarico

Dal 2019, i lavoratori autonomi possono svolgere attività di ricerca e sviluppo senza dover indicare in modo specifico il luogo di svolgimento fisico dell’incarico assegnato: elemento, quest’ultimo, divenuto irrilevante ai fini del calcolo del relativo credito d’imposta. Questa modifica rappresenta – unitamente alla riduzione della misura del beneficio fiscale (dal 50% al 25%) per i costi sostenuti per le consulenze a professionisti nello svolgimento di attività per R&D – la principale novità introdotta dalla legge 145/2018.

La modifica legislativa ha infatti introdotto, nell’articolo 3 del Dl 145/2013, il comma 6 della lettera a-bis), che ammette in modo autonomo e distinto – rispetto agli oneri per il personale con un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato – i costi per i lavoratori autonomi o comunque con un rapporto «diverso dal lavoro subordinato».

Questa individuazione autonoma dei lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, muta completamente quanto in vigore fino al 31 dicembre 2018 per le modalità ed il luogo di svolgimento dell’attività di ricerca effettuata. Infatti, fino al 31 dicembre 2018 (e quindi anche per il calcolo da effettuarsi in vista delle chiusure di bilancio per questo esercizio), il costo del personale impiegato nell’attività di R&D era cumulativamente rappresentato (sia per i professionisti sia per i dipendenti) nella lettera a) del già citato comma 6, senza quindi alcuna distinzione. Questa miscellanea di rappresentazione aveva comportato la necessità di un intervento normativo complementare tramite il Dm 27 maggio 2015 dove all’articolo 4, comma 1, lettera a-2), si enunciava che i rapporti di collaborazione con il committente «compresi gli esercenti arti e professioni» per rientrare nell’ambito del costo del personale agevolabile, dovevano essere caratterizzati dallo svolgimento dell’attività solo all’interno delle strutture o laboratori del committente medesimo (ricerca intra muros). In caso contrario, invece, interveniva la circolare 5/E del 16 marzo 2016, laddove (paragrafo 2.2.1) si precisava che nel caso in cui il professionista avesse svolto l’attività in totale autonomia di mezzi e di organizzazione, il suo costo avrebbe dovuto essere annoverato nell’ambito della ricerca «extra muros».

Questa sottile ma importante differenza, ha avuto nel corso delle varie e numerose modifiche legislative importanti influssi sia a livello di calcolo del beneficio (50% o 25% di agevolazione del costo sostenuto a seconda degli anni) sia a livello di calcolo della media triennale di raffronto 2012-2014 (sulla base della diversa classificazione fra intra o extra muros). Queste difficoltà dal 2019 non sono più presenti a livello normo-pratico, avendo il legislatore provveduto a espungere il costo per lavoro autonomo impiegato nella ricerca dal costo del personale subordinato e sia perché il suddetto costo consulenziale rientra – nel nuovo comma 6-bis dell’articolo 3 del Dl 145/2013 – unitamente ai costi per la ricerca extra muros, nel plafond di oneri aventi un riconoscimento univoco al 25 per cento.

Fonte “Il sole 24 ore”

Il credito per formazione 4.0 compensabile con l’F24

Approvato dalle Entrate il codice tributo 6897 Bonus rimodulato nel 2019
È stato approvato, con la risoluzione 6/E pubblicata ieri, il codice tributo 6897 per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta per la formazione 4.0, introdotto dal 1° gennaio 2018 e prorogato per il 2019 dalla legge 145/2018.
L’incentivo consiste in un credito d’imposta, che per le spese sostenute nel 2018 era del 40%, mentre per quelle che verranno sostenute nel 2019 sarà del 50% per le piccole imprese, del 40% per le medie imprese e del 30% per le grandi imprese.
Modello Redditi
Il credito d’imposta per il 2018 dovrà essere indicato nel quadro RU del modello Redditi 2019, relativo al 2018, e dei successivi, fino ad esaurimento. Andranno inseriti anche i dati relativi al numero di ore e dei lavoratori che prendono parte alla formazione.
La concessione del bonus non concorre a formare la base imponibile Irpef, Ires o Irap ed è utilizzabile solo in compensazione in F24, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi sono sostenuti.
Per l’invio del modello F24 di compensazione, potranno essere utilizzati solo servizi telematici messi a disposizione dall’agenzia delle Entrate (Fisconline o Entratel). Nel campo «anno di riferimento» va indicato il periodo d’imposta di sostenimento della spesa, nel formato «AAAA».
A questo credito d’imposta non si applicano né il limite annuale dei 250milaeuro per l’utilizzo dei crediti di imposta (articolo 1, comma 53, legge 244/2007), né il limite massimo di compensabilità di crediti di imposta e contributi, pari a 700mila euro (articolo 34, legge 388/2000).
Certificazione
Per le imprese obbligate per legge alla revisione legale dei conti, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile dell’impresa devono risultare da un’apposita certificazione, rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti o da un professionista iscritto nel registro dei revisori legali. Per le imprese non obbligate per legge alla revisione, invece, questa certificazione deve essere rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro.
La certificazione dovrà essere allegata anche al bilancio dell’impresa o della società. Anche la spesa sostenuta per la “certificazione contabile” è agevolata nel limite massimo di 5.000 euro (di spesa).
Se il revisore incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a 10.329 euro.
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Luca De Stefani

L’organo di controllo certifica il bonus ricerca e sviluppo in Redditi 2018

di Giuseppe Carucci e Barbara Zanardi

Il credito ricerca e sviluppo da inserire nel quadro RU della dichiarazione Redditi 2018 deve essere certificato dal collegio sindacale o da un revisore. Secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 11, del Dl 145/2013, infatti, per fruire del credito è necessaria una documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale, dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali. A tali soggetti, qualora incorrano in colpa grave nell’esecuzione degli atti che sono richiesti per il rilascio della certificazione, si applicano le disposizioni dell’articolo 64 del Codice di procedura civile in tema di «Responsabilità del consulente».

I controlli per la certificazione
È bene dunque avere chiaro il tipo di controllo che il sindaco o il revisore devono fare prima di rilasciare la certificazione. Viene in tal senso in aiuto un documento dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Genova di settembre 2017n (clicca qui per consultarlo ) nel quale è precisato che il documento di certificazione deve contenere, in ogni caso, l’attestazione della regolarità formale della documentazione contabile e dell’effettività dei costi sostenuti. Pertanto, la certificazione avrà ad oggetto la mera regolarità formale della documentazione contabile e dell’effettività dei costi sostenuti, prescindendo dalle attività di ricerca e sviluppo poste in essere dal contribuente e da una loro analisi. Operativamente dunque il «certificatore» deve, ad esempio, esaminare le fatture relative ai costi agevolabili, i contratti e le buste paga dei dipendenti che hanno generato costi eleggibili per l’agevolazione.

I tempi per la certificazione
La documentazione contabile certificata deve essere conservata ed esibita unitamente al bilancio e certificata entro la data di approvazione dello stesso ovvero, per i soggetti che non sono tenuti all’approvazione del bilancio, entro il termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio in cui sono stati effettuati gli investimenti ammissibili.

La circolare 13/E/2017 (clicca qui per consultarla ) ha, tuttavia, chiarito che il mancato rispetto del termine previsto per la certificazione non inficia il diritto al credito di imposta e costituisce una violazione meramente formale, non sanzionabile. Allo stesso modo non inficia il diritto al credito di imposta la mancata “allegazione”, nei termini sopra riportati, della documentazione contabile al bilancio. L’omissione, in questo caso, costituisce una violazione di natura formale alla quale si rende applicabile la sanzione da 250 euro a 2mila euro, con possibilità di avvalersi, ai fini sanzionatori, del ravvedimento operoso.

I controlli di merito
È evidente che nel caso in cui la società sia dotata di un collegio sindacale, organo che vigila sul rispetto della legge e sull’osservanza dei principi di corretta amministrazione, i controlli potrebbero opportunamente essere estesi ai profili di spettanza dell’agevolazione. Potrebbe essere dunque utile acquisire l’analisi tecnica svolta dalla società per valutare la corrispondenza tra le attività di R&S poste in essere e quelle agevolabili così come definite dalla normativa e dalla prassi vigente.

Dal punto di vista pratico, dunque, il collegio potrebbe verificare, ad esempio, che la società abbia fatto gli approfondimenti necessari ad accertare che l’investimento in ricerca e sviluppo presenti i requisiti ben dettagliati nella circolare Mise 59990/2018.

La società, dunque, deve accertarsi che l’esecuzione di un progetto per lo sviluppo di un software, con riferimento al quale intende usufruire del credito, dipenda da un progresso scientifico e/o tecnologico e lo scopo del progetto sia la risoluzione di un problema scientifico o tecnologico su base sistematica.

 Fonte “Il sole 24 ore”

Il patent box prova la semplificazione: calcoli «standard» con i codici Ateco

di Carmine Fotina

Si semplifica il “patent box”per le piccole imprese. Una comunicazione inviata al ministero dello Sviluppo economico dall’agenzia delle Entrate, nell’ultimissima fase in cui alla direzione siedeva Ernesto Maria Ruffini, sancisce il cambio di passo già da settembre. L’agenzia ha infatti elaborato una “metodologia” che contempla un approccio standardizzato per la quantificazione dell’agevolazione, coerente con i principi elaborati dall’Ocse. Per le micro e piccole imprese l’accesso al patent box – il regime fiscale opzionale di tassazione del reddito d’impresa che intende favorire gli investimenti in marchi, brevetti e altre opere dell’ingegno – può costituire una difficoltà in alcune fasi. Ad esempio nell’illustrazione dei metodi e dei criteri di calcolo del contributo economico alla produzione del reddito d’impresa o della perdita. Di qui, in ottica di semplificazione, l’idea di definire, per i diversi codici di attività delle imprese , parametri di riferimento che aiutino a calcolare in modo standardizzato il valore dei beni intangibili. Si punta ad applicare il metodo del «residual profit split» in una modalità standardizzata in base alla quale il contribuente non deve predisporre un’analisi di benchmark “ad hoc” per valutare la remunerazione delle attività routinarie. In pratica, sarà la direzione centrale grandi contribuenti a fornire delle analisi di benchmark predefinite, distinte per i codici attività Ateco 2007, in modo da ricoprire tutti i settori economici. Ci si basa su campioni di società indipendenti da utilizzare per la valutazione della redditività delle funzioni routinarie di produzione, distribuzione e prestazione di servizi, con riferimento ai singoli settori. «Una volta individuata la remunerazione delle attività routinarie – si legge nella comunicazione delle Entrate – si potrà individuare, per differenza, la remunerazione riferibile al bene immateriale oggetto di agevolazione».

Lo schema di lavoro prevede che l’agenzia, in fase di contraddittorio con la micro o Pmi di turno, riscontri la possibilità di applicare la metodologia standardizzata e, quindi, effettui una proposta (vincolante e non modificabile) al contribuente. La corsia semplificata dovrebbe anche facilitare uno smaltimento più veloce delle pratiche e in prospettiva innalzare i risultati del patent box, che nel 2017 ha visto la conclusione di 431 accordi.

La comunicazione inviata al ministero dello Sviluppo preannunciava la partenza della metodologia a partire da settembre dagli uffici delle direzioni regionali, competenti per le istanze con ricavi/volume d’affari del contribuente fino a 300 milioni.

Secondo l’agenzia delle Entrate trattandosi di meccanismi di standardizzazione (e non di forfetizzazione), peraltro graduati per codice di attività e applicabili a funzioni routinarie, la nuova metodologia non è in contrasto con le impostazioni Ocse. E quindi non si può escludere che, dopo questa sperimentazione sulle operazioni minori, la metodologia possa poi essere estesa anche alla grandi istruttorie, di competenza delle strutture centrali.

 Fonte “Il sole 24 ore”

Dichiarazioni e adempimenti Bonus pubblicità, domande dal 22 settembre: la comunicazione «vincola» il 2018

di Emanuele Reich e Franco Vernassa

Decreto attuativo e modello di comunicazione da inoltrare in via telematica: tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto si sono completati i vari tasselli necessari alle imprese per inviare tra il 22 settembre ed il 22 ottobre la prenotazione del credito d’imposta per gli investimenti incrementali in campagne pubblicitarie effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017, nonché per quelli effettuati e da effettuare nel 2018. Ora le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali sono pronti a partire, anche se permangono alcuni dubbi che dovranno essere chiariti dalle competenti Autorità.

La fase operativa dovrà suddividersi in più punti:

•la ricerca dei costi tramite le fatture per le spese già sostenute oppure sulla base dei preventivi/budget di spesa 2018 per quelle già deliberate;

•la decisione sulla convenienza e fattibilità dell’accesso al credito;

•la predisposizione del modello di comunicazione per il 2018 e/o la dichiarazione per il 2017 sull’apposito software (ad oggi mancante) ed il successivo invio telematico;

•la gestione dei successivi adempimenti (bilancio 2018, dichiarazione dei redditi, eccetera);

•l’attesa del verdetto finale per la definizione del bonus, per il quale non è però previsto un termine; questa circostanza rende incerto quando sarà possibile utilizzare il credito in compensazione.

In particolare, entro il prossimo 22 ottobre il modello deve essere inoltrato come segue:

•inserendo dati consuntivi, quale «Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati», per gli investimenti pubblicitari incrementali sulla sola stampa quotidiana e periodica, anche online, effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017;

•inserendo dati in parte consuntivi, ed in parte previsionali, quale «Comunicazione per l’accesso al credito d’imposta», per gli investimenti pubblicitari incrementali sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, effettuati e da effettuare nel 2018. Dal 1° al 31 gennaio 2019 il contribuente avrà cura poi di inoltrare, in via consuntiva, il modello quale «Dichiarazione» degli investimenti effettuati nel 2018, al fine di confermare o rettificare i dati forniti con la «Comunicazione». Merita notare che nella «Dichiarazione» per il 2018, l’ammontare degli investimenti indicato non potrà essere superiore a quello esposto nella «Comunicazione» inoltrata in precedenza per il 2018 a titolo di prenotazione.

Il provvedimento conferma che la «Dichiarazione» per il 2017 e la «Comunicazione» per il 2018 devono essere presentate separatamente, ancorché nel medesimo termine del 22 ottobre 2018.

In ogni caso, per accedere al beneficio, non cumulabile con altre agevolazioni, è necessario che il valore degli investimenti, che dovranno essere oggetto della consueta attestazione, superi almeno dell’1% complessivo l’ammontare degli analoghi investimenti pubblicitari effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell’anno precedente. Il credito d’imposta è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, con aumento al 90% per le microimprese, piccole e medie imprese, e start-up innovative, in via subordinata al perfezionamento, con esito positivo, della procedura di notifica alla Commissione europea.

Entro il 21 novembre 2018, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria pubblica, sul proprio sito istituzionale, l’elenco dei soggetti richiedenti il credito d’imposta per gli investimenti relativi al 2018, con l’indicazione della percentuale provvisoria di riparto e l’importo teoricamente fruibile da ciascun soggetto dopo la realizzazione dell’investimento incrementale.

Fonte “Il sole 24 ore”

Formazione 4.0 agevolata solo se i costi sono certificati

di Giuseppe Carucci e Barbara Zanardi

Le imprese che intendono usufruire del credito d’imposta per la formazione 4.0 dei propri dipendenti devono organizzarsi in fretta per soddisfare entro il 31 dicembre 2018 i requisiti previsti dal decreto attuativo pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 22 giugno.

L’agevolazione

La legge di Bilancio 2018 attribuisce infatti a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico nonché dal regime contabile adottato, un credito d’imposta nella misura del 40% del costo aziendale del personale dipendente per il periodo in cui si è occupato di attività di formazione nell’ambito delle tecnologie previste dal piano nazionale Industria 4.0 (ad esempio, big data e cyber security), a condizione che siano applicate negli ambiti vendita, marketing, informatica, tecniche e tecnologie di produzione.

Il credito d’imposta è riconosciuto, fino ad un importo massimo annuale di 300mila euro in modo “automatico”. L’impresa, dunque, matura il beneficio con il sostenimento delle spese ammesse all’agevolazione senza che sia necessario presentare un’istanza di accesso all’incentivo. Vediamo, quindi, quali sono le azioni da porre in essere per poter usufruire di questa agevolazione in scadenza al 31 dicembre 2018, con riferimento alla quale sono state messe in campo risorse per 250 milioni di euro.

Cosa fare per garantirsi il credito

La prima azione riguarda l’individuazione di un piano di formazione compatibile con l’ambito oggettivo previsto dalla norma, dei soggetti interni od esterni da incaricare, dei dipendenti con contratto di lavoro subordinato – anche a tempo determinato – destinatari delle attività, del loro costo azienda nonché della possibile durata di queste attività formative. Con queste informazioni le imprese dovrebbero essere in grado di stimare il possibile beneficio: un’attività di formazione, ad esempio, in tema di robotica avanzata utilizzata nell’ambito delle tecniche di produzione, da erogare a 50 dipendenti per dieci giorni lavorativi con un costo azienda medio giornaliero di 200 euro, genererebbe un credito di 40mila euro.

Terminata la prima analisi di fattibilità, è necessario avviare le trattative con le organizzazioni sindacali. La legge di Bilancio, infatti, prevede come condizione che le attività di formazione negli ambiti richiamati debbano essere pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali mentre il decreto Mise/Mef ricorda che tali contratti devono essere depositati in via telematica presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente. Inoltre deve essere rilasciata a ciascun dipendente una dichiarazione del rappresentante legale dell’impresa nella quale sia attestata l’effettiva partecipazione alle attività formative agevolabili, con indicazione degli ambiti aziendali nei quali sono applicate le conoscenze e le competenze acquisite o consolidate.

Un altro passo necessario è ottenere la certificazione dei costi di formazione dal soggetto incaricato della revisione legale, o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali per le imprese non soggette a revisione. Tale certificazione va allegata al bilancio e deve attestare l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili nonché la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.

Completa il quadro delle azioni da compiere per garantirsi l’agevolazione la redazione di una relazione, prevista dal decreto attuativo, che illustri le modalità organizzative e i contenuti delle attività di formazione svolte. Tale relazione va predisposta a cura del dipendente partecipante alle attività in veste di docente o tutor nel caso di formazione organizzata internamente oppure dal soggetto formatore nel caso in cui l’attività sia stata esternalizzata (a soggetti accreditati o ad Università). Sempre dal punto di vista documentale, l’impresa deve conservare anche i registri nominativi di svolgimento delle attività formative sottoscritti congiuntamente dal personale discente e docente o dal soggetto formatore esterno all’impresa.

Altri adempimenti attengono inoltre la compilazione della dichiarazione dei redditi relativi al periodo d’imposta 2018.

Fonte “Il sole 24 ore”